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Diritti o doveri?La Torre di Guardia 1973 | 15 agosto
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i capelli lunghi, è per lei una gloria? Perché i capelli le sono dati in luogo di copricapo”. — 1 Cor. 11:14, 15.
28 Riguardo a queste parole dell’apostolo, lo studioso biblico Albert Barnes osservò:
“La parola natura . . . indica evidentemente quel senso di decenza che tutti gli uomini hanno, e che è espresso in qualsiasi prevalente o universale usanza. . . . È tale com’è richiesto dal naturale senso di convenienza fra gli uomini. . . . In questo punto, perciò, la parola non significa la costituzione dei sessi, . . . né il semplice uso o usanza, . . . ma si riferisce a un profondo senso interiore di ciò che è corretto e giusto”.
E lo studioso di greco dott. A. T. Robertson dice:
“Ivi significa l’innato senso di decenza (cfr. Rom. 2:14) oltre alla semplice usanza, ma che si basa sull’obiettiva differenza nella costituzione delle cose”.
29. (a) Perché il cristiano non ha bisogno di regole in quanto a quello che deve e a quello che non deve fare? (b) Se, in qualche caso, una persona non lo sa, che cosa deve fare?
29 Perciò non occorre che ci si dica esattamente quello che si deve fare e quello che non si deve fare, come per mezzo di regole. Se siamo cristiani e i nostri cuori amano ciò che è giusto, sappiamo per natura, particolarmente per mezzo della nostra coscienza addestrata, se una cosa accresce o sminuisce la gloria della buona notizia che predichiamo. Sappiamo se edifichiamo o se abbattiamo la reputazione o l’immagine della congregazione agli occhi d’altri. Ma, se qualcuno non lo sa, allora dovrebbe farsi guidare dalla buona coscienza della congregazione cristiana. Accetti i buoni consigli e si fidi del buon giudizio dei fratelli responsabili. — Prov. 12:15.
30. (a) Quale obbligo hanno tutti quelli che occupano un posto di responsabilità nella congregazione? (b) Quale principio ci guiderà per mantenerci al sicuro? (c) Perché dovremmo interessarci più dei doveri che dei diritti?
30 I veri cristiani si amano gli uni gli altri, e quelli che hanno un posto di responsabilità hanno l’obbligo di fare solo ciò ch’è meglio per i loro fratelli, sia con l’esempio che danno che con i consigli che impartiscono. E le azioni di ognuno di noi dovrebbero sempre essere guidate dal principio: ‘Adorno in ogni cosa l’insegnamento del nostro Salvatore, Dio?’ Se adempiamo i nostri doveri, operando con tutta l’anima come a Geova, e non agli uomini, Geova ci ricompenserà con benedizioni di gran lunga maggiori dei “diritti” che possiamo rivendicare per noi stessi, insieme ad anni di vita e pace. — Tito 2:10; Col. 3:23, 24; Prov. 3:1, 2.
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Un popolo libero, ma ubbidienteLa Torre di Guardia 1973 | 15 agosto
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Un popolo libero, ma ubbidiente
“Siate come liberi, eppure mantenendo la vostra libertà non come un manto per malizia morale, ma come schiavi di Dio. Onorate uomini d’ogni sorta, abbiate amore per l’intera associazione dei fratelli, abbiate timore di Dio”. — 1 Piet. 2:16, 17.
1. Quale libertà mostrò Paolo che avevano egli e i suoi condiscepoli?
“CRISTO ci rese liberi. Perciò state saldi e non vi fate confinare di nuovo in un giogo di schiavitù”. Così scrisse l’apostolo Paolo dopo aver descritto la libertà dei figli di Dio, che erano anche figli della Sua libera organizzazione celeste, “la Gerusalemme di sopra”, la loro “madre”. Questa organizzazione “madre”, avente la libertà della perfetta relazione con Dio, fu, ciò nondimeno, rappresentata come ‘moglie’ di Geova Dio. Come tale, la sua libertà era dunque relativa. Era soggetta all’autorità del suo grande Marito celeste. E come figli, anche Paolo e i suoi conservi seguaci di Cristo avevano una libertà relativa, poiché erano soggetti al loro “Padre” e alla loro “madre” celesti. Come figli, dovevano ubbidire alla ‘disciplina del loro padre e alla legge della loro madre’. — Gal. 5:1; 4:26; Prov. 1:8.
2. Perché il popolo di Dio è libero, e tuttavia perché la sua libertà non è assoluta?
2 Oggi il popolo di Dio è libero perché ‘conosce la verità, e la verità lo ha reso libero’. (Giov. 8:32) La libertà che essi hanno, comunque, è per il bene, non per il male. Possono praticare appieno i frutti dello spirito, poiché “contro tali cose non c’è legge”. (Gal. 5:23) Questi frutti sono tutto quello che ci vuole per avere completa felicità; fare il male rende solo nuovamente schiavi del peccato e della morte. Per continuare a praticare ciò che è buono e utile, devono rendere ubbidienza a Colui che li ha resi liberi, Gesù Cristo.
SOTTOMISSIONE CHE OPERA PER IL BENE
3. Quale sottomissione, che richiede ubbidienza, ha Dio stabilito nella congregazione cristiana?
3 Dio, inoltre, ha provveduto sulla terra una disposizione a cui ha reso soggetto il suo popolo. È l’organizzazione della congregazione. Egli ha stabilito in essa certuni per pascere e guidare il “gregge” della sua congregazione. Alcuni uomini sono posti in incarichi per aiutare la congregazione a compiere l’opera affidatale, cioè la predicazione della buona notizia del Regno. Inoltre, questi uomini badano al benessere individuale dei componenti della congregazione, aiutandoli a mettere in pratica nella loro vita i princìpi della Bibbia. Il cristiano deve ubbidire anche a questi uomini, poiché l’apostolo comanda: “Siate ubbidienti a quelli che prendono la direttiva fra voi e siate sottomessi, poiché essi vigilano sulle vostre anime come coloro che renderanno conto; affinché facciano questo con gioia e non sospirando, poiché questo sarebbe dannoso per voi”. — Ebr. 13:17.
4. Sotto quali altre leggi di ubbidienza ha Dio posto il cristiano, e sono esse un impedimento al ministero cristiano?
4 Inoltre, ai cristiani è comandato d’essere ‘sottoposti alle autorità superiori’, i governanti di questo mondo. Essi devono ubbidire alle leggi che non sono in contrasto con le leggi di Dio. (Rom. 13:1; si paragoni Atti 4:19; 5:29). Gli schiavi cristiani devono essere sottoposti ai loro padroni, principio valido oggi per i lavoratori, che dovrebbero mostrare “appieno buona fedeltà”. (Tito 2:9, 10) I figli devono ubbidire ai genitori. (Efes. 6:1-3) Tutti questi comandi non limitano i cristiani nel fare il bene e nell’adempiere il loro ministero cristiano, ma, piuttosto, ubbidendo a queste leggi glorificano Dio e promuovono gli interessi del Regno.
5. In che modo i cristiani sono sottoposti a tutti i loro fratelli?
5 Ora, in aggiunta a queste varie autorità a cui il cristiano dev’essere sottomesso, sottomissione che opera per il suo bene e per la sua ulteriore libertà e felicità, l’apostolo va anche oltre, esortando: “Nel mostrare onore gli uni agli altri, prevenitevi”. (Rom. 12:10) In un certo senso, quindi, tutti i cristiani sono sottoposti a tutti i loro fratelli, poiché devono servire gli interessi dei loro fratelli prima dei propri. — Mar. 10:44; 1 Piet. 5:5.
L’UBBIDIENZA È UN SEGNO CARATTERISTICO
6. Che cosa segna oggi in modo rimarchevole la differenza fra il vero cristiano e la persona del mondo?
6 In quale posizione viene così a trovarsi il cristiano rispetto a quelli che hanno l’attitudine del mondo in generale? Egli segue un corso di ubbidienza, mentre essi seguono un corso di disubbidienza. Questo è il punto principale che segna la differenza. Con quale serietà, dunque, dovremmo considerare il soggetto dell’ubbidienza!
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