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La palma del cocco e la sua utilitàSvegliatevi! 1971 | 8 dicembre
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è probabile che ne facciate uso, e non solo in forma di ingredienti di caramelle, torte e dolci che potete mangiare.
La polpa della noce di cocco è essiccata per produrre ciò che si chiama copra, milioni di tonnellate l’anno. Quindi la copra è trattata per ricavarne il suo meraviglioso olio ricco di glicerina e di altre complesse sostanze. Questo olio si trova nel liquido dei freni pneumatici delle auto, in shampoo, lozioni, lubrificanti, detergenti, saponi, creme da barba, dentifrici, plastica, vernici, gelati, margarina, ingredienti vegetali, sì, in numerose cose che probabilmente utilizzate e mangiate.
La palma del cocco è in realtà un albero rimarchevole che indubbiamente vi è utile, ovunque abitiate.
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‘Felici son quelli che fanno cordoglio’Svegliatevi! 1971 | 8 dicembre
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“La tua parola è verità”
‘Felici son quelli che fanno cordoglio’
NON è contraddittorio dire che quelli che fanno cordoglio possano nello stesso tempo esser felici? Non necessariamente. Quando Gesù fece questa dichiarazione apparentemente contraddittoria nel suo Sermone del Monte, evidentemente non pensava al più comune significato della parola “felice”. È chiaro che volle dire qualche cosa di più dell’allegria a cuor leggero. — Matt. 5:4.
La parola greca per “felice” in questo versetto, makaʹrios, era dai Greci applicata alla beatitudine suprema, alla beatitudine che si supponeva godessero gli dèi. In vista del modo in cui la parola è da Gesù usata nel suo Sermone del Monte, e in tutte le Scritture Greche Cristiane, un significato più ampio di makaʹrios sarebbe ‘felicità dovuta all’esser favorito da Dio’.
Chi sono, dunque, quei ‘favoriti da Dio’ perché fanno cordoglio? Semplicemente chiunque sia triste? No, poiché la parola greca per “cordoglio”, pentheʹo, significa profondo cordoglio, un senso d’essere affranto. L’apostolo Paolo usò questa parola quando censurò la congregazione corinzia perché non si era profondamente compunta di viva afflizione per la grave immoralità che esisteva in mezzo a loro: “E siete voi gonfi, e non fate piuttosto cordoglio?” (1 Cor. 5:2) Con tono simile il discepolo Giacomo censurò certuni del suo giorno: “Purificate le vostre mani, o peccatori, e purificate i vostri cuori, o indecisi. Siate nella miseria e fate cordoglio e piangete”. — Giac. 4:8-10.
Che Gesù volesse esprimere un profondo senso di cordoglio è mostrato dal racconto parallelo di Luca: “Felici voi che ora piangete, perché riderete”. (Luca 6:21) “Piangete” traduce qui la parola greca klaiʹo, che “si usa per qualsiasi alta espressione di cordoglio, specialmente per i morti”. (An Expository Dictionary of New Testament Words, W. E. Vine) Non c’è dubbio che un profondo cordoglio, un forte pianto, è ciò che Gesù volle dire in questa seconda beatitudine (felicità) menzionata nel suo Sermone del Monte.
Ma sono tutte le persone, che per una qualsiasi ragione sono profondamente commosse di dolore, rese “felici” o favorite da Dio? Evidentemente no, poiché Gesù disse che questi che facevano cordoglio sarebbero stati confortati, eppure non tutti quelli che sono affranti con uno spirito di afflizione ricevono conforto. Ci rientra il motivo del cuore. Per esempio, ci fu Esaù,
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