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InfernoAusiliario per capire la Bibbia
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È proprio il significato che si attribuisce oggi al termine “inferno” che lo rende un mezzo ‘poco felice’ per tradurre i termini biblici originali, mentre fondamentalmente il sostantivo latino infernum (da cui deriva il nostro “inferno”) significa “profondità” e il significato dell’aggettivo infernus è “di sotto, che si trova in basso, posto sotto, inferiore”. In origine il termine “inferno” non dava affatto l’idea di un luogo caldo o di tormento, ma semplicemente di un ‘luogo coperto o nascosto’ e aveva quindi significato molto simile all’ebraico she’òhl.
Il significato che viene attribuito attualmente al termine “inferno” è quello descritto nella Divina Commedia di Dante e nel Paradiso perduto di Milton, significato completamente estraneo all’originale definizione del termine. L’idea di un “inferno” di tormento infuocato è tuttavia molto più antica di Dante o di Milton. Alla voce “Inferno” la Grolier Universal Encyclopedia (ed. 1965, Vol. 5, p. 205) dice: “Indù e buddisti ritengono l’inferno un luogo di purificazione spirituale e di risanamento finale. La tradizione islamica lo considera un luogo di punizione eterna”. È presente anche nelle dottrine religiose pagane di popoli antichi in Babilonia, Persia e Fenicia. The Encyclopedia Americana (ed. 1956, Vol. 14, p. 82) dice: “Anche se ci sono molte e importanti differenze nei particolari, gli aspetti fondamentali dell’inferno com’è concepito dai teologi indù, persiani, egiziani, greci, ebrei e cristiani sono essenzialmente gli stessi”.
Dato che questo concetto di “inferno” è stato per molti secoli un fondamentale insegnamento della cristianità, è comprensibile che la summenzionata enciclopedia (p. 81) dica: “Molta confusione e incomprensione è stata causata dai primi traduttori della Bibbia che insistevano nel rendere il termine ebraico Sceol e i termini greci Ades e Geenna col termine inferno. La semplice traslitterazione di questi vocaboli da parte dei traduttori di edizioni rivedute della Bibbia non è bastata a chiarire in modo apprezzabile tale confusione ed equivoco”. Comunque traslitterando e rendendo in modo coerente questi termini si permette allo studente biblico di fare un accurato confronto dei versetti in cui ricorrono i termini originali per arrivare così, senza pregiudizi, a un corretto intendimento del loro vero significato.
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InnestoAusiliario per capire la Bibbia
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Innesto
L’azione di inserire una talea (ramoscello con germogli) di un albero che produce frutti buoni nel ceppo di un altro albero che produce frutti più scadenti perché si uniscano in modo permanente. Spesso l’innesto viene fatto per sommare le buone caratteristiche della talea (il buon frutto) e del ceppo (il vigore e la forza). Dopo che i rami innestati si sono saldati, pur traendo nutrimento da un ceppo diverso, produrranno lo stesso tipo di frutto dell’albero da cui sono stati presi.
L’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma, paragona i cristiani non ebrei ai rami di un olivo selvatico innestati nell’olivo coltivato per sostituire i rami naturali che erano stati recisi. — Rom. 11:17-24; vedi OLIVO.
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Innom, valle diAusiliario per capire la Bibbia
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Innom, valle di
[ebr. geh’ Hinnòm].
Detta anche “valle del figlio [o dei figli] di Innom” o semplicemente “Valle”, come nell’espressione “Porta della Valle”. (Gios. 15:8; II Re 23:10; Nee. 3:13) Forse chiamata “bassopiano dei cadaveri e delle ceneri grasse” in Geremia 31:40. Il personaggio da cui la valle prese nome è sconosciuto, come pure il significato del nome “Innom”. La valle, che si trova a S e SO di Gerusalemme, dai pressi della moderna Porta di Giaffa scende in direzione S, ma all’estremità SO della città forma un angolo e prosegue in direzione E fino a incontrare le valli del Tiropeon e del Chidron all’estremità SE della città. In quest’ultimo tratto si allarga. Qui probabilmente si trovava il Tofet. (II Re 23:10) All’estremità E della valle, sul pendio S, si trovava secondo la tradizione l’Akeldama, il “Campo di sangue”, il campo del vasaio acquistato coi trenta pezzi d’argento di Giuda. (Matt. 27:3-10; Atti 1:18, 19) Più su la valle è assai stretta e profonda, con molti sepolcri scavati nei pendii a terrazze.
La valle di Innom costituiva parte del confine fra le tribù di Giuda e di Beniamino; il territorio di Giuda era a S, quindi Gerusalemme si trovava nel territorio di Beniamino, com’è indicato in Giosuè 15:1, 8; 18:11, 16. Il nome arabo è Wadi er-Rababi.
In questa valle l’apostata Acaz re di Giuda fece fumare sacrifici e bruciò suo figlio (o figli) nel fuoco. (II Cron. 28:1-3) Suo nipote, il re Manasse, fece ancor peggio di Acaz, incoraggiando la malvagità su vasta scala, e anch’egli fece “passare i suoi propri figli per il fuoco nella valle del figlio di Innom”. (II Cron. 33:1, 6, 9) Il re Giosia, nipote di Manasse, pose fine a tale usanza detestabile contaminando il Tofet per sconsacrarlo e renderlo quindi non idoneo all’adorazione, forse spargendovi ossa o rifiuti. — II Re 23:10.
Geremia, che profetizzò ai giorni dei re Giosia, Ioacaz, Ioiachim, Ioiachin e Sedechia, espresse la condanna di Geova per i peccati della nazione, primo fra tutti l’abominevole sacrificio dei figli a Molec. Egli ricevette il comando di portare alcuni degli anziani del popolo e dei sacerdoti fuori della Porta dei Cocci (o Porta dei Mucchi di Cenere), situata all’estremità SE di Gerusalemme, fino alla zona del Tofet nella valle di Innom. Lì annunciò il giudizio di Geova: “Ecco, vengono i giorni . . . nei quali questo luogo non si chiamerà più Tofet e valle del figlio di Innom, ma valle dell’uccisione”.
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