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  • Domande dai lettori (1)
    La Torre di Guardia 1970 | 15 ottobre
    • scrisse: “Il tempo della mia liberazione è imminente. Ho combattuto l’eccellente combattimento, ho corso la corsa sino alla fine, ho osservato la fede. Da ora in poi mi è riservata la corona della giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi darà come ricompensa in quel giorno”. — 2 Tim. 4:6-8.

      Recentemente in varie parti della terra sono apparsi alcuni i quali professano ora d’essere dei rimanenti che hanno la speranza d’essere eredi del Regno, benché solo recentemente si siano dedicati a Geova Dio. Che siano veramente ed effettivamente di questi futuri associati o “rimanente” del Regno non sta ad altri giudicarlo. È una questione fra la persona e Geova Dio, e il tempo lo dirà. Tutti quelli che fanno questa asserzione, però, farebbero bene a chiedersi se la loro convinzione non sia un residuo dell’insegnamento babilonico che tutti i buoni andrebbero in cielo; o se non sia dovuta a un errato concetto, a sentimentalismo, o addirittura a una malguidata ricerca di preminenza. (Si veda La Verità che conduce alla Vita Eterna, pagine 78-80). Coloro che sono stati veramente generati dallo spirito di Dio e chiamati alla speranza celeste ne sono certi, come dichiara anche l’apostolo Paolo: “Lo spirito stesso rende testimonianza col nostro spirito che noi siamo figli di Dio. Se, dunque, siamo figli, siamo anche eredi: eredi in realtà di Dio, ma coeredi di Cristo, purché soffriamo insieme per essere insieme anche glorificati”. — Rom. 8:16, 17.

      In passato, qualcuno può aver sinceramente partecipato alla celebrazione del Pasto Serale del Signore, ma essersi reso conto in seguito che non era mai stato del “rimanente”, ma che è della “grande folla”. Lo rende questo colpevole d’aver partecipato “indegnamente” agli emblemi, secondo il significato delle parole di Paolo in I Corinti 11:27-34? No, se non mostrava intenzionalmente mancanza di rispetto per il significato di questi emblemi.

      Il contesto mostra che, parlando del giudizio in cui si incorrerebbe partecipando indegnamente agli emblemi, Paolo aveva considerato coloro che trattavano il pasto come semplice parte del loro regolare pasto serale, alcuni dei quali perfino si ubriacavano a quel tempo. Essi mostrarono mancanza di rispetto e quindi disprezzarono il valore del corpo e del sangue del Signore Gesù Cristo. (1 Cor. 11:20-22, 33, 34) Certo coloro che vi parteciparono erroneamente per un’impressione sbagliata, ma con ogni debito rispetto, non cercavano di far questo. Ricordate che Paolo scriveva ai “santificati”, “chiamati ad esser santi”, perciò cristiani che avevano l’obbligo di osservare il pasto serale del Signore in ricordo di lui, partecipando ai suoi emblemi. (1 Cor. 1:2) Ne consegue anche logicamente che chi consapevolmente pretende d’essere del “rimanente” e partecipa in modo insincero, ipocrita, incorrerà nel disfavore di Dio. Certo l’individuo dovrà anzitutto esaminare il proprio cuore oltre a considerare seriamente le Scritture, prima di partecipare. Dovrebbe stare molto attento ed essere pienamente convinto prima di partecipare.

  • Domande dai lettori (2)
    La Torre di Guardia 1970 | 15 ottobre
    • Domande dai lettori

      ● Giacché i sacerdoti giudei portavano il copricapo quando facevano servizio nel tempio, perché l’apostolo Paolo scrisse in seguito che gli uomini non dovevano portare il copricapo, ma, che dovevano portarlo piuttosto le donne? — L. H., U.S.A.

      Questi due comandi furono dati sotto diverse disposizioni. Solo al termine della disposizione giudaica, coi suoi sistemi di sacerdoti, sacrifici e adorazione nel tempio, Paolo spiegò che cosa Dio desiderava riguardo al copricapo nella disposizione cristiana. (Ebr. 9:26) Come Geova aveva diritto di modificare la procedura circa la sua vera adorazione, poteva fare un cambiamento riguardo a chi doveva portare il copricapo. — Dan. 4:35.

      Che i sacerdoti israeliti portassero il copricapo non dipendeva dalla scelta personale; era stabilito da Dio. Il sommo sacerdote doveva portare uno speciale turbante. Una piccola lamina d’oro con incise le parole “La santità appartiene a Geova” era legata sul davanti del turbante e quindi veniva a trovarsi sulla fronte del sommo sacerdote. (Eso. 28:4, 36-38) I sottosacerdoti portavano un copricapo di tipo alquanto diverso. (Eso. 28:40) In entrambi i casi il copricapo serviva come segno di sottomissione a Geova, oltre che “per gloria e bellezza”. (Eso. 28:2, 40) Pertanto i sacerdoti portavano il copricapo in ubbidienza al loro Dio e Legislatore.

      Comunque, descrivendo ciò che era appropriato nella congregazione cristiana, l’apostolo Paolo mostrò che le donne le quali pregavano o profetizzavano nella congregazione, dove l’avrebbe fatto normalmente un uomo, dovevano portare il copricapo. Per l’uomo servitore di ministero della congregazione, il copricapo non era appropriato; avrebbe fatto vergogna al suo capo, Cristo. (1 Cor. 11:3-16) Notiamo però che lì c’era una differenza. Al tempio o tabernacolo nella disposizione giudaica, nessuna donna adempiva compiti sacerdotali, per cui

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