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  • w78 1/2 pp. 17-22
  • “Mantenete la pace gli uni con gli altri”

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  • “Mantenete la pace gli uni con gli altri”
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1978
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1978
w78 1/2 pp. 17-22

“Mantenete la pace gli uni con gli altri”

“Abbiate sale in voi stessi e mantenete la pace gli uni con gli altri”. — Mar. 9:50.

1. Perché quando un gruppo di persone lavorano insieme è bene che siano in pace fra loro?

QUANDO un gruppo di persone lavorano insieme è sempre bene che siano in pace fra loro. Disaccordi rivalità, disunione, possono mettere in pericolo il lavoro in cui si sono impegnati. Se tra loro si combatte una “guerra fredda” senza armi letali possono uscirne tutti sconfitti. Se sono in pace fra loro, ne usciranno tutti vincitori, e saranno felici del buon lavoro compiuto.

2. Che tipo di insegnante disse le parole: “Mantenete la pace gli uni con gli altri”?

2 Compagni di lavoro, membri di società, coppie di sposi, famiglie trarranno senz’altro profitto dal prestare ascolto alle parole: “Mantenete la pace gli uni con gli altri”. Chi disse queste parole? Un insegnante dei tempi antichi il quale ebbe una visione della pace che il mondo avrebbe infine conseguito. Egli non si chiuse in una scuola o in un’aula di università. Uscì all’aperto, si mescolò alle persone, insegnò loro in privato e in pubblico. Come libro di testo si servì di una raccolta di scritti sacri, le Scritture ispirate che erano state scritte nella sua lingua nativa, l’ebraico. I suoi insegnamenti sono sopravvissuti per oltre diciannove secoli e sono stati tradotti in più di mille lingue. I fatti identificano questo famoso insegnante, no, non in Budda o in Confucio, ma in Gesù Cristo, “figlio” del re Davide e del patriarca Abraamo.

3. A chi disse Gesù di mantenere la pace fra loro, e perché questo sorprende?

3 Chi furono quelli a cui Gesù Cristo dovette dire di mantenere la pace fra loro? Ci sorprende scoprire che fu un gruppo di uomini scelti che lo accompagnavano da due anni o più nell’opera di insegnamento compiuta di luogo in luogo. Egli chiamò apostoli questo gruppo di dodici uomini. Questo termine indicava lo scopo per cui li aveva scelti, poiché la parola “apostoli” significa “mandati”. Dovevano divenire insegnanti come lui, ed egli aveva intenzione di mandarli anche oltre i confini del loro paese nativo, per fare altri discepoli di persone di tutte le nazioni. Aveva in mente di organizzare una congregazione mondiale di suoi discepoli. Gli apostoli dovevano essere come pietre di fondamenta per quella congregazione.

4. Non conoscevano già quegli apostoli gli insegnamenti di Gesù sulla pace, e perché allora fu dato questo consiglio sulla pace?

4 Gli apostoli conoscevano bene l’insegnamento di Gesù sul soggetto della pace. L’anno precedente avevano udito il suo famoso Sermone del Monte non lontano dal mar di Galilea, Sermone in cui aveva parlato di certe felicità. Una di esse diceva: “Felici i pacifici, poiché saranno chiamati ‘figli di Dio’”. (Matt. 5:9) Perché ora, in questa città rivierasca di Capernaum, Gesù fu costretto a dire a questo eletto gruppo di discepoli: “Mantenete la pace gli uni con gli altri”? (Mar. 9:50) Perché dir questo dei suoi più intimi compagni? Qualcosa doveva averlo indotto a dare questo consiglio. Qualcosa doveva aver turbato i loro buoni rapporti, ostacolando i migliori interessi della comune causa. Per capire la ragione delle penetranti parole di Gesù, dobbiamo considerare la prima parte del racconto di quell’episodio, contenuto nel capitolo nove del Vangelo di Marco. Allora potremo capire perché le parole che Gesù disse agli apostoli sono consigli validi anche per noi.

5. Che cosa accadde su un alto monte vicino a Cesarea di Filippo, e, in seguito, quale caso di possesso demonico fu risolto?

5 Gesù e gli apostoli erano stati a nord, nei pressi di Cesarea di Filippo, vicino alle sorgenti del Giordano che di lì scorre verso sud gettandosi nel mar di Galilea. Lassù su un alto monte, probabilmente il monte Ermon della catena dell’Antilibano, Gesù subì una trasfigurazione miracolosa, prefigurazione della gloria che avrebbe avuto a tempo debito nel regno di Dio. Solo gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni assisterono a questa trasfigurazione del loro Signore. Scendendo dalla montagna, Gesù incontrò un ragazzo posseduto da un demonio che gli altri nove apostoli non erano riusciti a espellere in assenza di Gesù. Il padre del ragazzo indemoniato supplicò disperatamente Gesù, e questi espulse il demonio particolarmente ostinato. In tal modo la fede di quell’uomo in Gesù fu meravigliosamente ricompensata e fortificata. — Mar. 9:14-29; 2 Piet. 1:16-18.

6. Arrivati a Capernaum, come reagirono gli apostoli alla domanda che Gesù fece loro?

6 Da quella regione, andando a sud attraverso la Galilea, fino alla città di Capernaum c’era una distanza di una quarantina di chilometri. Quietamente, evitando la gente, Gesù e i dodici apostoli raggiunsero a piedi la città che Gesù aveva scelto come sua base di operazioni, tanto che venne chiamata la “sua città”. (Matt. 9:1, La Bibbia di Gerusalemme) Apprendiamo quanto accadde durante il tragitto fino a quella città leggendo il racconto del Vangelo di Marco, che dice: “Ed essi vennero in Capernaum. Or quando fu dentro la casa fece loro la domanda: ‘Di che cosa discutevate per la strada?’ Essi tacevano, poiché per la strada avevano discusso fra loro su chi era il più grande”. — Mar. 9:33, 34.

7. Perché la loro discussione riguardava naturalmente gli interessi del Regno?

7 Evidentemente, durante il cammino, gli apostoli erano rimasti un po’ indietro rispetto al loro Condottiero, Gesù. Tuttavia, in qualche modo, egli si era accorto che era sorta fra loro una discussione, sotto certi aspetti accesa. Era doveroso per lui accertarsi che la questione fosse appianata fra i suoi seguaci. Il modo in cui introdusse l’argomento indica che conosceva il soggetto discusso. Da ciò che Gesù aveva detto loro in precedenza, secondo Marco 9:30-32, essi sapevano che le cose stavano per giungere alla conclusione riguardo al loro Condottiero. Essi credevano che era il Messia, il futuro Re d’Israele. Lo avevano sentito narrare molte parabole sul Regno; e poco prima della trasfigurazione sull’alto monte, lo avevano sentito dire, rivolto a tutti loro dodici: “Veramente vi dico: Alcuni di quelli che stanno qui non gusteranno affatto la morte finché non abbiano visto il regno di Dio venuto in potenza”. — Mar. 9:1.

8. A questo riguardo, perché gli apostoli avevano fatto paragoni fra loro?

8 Oltre alla speranza che il regno messianico fosse stabilito presto, essi avevano ragione di pensare alle rispettive posizioni ufficiali che avrebbero occupato con il loro Condottiero in quel regno. A questo riguardo, la tendenza naturale della persona con mire politiche sarebbe di esaltare se stessa anziché i suoi avversari o i candidati rivali. Allo stesso modo, gli apostoli cominciarono a fare paragoni fra loro. La discussione non verteva su chi era più adatto per questa o quella posizione, ma su chi era idoneo per la posizione più elevata dopo il Messia stesso.

9. Perché nessun apostolo rispose alla domanda di Gesù?

9 Non si trattava di stabilire chi apprezzava di più il Messia e quindi chi voleva stargli più vicino nel Regno. Si trattava di voler occupare il posto più elevato dopo di lui. In una discussione fra uomini imperfetti, come poteva non entrarci l’egoismo? Non è strano che gli ambiziosi apostoli ‘tacessero’ quando Gesù chiese loro: “Di che cosa discutevate per la strada?” Essi si rendevano conto che la loro discussione non meritava alcuna lode. Si accorgevano d’essere stati egoisti, vanagloriosi, in questa faccenda. Quindi nessuno di loro rispose a Gesù.

10. Che cosa rivelò Gesù col modo in cui si accinse a risolvere il problema, e quale regola enunciò?

10 Tuttavia, Gesù non aveva bisogno di un’ammissione da alcuno di loro. Il loro significativo silenzio tradì l’imbarazzo in cui erano. Mostrò che si vergognavano. Ma Gesù, che fino a un certo punto poteva scorgere i pensieri delle persone, scoprì il motivo della discussione, il punto controverso. Dal modo in cui si accinse a risolvere il problema mostrò di averlo compreso. “Ed egli si mise a sedere, e chiamati i dodici disse loro: ‘Se alcuno vuole essere primo dev’essere l’ultimo di tutti e ministro di tutti’”. (Mar. 9:35) Con questa dichiarazione Gesù indicò quale regola sarebbe stata seguita per l’attribuzione dei posti nel suo regno.

11. Sotto quale aspetto dunque quelli che sarebbero stati uniti a Gesù nel suo regno dovevano differire dagli uomini politici di questo mondo?

11 Il suo regno doveva essere diverso dai regni del mondo, in cui l’uomo politico è spinto dall’ambizione egoistica, oltre che dall’inclinazione a farsi servire piuttosto che servire altri mentre è in carica. Questo modo d’agire tradisce presunzione, mancanza di umiltà. Gesù non manifestò una simile disposizione. I discepoli che dovevano essere uniti a lui nel regno dovevano manifestare la sua stessa attitudine mentale. Per questo motivo Paolo, che divenne apostolo in seguito, scrisse ai futuri eredi del regno celeste e disse: “Mantenete in voi questa attitudine mentale che fu anche in Cristo Gesù, il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non la considerò una cosa da afferrare, cioè che dovesse essere uguale a Dio. No, ma vuotò se stesso e prese la forma d’uno schiavo, divenendo simile agli uomini. Per di più, quando si trovò nella forma d’un uomo, umiliò se stesso e divenne ubbidiente fino alla morte, sì, la morte su un palo di tortura”. — Filip. 2:5-8.

12. Come illustrò Gesù la regola che egli stesso aveva dichiarata agli apostoli?

12 Per quanto riguarda Gesù, non equivalse questo a fare di se stesso “l’ultimo di tutti e ministro di tutti”? Quale migliore esempio d’umiltà potrebbe dare qualsiasi creatura? Tuttavia, per avere assunto una posizione così bassa e compiuto un ministero che gli costò la vita terrena, fu ricompensato col posto più alto in tutta la creazione. Dopo essere stato così innalzato, il Figlio di Dio fu secondo solo al Creatore. Questo si addiceva al fatto che non aveva mai preso in considerazione la possibilità di divenire uguale al Padre celeste, l’Iddio Altissimo. Oltre tutto, Gesù era abbastanza sensato da sapere che una tal cosa era irraggiungibile. — Sal. 148:13.

13. Secondo la regola enunciata da Gesù, chi è che diventa il membro più prezioso di un’organizzazione, e in che modo?

13 Pertanto Gesù non fece di sé l’eccezione alla regola che aveva dichiarata ai suoi apostoli. Egli si offrì come esempio perfetto da imitare a tutti quelli che devono essere uniti a lui nel regno celeste. Per di più, tutti quelli che diverranno sudditi terreni del suo regno dovranno imitarlo in quanto a umiltà e disponibilità. Chi è dunque il primo in un’organizzazione per vero merito e importanza? Non è forse colui che è abbastanza umile da accettare ogni tipo di servizio e che cerca di rendersi utile a tutti? Chi cerca d’essere il primo in modo egoistico non si abbassa a rendere qualsiasi tipo di servizio a tutti gli altri che sono nell’organizzazione. Per essere disposto a rendere a chiunque perfino il servizio più umile deve considerarsi “l’ultimo di tutti” nell’organizzazione. Ma questo non ne riduce il valore intrinseco. Rendendo servizio a tutti senza eccezione diventa il membro più prezioso.

14. In che modo colui che è così servizievole è in effetti il “primo” di tutti?

14 Se questa persona umile e servizievole fosse costretta ad assentarsi, se ne sentirebbe molto la mancanza. Si noterebbe che manca il suo servizio. In base ai suoi servizi, sarebbe davvero il “primo” di tutti, anche se non avesse tale posizione. Se è così che Dio ci giudica, questo è di gran lunga più importante di come ci giudicano gli uomini di elevata condizione sociale.

RICEVIAMO GLI ALTRI IN BASE AL NOME DI CRISTO

15. Prendendo a esempio un fanciullino, che cosa disse Gesù del ricevere altri?

15 Per andare d’accordo con gli altri è molto importante avere considerazione per loro, non importa quanto appaiano inferiori esteriormente. Per far capire questo punto, Gesù proseguì facendo un esempio. Il racconto di Marco 9:36, 37 ci dice come: “E prese un fanciullino, lo pose in mezzo a loro, gli mise intorno le braccia e disse loro: “Chi riceve uno di questi fanciullini in base al mio nome, riceve me; e chi riceve me, riceve non solo me, ma anche colui che mi ha mandato’”.

16. Come Gesù mostrò amore ai bambini anche nella sua casa di Nazaret?

16 Vi sono esempi indicanti che Gesù amava i bambini. Essendo il maggiore nella sua famiglia terrena, senz’altro ebbe molto da fare per badare ai fratellastri minori (Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda) e alle due sorellastre o più, lì a Nazaret di Galilea. (Matt. 13:53-56) Non li disprezzò a causa delle loro imperfezioni e manchevolezze. Non diede loro motivo d’inciampare in lui perché mancasse di fare la sua parte per il mantenimento della famiglia, ma lavorò con diligenza essendo un abile falegname. (Mar. 6:3) Imparò ad apprezzare le qualità innocenti dei bambini e anche le qualità infantili degli adulti. Fece buon uso dei bambini nelle sue illustrazioni.

17. In quanto a essere avvicinabili, quale domanda sorge rispetto alle persone simili a bambini?

17 Quando siamo profondamente impegnati in un lavoro, forse non vogliamo essere disturbati dai bambini. Chi si sente importante o chi sente il peso e la dignità della sua posizione di responsabilità può considerarsi troppo in alto per prestare attenzione a semplici bambini o ad adulti simili a bambini. Ma che dire se tali persone simili a bambini sono cristiane o persone intelligenti che desiderano divenire cristiane? Noi che siamo già discepoli di Cristo ci renderemo avvicinabili e saremo sensibili ai loro bisogni?

18. Perché chi riceve tali persone riceve anche Gesù?

18 Se ci rifiutiamo di aiutare quelli che sono simili a bambini, perdiamo un grande privilegio e una grande benedizione. Se cristiani maturi come gli apostoli di Gesù rifiutano di ricevere un cristiano battezzato da poco che in senso figurato è simile al bambino attorno al quale Gesù mise le braccia e che prese come esempio, non ricevono Gesù stesso. Perché? Perché Gesù disse che chi riceve “uno di questi fanciullini” riceve anche Gesù, perché lo riceve ‘in base al nome di Gesù’. Questo vuol dire che per Gesù è come se ricevessero lui quale Messia o Cristo. Per cui varrebbe anche il contrario!

19. Su quale relazione influisce il fatto di ricevere in tal modo qualcuno simile a un bambino, e perché?

19 Quando adempiamo un compito umile ‘in base al nome di Cristo’ o per riguardo verso il suo nome, è più facile, più piacevole adempierlo. Il gesto ha un nobile incentivo. Inoltre, influisce sulla nostra relazione non solo con Gesù Cristo, ma anche con il suo Padre celeste. Questo è indicato dalle ulteriori parole di Gesù: “E chi riceve me [cioè ricevendo “uno di questi fanciullini”], riceve non solo me, ma anche colui che mi ha mandato”. (Mar. 9:37) Fu il suo Padre celeste, Geova Dio, a mandare Gesù sulla terra perché divenisse il Messia. Gesù Cristo e il suo Padre celeste non si possono dissociare. Sono inseparabilmente uniti, in quanto sono uno nel proposito e nell’azione. Quindi quello che si fa al Figlio, Geova Dio lo accetta come se fosse fatto anche a lui. Egli mostra di accettare ciò che fa colui che riceve, benedicendolo.

20. Come si applica questo principio ai rapporti con i conservi cristiani, e quale qualità è essenziale per avere una parte nel Regno?

20 Questo principio è qualcosa che facciamo bene a ricordare nei rapporti con i conservi cristiani, specialmente nel caso di quelli che sono per così dire semplici “bambini” in quanto a intendimento della Bibbia o ad appartenenza alla congregazione cristiana. L’apostolo Pietro disse a quelli cui scrisse la sua prima lettera ispirata: “Come bambini appena nati, nutrite grande desiderio del latte non adulterato che appartiene alla parola, affinché per mezzo d’esso cresciate verso la salvezza, se avete gustato che il Signore è benigno”. (1 Piet. 2:2, 3) Possiamo rendere partecipi della “parola” quelli che sono come “bambini appena nati”, affinché crescano verso la salvezza e vi si attengano come cristiani maturi. Perciò, quelli che si mostrano avvicinabili, disposti a ricevere ‘uno di questi fanciullini in base al nome di Cristo’, si mostrano essi stessi simili a bambini. Questo è essenziale per avere una qualsiasi parte nel Regno. — Matt. 18:2-4; Luca 18:16.

21. Come una disposizione mentale umile e l’assenza di rivalità e competizione recano beneficio alla congregazione?

21 Come in una normale famiglia umana, quando i componenti di una congregazione sono umili di mente e di sentimenti come lo sono i fanciullini, le relazioni fra loro sono pacifiche. L’assenza di egoistiche rivalità e spietata competizione favorisce un’atmosfera tranquilla e serena. Se siamo disposti e pronti ad adempiere anche i compiti più umili per i bisogni e il benessere altrui, l’intera congregazione ne è edificata e rafforzata ed è spinta a compiere concrete opere di bontà.

22. Qual è un potente fattore che ci aiuta a ‘mantenere la pace gli uni con gli altri’?

22 Pertanto, neppure il più giovane, il più arretrato o il più lento nella verità biblica e nell’esperienza cristiana viene trascurato. Egli viene accolto nell’affettuoso abbraccio della congregazione ‘in base al nome di Cristo’. Se nella congregazione esistono condizioni simili, regna lo spirito del Signore Dio Geova. Questo è un potente fattore che aiuta i membri della congregazione a mantenere “la pace gli uni gli altri”. Ne risulta fraterna unità.

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