Benedizioni dell’ubbidienza imparata mediante le sofferenze
”Benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì; e dopo essere stato reso perfetto divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono responsabile di salvezza eterna”. — Ebr. 5:8, 9.
1. Perché la perseveranza ha spesso grande attrattiva, e che cosa richiede?
SOVRUMANA prova di perseveranza! Un simile titolo di giornale richiamerebbe subito l’attenzione non solo perché promette qualche cosa di sensazionale, ma perché molti si interessano della qualità della perseveranza. Leggerebbero quello che segue sotto tale titolo con la sensazione d’essere coinvolti, chiedendosi come se la caverebbero in tale prova. Infatti, molti si sottopongono spontaneamente a dure prove di resistenza, come nell’alpinismo, nella corsa su lunga distanza, nel nuoto, ecc. Queste imprese richiedono non solo di continuare ininterrottamente una certa attività, ma anche costante fermezza sotto pressione, avversità o sofferenze, senza essere sopraffatti o senza cedere. Questo vuol dire perseveranza. È giustamente considerata una qualità eccellente, che richiede pazienza, sopportazione, forte devozione, forza d’animo e coraggio. Benché nei summenzionati casi il motivo determinante includa competizione e orgoglio per i risultati ottenuti, non è sempre così. Assistere qualcuno durante una lunga e dolorosa malattia, da cui non ci sia speranza di guarigione, o vivere per anni con qualcuno che è divenuto irascibile o dissoluto, queste e altre circostanze simili richiedono tutte perseveranza, ma non si fa per esserne lodati e spesso sono prese per scontate e passano inosservate.
2. Su quale speciale esempio di perseveranza la Bibbia richiama la nostra attenzione?
2 Ora vi invitiamo a prestare attenzione a un incomparabile caso in cui una sovrumana prova di perseveranza fu superata con successo. Non è un’esagerazione. Possiamo anche dire, in base all’autorità della Parola di Dio, che siete invitato a esservi coinvolto. In realtà, tutti noi, tutti indistintamente, vi siamo coinvolti. Questo caso è senza uguale non perché i suoi princìpi differiscano da quelli di altre prove, ma a motivo di certe rimarchevoli caratteristiche e circostanze degne di considerazione. Come potevate aspettarvi, questo caso riguarda l’unigenito Figlio di Dio, Cristo Gesù. Di lui è scritto: “Benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì; e dopo essere stato reso perfetto divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono responsabile di salvezza eterna”. (Ebr. 5:8, 9) Comunque, prima di esaminare in modo particolareggiato come e perché egli fu messo alla prova, notiamo in breve, per nostro incoraggiamento, alcune benedizioni che egli ottenne come diretto risultato di tutto ciò che sopportò.
3. In breve, quali benedizioni ottenute con essa da Gesù si possono menzionare?
3 Anzitutto, Paolo prosegue immediatamente menzionando tre di queste benedizioni: (1) Gesù fu con ciò “reso perfetto” in senso speciale, (2) fu autorizzato a divenire “per tutti quelli che gli ubbidiscono responsabile di salvezza eterna” e (3) fu qualificato per essere “sommo sacerdote secondo la maniera di Melchisedec”. (Ebr. 5:9, 10) Quest’ultima cosa, naturalmente, significa che (4) Gesù fu anche qualificato per essere “re”, come Melchisedec. A queste possiamo aggiungere che (5) è costituito “mediatore di un nuovo patto” ed è anche (6) supremamente esaltato alla “destra del trono di Dio”. In ultimo, (7) fu reso capo “quale Figlio sulla” casa dei figli di Dio. Dovremmo ricordare tali cose mentre guardiamo quello che potrebbe sembrare il lato oscuro della situazione. Questo è ciò che fece Gesù, poiché leggiamo: “Per la gioia che gli fu posta dinanzi egli sopportò il palo di tortura”. — Ebr. 7:1, 2; 9:15; 3:6; 12:2.
4. In considerazione di Ebrei 7:26, quali domande sorgono dalla dichiarazione di Ebrei 5:8, 9?
4 Rivolgendo nuovamente l’attenzione all’ispirata dichiarazione dell’apostolo in Ebrei 5:8, 9, notiamo che usa espressioni le quali a prima vista sembrano strane e difficili da capire. Giacché Gesù era il perfetto Figlio di Dio mandato dal cielo, “leale, semplice, incontaminato, separato dai peccatori”, come può dirsi che “imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì” e come fu con ciò “reso perfetto”? (Ebr. 7:26) Perché fu necessario nel suo caso? Non era sempre stato ubbidiente e sempre perfetto? Per ottenere la giusta veduta e il giusto apprezzamento di queste importanti domande, vogliamo guardare tutto l’argomento con gli occhi di Paolo, per così dire, ricordando che egli fu particolarmente benedetto con lo spirito di Geova.
5. Qual è il principale tema di Paolo in Ebrei, capitolo 1, e com’è sostenuto?
5 È molto interessante vedere come Paolo svolge l’argomento scrivendo ai cristiani ebrei, e notare anche il suo frequente riferimento agli angeli nella parte precedente. Il suo tema principale, anzitutto, è l’incomparabile esaltazione del Figlio di Dio alla più alta posizione, essendo reso il “riflesso della sua gloria [di Dio] e l’esatta rappresentazione del suo stesso essere . . . e dopo aver fatto la purificazione dei nostri peccati si mise a sedere alla destra della maestà negli alti luoghi. Quindi è divenuto migliore degli angeli”. (Ebr. 1:3, 4) Nella lunga lista di citazioni dalle Scritture Ebraiche che segue, le quali mostrano la superiore posizione di Cristo rispetto agli angeli, ne è chiaramente indicata la ragione fondamentale quando Paolo cita il Salmo 45:7: “Tu [il Figlio] hai amato la giustizia e hai odiato l’illegalità. Per questo Dio, il tuo Dio, ti ha unto con olio d’esultanza più dei tuoi compagni [i re d’Israele]”. (Ebr. 1:9) Dobbiamo prendere a cuore questo fondamentale principio. Se lo seguiamo in qualsiasi prova siamo coinvolti, anche noi possiamo essere sicuri di ottenere un felice risultato perché abbiamo l’approvazione e la benedizione di Geova.
6. (a) Come continua l’argomento in Ebrei 2:1-4, additando quale responsabilità? (b) Com’è magnificamente ampliato l’argomento in Ebrei 2:5-9?
6 Ricordando l’elevata esaltazione di Gesù, possiamo meglio capire il peso delle parole di Paolo quando dice: “Per questo è necessario che prestiamo più che la solita attenzione” a un messaggio di “una così grande salvezza che era dichiarata dal nostro Signore” e non dagli angeli. Se trascuriamo l’opportunità della salvezza offerta da Gesù Cristo, sia con una speranza celeste che con una speranza terrestre nel suo regno, allora “come sfuggiremo” alla tremenda “retribuzione in armonia con la giustizia” per aver trascurato l’incomparabile provvedimento di tale immeritata benignità? (Ebr. 2:1-4) Quindi Paolo amplia l’argomento, citando il Salmo 8 e mostrando che nel regno di Dio il suo proposito è di ‘sottoporre tutte le cose’ senza eccezione “non agli angeli”, ma sotto i piedi del “figlio dell’uomo”, che è Gesù. In modo interessante, comunque, nella realizzazione di questo proposito, Gesù fu per un certo tempo reso “un poco inferiore agli angeli” quando venne sulla terra. A qual fine e con quale risultato? Notate la meravigliosa risposta, che Gesù è ora “coronato di gloria e d’onore per aver subìto la morte, affinché per immeritata benignità di Dio egli gustasse la morte per ogni uomo”. (Ebr. 2:5-9) Ciò indica che il provvedimento preso per la salvezza è così esteso che nessun rappresentante della famiglia umana ne è escluso. È vero che non è automaticamente elargito né imposto ad alcuno, ma chi non ne trae beneficio deve incolpare solo se stesso. Il provvedimento include “ogni uomo”. Non apprezzate voi questo provvedimento? Non vi sentite coinvolto? Come dovremmo stare attenti a non essere “portati via”, o a non fare sorgere in noi “un cuore malvagio privo di fede che si allontani dall’Iddio vivente”. — Ebr. 2:1; 3:12.
7. Come possiamo riconoscere i “molti figli” menzionati in Ebrei 2:10?
7 Fin qui va bene. Non abbiamo difficoltà a riconoscere che il diletto Figlio di Dio fu degno d’essere esaltato a una posizione così alta. Comunque, che dire della successiva affermazione di Paolo, affermazione importante, secondo cui “conveniva che . . . conducendo molti figli alla gloria, rendesse perfetto il principale Agente della loro salvezza mediante le sofferenze”? (Ebr. 2:10) Chi sono questi “molti figli”? Potrebbero essere alcuni santi angeli meritevoli di speciale onore? Al contrario, si ha un’indicazione della risposta al versetto 16, dove leggiamo: “Poiché egli [Gesù] realmente non assiste affatto gli angeli, ma assiste il seme d’Abraamo”. Ah, ci siamo, “il seme d’Abraamo”. Per riconoscere questa classe, dobbiamo solo fare riferimento alla spiegazione dell’apostolo in Galati 3:16, 26, 29, dove, dopo aver detto che la promessa fu fatta non a molti semi, ma a uno solo, “‘e al tuo seme’, che è Cristo”, più avanti quindi dice: “Infatti, siete tutti figli di Dio per mezzo della vostra fede in Cristo Gesù. . . . Inoltre, se appartenete a Cristo, siete realmente seme di Abraamo, eredi secondo la promessa”. Pertanto apprendiamo che, mentre il seme di Abraamo è primariamente Gesù Cristo, nell’ampliato adempimento esso include la congregazione cristiana, il “piccolo gregge” che ha la speranza celeste. (Luca 12:32) Con il loro Capo essi partecipano in grande misura alle promesse, speciali benedizioni dell’ubbidienza imparata mediante le sofferenze. Anche se non siete di questo numero limitato, siete sempre coinvolto se siete una persona simile a pecora, poiché, come vedrete, in questo “tempo della fine” tutte le pecore di Geova seguono una condotta simile con un motivo simile, ed è richiesto da tutte alla stessa maniera che imparino l’ubbidienza mediante le sofferenze, specialmente in questi “tempi difficili”. — 2 Tim. 3:1.
IL PRINCIPALE AGENTE RESO PERFETTO MEDIANTE LE SOFFERENZE
8. (a) Quale provvedimento prese prima Gesù come sommo sacerdote, e perché? (b) C’è bisogno di ulteriore aiuto, e com’è stato provveduto?
8 Per comprendere perché conveniva rendere “perfetto il principale Agente . . . mediante le sofferenze”, e come avvenne ciò, ci proponiamo di collegare le varie espressioni che si trovano nel contesto di questo brano e che hanno diretta relazione con questa domanda. Prima considereremo Ebrei 2:17, 18. Lì è spiegato che Gesù “dovette divenire simile ai suoi ‘fratelli’ sotto ogni aspetto, affinché divenisse un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose relative a Dio, onde offrisse sacrificio propiziatorio per i peccati del popolo”. Ciò doveva farsi prima al fine di provvedere una base soddisfacente su cui questi “molti figli” di Dio, questi “fratelli” di Gesù, potessero divenire accettevoli ed essere resi giusti agli occhi di Dio. Ma non è tutto qui. Essi, come tutte le “pecore” di Geova, sono tratti dalla famiglia umana, afflitta da molte imperfezioni e infermità, e hanno bisogno di ulteriore aiuto dal loro misericordioso sommo sacerdote, come leggiamo successivamente: “Poiché in ciò che egli stesso ha sofferto essendo messo alla prova, può venire in aiuto di quelli che son [anche] messi alla prova”. Ora possiamo cominciare a capire una delle ragioni principali di tutte le sofferenze che Gesù sopportò qui sulla terra. A motivo di ciò, non solo egli può prestare aiuto, per così dire, da lontano, ma ‘può venire in nostro aiuto’ quando ne abbiamo bisogno. Benché altamente esaltato alla destra di Dio, egli non è remoto, impersonale. Che intima relazione è pertanto sottintesa, e com’è confortante!
9. (a) In che modo e fino a che punto può Gesù compatire le nostre debolezze? (b) Quali benefici ne riceviamo?
9 Quindi, considerate Ebrei 4:15, 16, dove troviamo ulteriore conforto e incoraggiamento. Paolo ci dice che “abbiamo come sommo sacerdote non uno che non possa compatire le nostre debolezze, ma uno che è stato provato sotto ogni aspetto come noi, ma senza peccato”. Come ci avvicina questo il nostro sommo sacerdote! Egli può compatire non solo le nostre limitazioni, ma anche le nostre debolezze. Sa che cosa significa sentire le molte pressioni che fanno inciampare o allontanare dalla condotta della perfetta ubbidienza, la pressione dovuta o all’opposizione che causa timore, o all’allettamento che causa il cattivo desiderio. Egli fu “provato sotto ogni aspetto come noi”, benché non inciampasse né si allontanasse mai minimamente. Che conforto sapere che “egli può trattare moderatamente gli ignoranti e i traviati”, come i sommi sacerdoti d’Israele, benché non avesse mai bisogno di fare un’offerta per i propri peccati, come essi dovevano farla. (Ebr. 5:2, 3) Questo ci fa sentire come Paolo che scrisse successivamente: “Accostiamoci perciò con libertà di parola al trono d’immeritata benignità, affinché otteniamo misericordia e troviamo immeritata benignità per aiuto al tempo opportuno”. Entrambe le dichiarazioni di Ebrei 2:18 e 4:16 sono veraci, ciascuna dal suo punto di vista. Da una parte, il nostro sommo sacerdote è pronto a venire in nostro soccorso e darci aiuto quando siamo messi alla prova. D’altra parte, possiamo sempre sentirci liberi di accostarci al trono d’immeritata benignità di Dio con assoluta fiducia, certi di ricevere benevolo aiuto al tempo opportuno.
10. (a) Come sappiamo se le sofferenze di Gesù furono intensamente reali? (b) Quale obiettivo fu raggiunto superando la suprema prova?
10 Avendo tracciato lo schema dell’argomento di Paolo fino a questo punto, e comprendendone alcuni eccellenti aspetti, esaminiamo ancora una volta le sue parole scritte in Ebrei 5:8-10. Prima egli ci rammenta che le sofferenze di Gesù furono intensamente reali, che egli “offrì supplicazioni e anche richieste a colui [Dio] che poteva salvarlo dalla morte, con forti grida e lagrime”. Si, fu davvero una prova sovrumana. Poi viene la dichiarazione chiave: “Benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì; e dopo essere stato reso perfetto divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono responsabile di salvezza eterna”. Continuando, è indicata la prima ragione di questa difficile condotta: “Perché è stato da Dio specificamente chiamato sommo sacerdote secondo la maniera di Melchisedec”. Egli era ora pienamente qualificato.
11. Com’è messa in risalto l’ubbidienza in Ebrei 5:9, e anche quando Gesù affidò l’incarico ai suoi seguaci?
11 Notate l’importanza data all’ubbidienza. Non solo Gesù stesso dovette imparare l’ubbidienza e darne prova, ma è responsabile di salvezza solo “per tutti quelli che gli ubbidiscono”, non per quelli che semplicemente confidano in lui. Solo quelli che imparano l’ubbidienza nella prova, che implica sofferenza, ottengono la benedizione della salvezza eterna. Notate inoltre come Gesù lo mise vigorosamente in risalto quando fu pienamente qualificato, dopo la sua risurrezione. Dando l’incarico ai suoi seguaci, cominciò dicendo: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra”, avendo così il diritto di esigere ubbidienza. Quindi disse: “Andate dunque e fate discepoli . . . insegnando loro ad osservare [rispettare e ubbidire] tutte le cose che vi ho comandate”. Egli non chiese né suggerì; egli comandò. L’ubbidienza a lui non si può evitare, né da parte nostra né da parte di quelli che abbiamo il privilegio di ammaestrare, benché debba essere equilibrata, come nel nostro sommo sacerdote, con la misericordia e gli altri frutti dello spirito. Anziché esserne spaventati, questo ci è realmente di grande sostegno, poiché Gesù aggiunse: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al termine del sistema di cose”. Che cos’altro potremmo volere? — Matt. 28:18-20.
12. (a) Quale fondamentale principio mette in risalto l’importanza dell’ubbidienza? (b) Alla luce della Parola di Dio, quanto è penetrante la prova dell’ubbidienza?
12 Ora possiamo considerare le importanti domande: Come Gesù imparò l’ubbidienza? e come ne fu reso perfetto? L’argomento dell’ubbidienza implica un principio o verità fondamentale che si applica non solo a Gesù e a quelli che formano il seme d’Abraamo, ma a tutte le intelligenti creature di Dio. Tale grande verità riguarda la legittima e giusta sovranità universale di Geova sopra tutte le sue creature. Tutti devono dare la prova che lo riconoscono pienamente essendo ubbidienti in qualsiasi prova Geova stabilisca o permetta. La prima prova avvenne in Eden. La prova finale avviene dopo il regno millenario di Cristo. (Riv. 20:7-10) In ciascun caso la Bibbia mostra che questa prova non si può considerare alla leggera, che nessuno può prendere per scontato il proprio successo. La prova è reale e rivela l’attitudine di cuore che spinge a ubbidire o disubbidire all’espressa volontà di Geova. Siete disposti ad accettare la sovranità di Geova su di voi, sul vostro cuore e sulla vostra mente e su tutta la vostra vita, senza riserve?
13. In quali due sensi si parla della perfezione nella Bibbia e nell’uso quotidiano?
13 Prima di considerare ulteriormente l’ubbidienza, consideriamo il soggetto della perfezione. Per capirla debitamente, dobbiamo prima renderci conto che sia nella Bibbia che nel linguaggio di ogni giorno, si parla della perfezione in due sensi. (1) Quando diciamo che una cosa è perfetta a volte vogliamo dire che è interamente senza difetti e non può sbagliare. È pienamente sviluppata, l’articolo finito. Questa sarebbe la perfezione nel senso assoluto e definitivo. Primariamente, questo può dirsi di Geova. La Bibbia dice di lui: “La Roccia, la sua attività è perfetta, poiché tutte le sue vie sono dirittura. Un Dio di fedeltà, presso cui non è ingiustizia; egli è giusto e retto”. (Deut. 32:4) La perfezione, comunque, è spesso usata e menzionata in senso relativo o limitato, limitato a una certa sfera e senza andare oltre. Un diamante commerciale prodotto sinteticamente, per esempio, è perfetto per essere usato in un trapano elettrico, ma, vogliate notare, non per un anello di fidanzamento.
14. (a) In che modo Eva venne meno al segno della perfezione, ciò che suscita quale domanda? (b) Quale speciale qualità e capacità furono date all’uomo, esaltando così il proposito di Dio riguardo all’uomo?
14 A questo riguardo, prendete l’esempio biblico di Adamo ed Eva in cui pure entra in gioco l’ubbidienza. L’uomo era perfetto in senso relativo nel suo campo, perfettamente adatto per esercitare autorità nell’adempimento del proposito del Creatore riguardo alla terra e alla sua immediata famiglia. La donna, nel suo campo, era perfettamente adatta ad esser madre e ideale compagna di suo marito. Ma troppo presto ella sbagliò. Peccò, cioè venne meno al segno della perfezione. Come? Andò oltre l’incarico affidatole da Dio e cercò di arrogarsi la facoltà data da Dio a suo marito e agì come proprio capo. Disubbidì a suo marito e al suo Creatore. Tuttavia, sorge la domanda vecchia di secoli: Come avrebbero potuto peccare, apparentemente così presto e così facilmente, se erano proprio perfetti? Ebbene, non dimentichiamo l’altra meravigliosa qualità perfetta che ciascuno aveva, cioè una mente e un arbitrio perfettamente liberi, la facoltà di pensare e ragionare sulle cose, ciascuno alla sua maniera se lo preferiva, pervenendo alle proprie conclusioni e prendendo le proprie decisioni. Avevano perfetta libertà di scelta. Infatti, se fossero stati privi della capacità d’essere ubbidienti o disubbidienti, non avendo scelta, sarebbero stati imperfetti dal punto di vista di Dio. Vogliate notare che il proposito di Dio è che questa terra sia piena non solo di uomini e donne ubbidienti, ma di uomini e donne che abbiano superato la prova della loro volontaria e profonda devozione e lealtà a lui in riconoscimento della sua legittima sovranità. Egli non desidera da nessuno di noi adorazione e servizio resi in modo automatico e meccanico, come cose di ordinaria amministrazione o forzate. Piuttosto, desidera un servizio ragionato, volontario, che sia compiuto spontaneamente da un cuore amorevole.
15. (a) Come spiega la Bibbia l’operato del peccato dal suo inizio? (b) Come si dovrebbe considerare e avere a cuore la libertà di scelta?
15 Quindi, l’uomo perse la perfezione perché mise nella sua mente dei cattivi pensieri. Prima Eva e poi Adamo meditarono abbastanza a lungo per propria libera scelta su ciò che era male così che mise radice e li spinse a compiere una cattiva azione. È esattamente come dice la Bibbia: “Ciascuno è provato essendo attirato e adescato dal proprio desiderio [cioè sceglie di farne il proprio desiderio, benché, come nel caso di Eva, all’inizio non sia il suo desiderio]. Quindi il desiderio, quando è divenuto fertile, partorisce il peccato”. (Giac. 1:14, 15) Questo principio vale per tutti, perfetti o imperfetti. Se dicessimo che un uomo perfetto non può sbagliare, dovremmo dire che un uomo imperfetto non può mantenere una condotta giusta, specialmente sotto pressione. Tuttavia oggi vediamo molte creature imperfette che in effetti si attengono a una giusta condotta di ubbidienza a Dio, anche se comporta sofferenza; mentre altri seguono o si abbandonano deliberatamente a un’errata condotta. È bene comprendere che la scelta ci è posta dinanzi proprio come quando Dio disse ai figli d’Israele: “Vedi . . . ti ho messo dinanzi la vita e la morte . . . e tu devi scegliere”. (Deut. 30:15, 19) L’essere imperfetti non impedì loro di scegliere, non è vero? Comprendendo chiaramente che cosa significano la perfezione e l’ubbidienza siamo aiutati e incoraggiati ad avere la giusta veduta della nostra responsabilità e dei privilegi offerti a ciascuno di noi. È vero che siamo imperfetti, ma in grande misura, anche dopo seimila anni di peccato e imperfezione, abbiamo ancora la libertà di scegliere come pensare e come decidere. Questa libertà di mente e di arbitrio è un dono prezioso e comporta una grande responsabilità. Dovremmo prestare più che la solita attenzione a come lo usiamo.
16. (a) Quando fu sulla terra e prima, in che modo Gesù era perfetto in senso relativo? (b) Quale alta carica doveva essergli affidata, che richiedeva quali qualità?
16 Si può dire la stessa cosa anche nel caso di Gesù. Notate come egli aveva la perfezione in senso relativo o limitato. Quando nacque qui sulla terra, era un bambino perfetto, ma null’altro che un bambino. Quando all’età di dodici anni interrogò gli insegnanti nel tempio, era un ragazzo perfetto, ma null’altro che un ragazzo. (Luca 2:41-52) Similmente, nella sua esistenza preumana, era perfetto come “artefice” di Dio (Prov. 8:30), ma Dio pensava a una posizione molto più alta per lui, che richiedeva qualità sicure al grado superlativo di provata perfezione e fidatezza e maturità. Quindi, prima che pervenisse a questa alta carica di re e sommo sacerdote, conveniva che il Figlio di Dio si sottoponesse al necessario sviluppo, al necessario addestramento e istruzione, alla necessaria disciplina e prova, onde divenisse perfetto per la sua alta carica oltre ogni possibilità di fallimento.
17. In che modo l’ubbidienza di Gesù fu messa a una prova decisiva sulla terra?
17 Entra di nuovo in gioco la questione dell’ubbidienza. È vero che Gesù era sempre stato ubbidiente prima di venire sulla terra, ma la sua ubbidienza non era mai stata messa a dura prova. Quando era stato in conflitto con creature spirituali, con il ‘principe di Persia’ al tempo di Daniele, e anche prima con Satana stesso per il corpo di Mosè, non era allora sottoposto a quegli oppositori. (Dan. 10:13; Giuda 9) Non aveva dovuto pagare un alto prezzo per essere ubbidiente. Ma quando venne sulla terra e cominciò il suo ministero, il suo servizio di campo, la situazione fu completamente diversa, non è vero? Dal Giordano al Calvario fu continuamente messo alla prova, ciò che gli causò molte sofferenze. Dopo un diretto scontro con il Diavolo nel deserto, tutti quegli ostili gruppi religiosi esercitarono continuamente pressione su di lui finché in ultimo lo sopraffecero. Sì, egli ne sopportò, come si usa dire, di tutti i colori, “con forti grida e lagrime”. Fu una tremenda prova. Infine, fu preso tra l’incudine e il martello da quei gruppi ostili e Roma. Comunque, non fu abbattuto o affranto nello spirito né nella sua integrità e perfetta ubbidienza al suo celeste Padre. — Matt. 4:1-11; Ebr. 5:7.
18. Da tutto ciò che soffrì e sopportò, quali benedizioni ottenne Gesù per sé, e quali benefici per altri?
18 Gesù aveva sempre avuto fede, ma ora aveva una fede di provata qualità. Era sempre stato forte come l’acciaio, ciò che indica lealtà e costanza, ma ora era acciaio temprato, temprato dal fuoco. Pertanto possiamo capire più pienamente perché fu necessario che Gesù imparasse mediante l’effettiva esperienza che cosa significa essere ubbidiente nella grande avversità e sofferenza. Primariamente, fu a motivo dell’incomparabile posizione che doveva ricevere alla destra di Dio, con tutte le cose sottoposte a lui. Per giunta, comprendiamo che sopportando fedelmente tali cose ne fu reso perfetto in un senso molto più largo e profondo che prima. Egli era ora pienamente qualificato come sommo sacerdote per venire in nostro aiuto e assisterci al tempo opportuno, divenendo così responsabile della finale salvezza, prima per i molti figli ubbidienti che condivideranno con lui il suo trono celeste, nonché per i molti altri dell’umanità per i quali gustò la morte. Anch’essi devono imparare che ‘nel nome di Gesù deve piegarsi ogni ginocchio’ in sottomissione, a motivo della “posizione superiore” benignamente data da Dio al suo fedele Figlio. Tutto ciò, naturalmente, è “alla gloria di Dio Padre”. — Filip. 2:5-11.
19. Come sappiamo che le prove non furono imposte a Gesù, e com’era questo predetto?
19 C’è ancora un’altra cosa degna di nota riguardo a Gesù. Le prove non gli furono imposte. Egli scelse volontariamente e deliberatamente di intraprendere il ministero, e di smascherare pubblicamente tutta la falsa religione e tradizione praticata nel suo giorno, sapendo bene che si sarebbe attirato l’ira del nemico. Com’era predetto della sua disposizione mentale e determinazione: “Ebbi fede, poiché parlavo. Io stesso fui molto afflitto”. Soprattutto, Gesù ebbe fede nel regno di Dio e che ne sarebbe stato insediato come re. In base a questa fede egli ‘parlava’ e ‘rese testimonianza alla verità’ in ogni occasione. Come risultato, fu “molto afflitto”. Tuttavia, anche mentre affrontava la fine poté dire: “Le funi della morte mi circondarono e le stesse circostanze angustiose dello Sceol mi trovarono”, e nello stesso tempo disse: “I miei voti pagherò a Geova, sì, di fronte a tutto il suo popolo”. Egli fu il principale leale di Geova, e probabilmente gli fu di grande conforto in quel momento ricordare che era scritto: “Preziosa agli occhi di Geova è la morte dei suoi leali”. — Sal. 116:3, 10-15; 2:6; Giov. 18:37.
20. Oltre ad apprezzare il suo ministero a nostro favore, da quale altro punto di vista dovremmo considerare Gesù e interessarcene vivamente?
20 Come abbiamo già indicato, queste esperienze di Gesù nell’imparare l’ubbidienza nel modo difficile non dovevano recare beneficio solo a lui, permettendogli anche di servire come sommo sacerdote per il nostro beneficio, ma con ciò stabilì il modello che dovevamo seguire sotto certi aspetti. Questo vale per quelli che hanno la speranza della vita nel paradiso terrestre restaurato, oltre a quelli che hanno la speranza di condividere con Gesù il suo trono celeste. Desideriamo considerare più estesamente questo soggetto con voi e vi invitiamo a prestare attenzione. Confidiamo che vi sentite tutti coinvolti, ma, come molti, potreste dire: Non può interessarmi da questo punto di vista. Per Gesù va bene, egli era perfetto. Io sono troppo consapevole delle mie imperfezioni che mi impediscono di andare oltre la riconoscente accettazione dei benefici del sacrificio di riscatto di Gesù. È questo un buon ragionamento? È un pensiero corretto?