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‘Mangiamo e beviamo alla gloria di Dio’La Torre di Guardia 1975 | 1° novembre
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divina e che ci vogliano dunque precetti stabiliti dall’uomo. L’importanza della “parola” di Dio è sminuita e i regolamenti umani sono innalzati. Fraintendendo così la sola norma per giudicare la verità, la norma scritturale, si apre la porta ad altri insegnamenti apostati. Perciò, si disonora Dio richiedendo ubbidienza a limitazioni dietetiche stabilite dall’uomo come dovere religioso. Comunque, se un cristiano informato si astiene per il presente così da non far inciampare qualcuno o da non offendere la coscienza di qualcuno che si sente vincolato da tali norme dietetiche, tale cristiano mostra considerazione e cerca la liberazione e la salvezza della persona schiava di una regola. — 1 Cor. 9:19.
Si disonora Geova Dio anche quando si prende cibo senza esprimere ringraziamento. Questo perché il cibo è santificato non solo dalla “parola” di Dio, ma anche dalla preghiera. Chi prega riconosce che Dio è il Provveditore e accetta il cibo come un suo dono. Riconosce la verità espressa in Salmo 145:15, 16: “A te guardano tutti gli occhi con speranza, e tu dai loro il loro cibo a suo tempo. Apri la tua mano e sazi il desiderio di ogni cosa vivente”.
Questo atteggiamento riconoscente ha un effetto salutare sui veri cristiani. È un forte incentivo a non abusare del provvedimento di Dio, né mangiando troppo né sprecando, prendendo più cibo di quello che si può ragionevolmente mangiare. Inoltre, c’è anche meno probabilità d’essere inutilmente ‘pignoli’ in quanto al cibo. L’atteggiamento riconoscente della persona spingerà anche quelli con meno mezzi ad accoglierla in casa loro. Per quanto il pasto sia semplice, possono sentirsi a loro agio senza temere che le cose non siano realmente alla sua altezza.
Certo vi sono buone ragioni per mangiare e bere alla gloria di Dio. Chi agisce così si astiene dal mangiare e dal bere troppo, salvando la propria dignità. Tenendo conto della coscienza degli altri, evita di farli inciampare. Soprattutto, agendo in armonia con la “parola” di Dio e prendendo cibo con rendimento di grazie, si può provare vera soddisfazione sapendo che questa condotta reca benedizioni durature.
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La morte di un dioLa Torre di Guardia 1975 | 1° novembre
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La morte di un dio
CHE cos’è un dio? La parola “dio” significa “potente”. Il termine è stato spesso applicato a qualsiasi cosa adorata come potente o in grado di fare del bene o del male ai suoi adoratori. Il dio potrebbe essere un oggetto, una persona, un gruppo di uomini o un’organizzazione.
Il dio qui considerato è un gruppo o classe di uomini. È ciò che la Bibbia chiama “l’uomo dell’illegalità”. L’apostolo Paolo ci fece una descrizione di tale dio, come segue:
“Egli si pone in opposizione [all’Onnipotente Dio] e s’innalza al di sopra di chiunque è chiamato ‘dio’ o oggetto di riverenza, così che si mette a sedere nel tempio del Dio, mostrando pubblicamente d’essere un dio”. — 2 Tess. 2:3, 4.
Chi corrisponde a questa descrizione dell’“uomo dell’illegalità”? Potremmo rispondere chiedendo: Chi ha assunto titoli come “reverendo”, “reverendissimo”, “padre”, “santo padre”, e simili, in diretto contrasto con le parole di Gesù in Matteo 23:8-12? (Si paragoni Giobbe 32:21, 22). Non è stato il clero, sia cattolico che protestante, a far questo? Non asserisce forse che il “gregge di Dio” sia il suo gregge, e in molti luoghi non cerca strenuamente di impedire ad altri di parlare della Parola
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