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  • “Amore” nelle Scritture Greche Cristiane
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1961
w61 1/1 pp. 12-13

“Amore” nelle Scritture Greche Cristiane

AL TEMPO della composizione delle Scritture Greche Cristiane, il greco era la lingua universale. Questo fatto ne rese possibile la maggiore distribuzione nel più breve tempo possibile. Inoltre il greco era una lingua molto esatta e specifica e la koinè greca di quel tempo era altamente sviluppata, essendo così il miglior mezzo per esprimere con esattezza il pensiero. Un caso significativo è quello delle parole che corrispondono ad “amore”.

In italiano parliamo di “amore” sessuale, “amore” materno, “amore” fra amici e dell’altruistico “amore” di Dio. In greco, tuttavia, vengono usate quattro parole separate e distinte: éros, storgé, filéo e agápe. Poiché Eros era il nome che gli ultimi poeti greci diedero al loro dio dell’amore, che era figlio di Afrodite, éros divenne il nome dell’amore romantico, dell’amore sessuale. Il corrispondente romano di Eros è il più familiare Cupido, di solito rappresentato con arco e frecce. È molto significativo che il termine éros non si trovi neanche una volta nelle Scritture Greche Cristiane.

Storgé è il termine usato per descrivere l’affetto naturale basato sul vincolo del sangue, che ha dato luogo all’espressione “il sangue non è acqua”. Questo si trova solo tre volte nella forma aggettivale nelle Scritture Greche Cristiane. In due casi si trova preceduto dal prefisso negativo greco a che significa “senza”. Così, sia in Romani 1:31, descrivendo come gli uomini si siano allontanati dalla perfezione originale, che in 2 Timoteo 3:3, profetando le critiche condizioni empie degli ultimi giorni, Paolo dice che gli uomini sono “senza affezione naturale [astorgos]”. E desiderando mettere in risalto l’intima relazione familiare che dovrebbe esistere fra i cristiani, Paolo usò un termine composto che unisce filéo e storgé, dicendo: “Quanto all’amor fraterno abbiate tenero affetto [filostorgos] gli uni per gli altri”. — Rom. 12:10.

Benché la più elevata forma d’amore sia filéo, saremo aiutati a capirlo meglio se considereremo prima la sublime forma d’amore, agápe. Il Dictionary di Strong ne dà la seguente definizione: “Comprende specificamente il giudizio e il deliberato consenso della volontà in materia di principio, dovere e proprietà”. Al contrario di éros che non compare affatto nella Bibbia, agápe nelle sue varie forme ricorre ben più di 250 volte nelle Scritture Greche Cristiane; tre volte più di filéo in tutte le sue forme.

Apprezzando il significato di agápe, possiamo capire perché l’apostolo Giovanni non scrisse che Dio è éros, storgé e neanche filéo, ma che Egli è la personificazione stessa dell’amore, agápe, e dell’altruistico interesse per gli altri basato su princìpi. Quando veramente amiamo (agápe) qualcuno, ci preoccupiamo del suo benessere, dei suoi interessi e della sua felicità. Infatti Dio “raccomanda il suo amore per noi in quanto, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morì per noi”. — 1 Giov. 4:8; Rom. 5:8.

“Il frutto dello spirito è [questo agápe] amore”. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete [questo] amore gli uni per gli altri”. È questa specie di “amore [che] edifica”, e “copre una moltitudine di peccati”. Non è basato sull’attrazione fisica, né sulla fortuita nascita, essendo della stessa famiglia, nazione o razza, né sulla compatibilità o analogia di vedute, ma unicamente sul principio, sull’altruismo, ed è guidato dalla nostra mente perché Dio lo comanda. — Gal. 5:22; Giov. 13:35; 1 Cor. 8:1; 1 Piet. 4:8.

È quest’amore, agápe, che Paolo ci descrive, e con quanta bravura! Non faremo nulla con profitto se il motivo non è l’amore. L’amore è longanime e benigno; non è geloso, non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo indecente, non s’adira, non cerca i propri interessi. Non tiene conto delle ingiurie, non si rallegra dell’ingiustizia, ma si rallegra solo a motivo della verità. Sostiene, crede, spera e sopporta ogni cosa. Non viene mai meno. Senza dubbio, fra fede, speranza e amore, “il più grande di questi è l’amore”! — 1 Cor. 13:1-13.

L’amore, agápe, può essere più o meno intenso, e perciò ai cristiani è comandato di avere “intenso amore gli uni per gli altri”. Devono applicarsi per renderlo perfetto in modo da avere “libertà di parola nel giorno del giudizio”. Non solo ci è comandato di amare (agapào, voce del verbo agápe) Dio, ma di amarlo con tutto il cuore, l’anima, la mente e le nostre forze e di amare il prossimo come noi stessi. — 1 Piet. 4:8; 1 Giov. 4:17, 18; Mar. 12:29-31.

Passando ora a filéo, cioè all’amore o affetto amichevole, questo è ad un tempo inferiore e superiore all’amore, agápe. Come mai? È inferiore in quanto a qualità ma superiore in quanto è un privilegio. È il primo elemento di parole come Filadelfia, amore del fratello; filosofia, amore della sapienza; filantropia, amore dell’umanità, come pure di molte altre parole usate nelle Scritture che non sono state tramandate in italiano, come filarguría, amore del denaro (argento), filágathos, amante del bene o della virtù. Gesù usò questa parola quando disse che i capi religiosi amano i primi posti nelle sinagoghe e che il mondo ama ciò che è suo. Indicando che è inferiore all’amore, agápe, il comando di Pietro è di ‘aggiungere al nostro affetto fraterno [filadelfía] l’amore [agápe]’. — Luca 20:46; Giov. 15:19; 2 Piet. 1:7.

In quanto a filéo, affetto, notate che essendo un privilegio, mentre Dio mostra il suo amore, agápe, per i peccatori, “il Padre ha affetto per il Figlio”. Perciò Gesù assicurò ai suoi seguaci che il Padre aveva, non solo amore, ma anche affetto per loro: “Il Padre stesso ha affetto per voi”. E perché? “Perché avete avuto affetto per me”, e non solo perché ne avevano bisogno. Sì, Dio ha affetto, o tratta come amici, solo quelli che lo meritano. — Giov. 5:20; 16:27; Giac. 2:23.

Lo stesso dicasi di Gesù. Egli provò amore (agapáo) per il giovane ricco, ma amore e affetto (filéo) per Giovanni, il suo apostolo prediletto. (Mar. 10:21; Giov. 19:26; 20:2) Parlando a Pietro dopo la risurrezione, le prime due volte Gesù chiese a Pietro se l’amava, ma la terza volta Gesù chiese a Pietro se aveva affetto per lui. Ogni volta, rispondendo, l’ardente Pietro usò il termine più intimo: “Signore, tu sai che ho affetto per te”. — Giov. 21:15-17.

Oggi vediamo da ogni parte attribuire eccessiva importanza all’éros sessuale, mentre vi è sempre meno affetto naturale, storgé. Il mondo non conosce affatto l’amore, agápe, che è il frutto dello spirito di Dio e implica la mente e la volontà, è completamente altruistico e basato sul principio. Geova Dio è la personificazione stessa di questo amore, e ci è comandato di essere come lui in questo. Questo è l’amore che dobbiamo avere verso Dio, il prossimo, i nostri nemici, ed anche noi stessi. Ma come cristiani possiamo manifestare filéo, affetto, solo ad altri cristiani. — Matt. 5:44-48; 1 Cor. 15:33.

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