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  • Fiduciosi alla fine
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1952
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1952
w52 1/3 pp. 68-71

Fiduciosi alla fine

1, 2. Perché non si possono disprezzare i testimoni di Geova oggi, e quale lagnanza è fatta contro di loro, falsamente?

INVECE di rintanarsi in una spelonca come uomini delle caverne terrorizzati dalla fine del mondo, i testimoni di Geova sono usciti all’aperto e si distinguono assai bene fra i popoli di tutte le nazioni. Per merito della loro coraggiosa testimonianza, la loro attività non può essere in alcun luogo disprezzata o ignorata dagli uomini di questo sistema di cose. Irritati da questa attività, essi si lagnano che i testimoni di Geova sono attivi, sia pure, ma negano il loro attivo appoggio ai sistemi di questo mondo, e non hanno nessuna incoraggiante parola di speranza per loro. Per tal fatto si lagnano che i testimoni di Geova odiano l’umanità.

2 Questa è una conclusione assurda. È identica all’accusa che il popolo dell’Impero Romano fece contro i Cristiani del primo secolo perché rifiutarono di prender parte agli affari politici, sociali, ricreativi e militari di questo mondo.

3. Perché essi si astengono dal dare il loro appoggio a questo mondo, e a somiglianza di chi?

3 Scritturalmente, i testimoni di Geova sono i soli che lavorano per il durevole benessere del genere umano su una base permanente. Perché dovremmo noi appoggiare un empio fallimento che ora è minacciato d’imminente sfacelo? L’infallibile Parola di Dio, i libri della quale furono completati nel primo secolo, predisse che questo mondo sarebbe stato un disastroso fallimento. Gli attuali risultati di molti secoli di attività dimostrano che questo mondo è un irrimediabile fallimento, rivendicando così la Parola di Dio su questo soggetto. Noi abbiamo oggi tanto buon giudizio e senso quanto ne ebbe Noè in un mondo precedente. Dove sarebbe oggi, noi chiediamo, questa razza umana, se non fosse stato per quest’uomo Noè, se lui e la sua famiglia non si fossero astenuti dal dare il loro appoggio al mondo antidiluviano e non si fossero preparati alla sua fine costruendo una grande cassa o arca affinché ci sopravvivessero gli uomini e le bestie? Fino ad oggi la scienza non ha potuto negare il diluvio universale dei giorni di Noè, e non può spiegare come l’umanità abbia sopravvissuto a quel cataclisma. Solo la Bibbia può spiegarlo in modo soddisfacente, e le scoperte archeologiche e le diffuse leggende che mostrano un’origine comune lo confermano.

4. Quale doveva essere il mezzo di scampo dal diluvio, Eden o che cosa?

4 Anni dopo che l’uomo era stato espulso dal giardino d’Eden per la sua ribellione contro la legge di Dio, Caino il primo figlio di Adamo costruì una città e le diede il nome del figlio Enoc. (Gen. 3:1 fino a 4:17) Ma nel diluvio dei giorni di Noè quella ed altre città antidiluviane (i resti delle quali sono stati recentemente scoperti) scomparvero, e così scomparve l’inoccupato giardino di Eden. Quando Geova Dio avvertì Noè della fine che stava per abbattersi sul mondo col diluvio universale, egli non disse a Noè e alla sua famiglia di ritirarsi nel giardino di Eden per mettersi in salvo durante il diluvio. Iddio non si disdisse e non riaprì allora il Paradiso, neppure a questi devoti discendenti di Adamo. Mediante il decreto di Dio il giardino d’Eden fu allora un territorio vietato per l’uomo. La sua entrata era custodita da gloriosi cherubini e dalla roteante spada di fuoco. Non era un “podere di rifugio” neppure per i servitori di Dio. Cosicché, quando venne il diluvio, sommerse anche l’Eden, e il giardino paradisiaco cessò di esistere senza lasciare una traccia che permettesse di identificarne la località oggi. A Noè e alla sua famiglia non fu detto che per salvarsi dovessero diventare gente delle caverne. Né fu ordinato a Noè di fabbricare una nave razzo interplanetare per andare via dalla terra e popolare qualche corpo celeste. No; ma egli dovette rimanere sulla terra. Perciò Dio, sapendo che neppure il giardino d’Eden sarebbe stato un porto di rifugio, diede istruzione a Noè di costruire un’arca e gliene fissò le dimensioni e la forma. Non vi doveva essere ancora nessun ritorno al paradiso d’Eden.

5. Qual è l’unica via di camminare della quale si può essere oggi ottimisti? Perché?

5 Prima del diluvio Noè e la sua famiglia presero una via diversa da quella del mondo. In Genesi 6:9 ci è narrato: “Noè camminò con Dio”. I popoli che oggi vivono sulla terra possono ringraziarlo per questo, poiché dal primo all’ultimo essi sono tutti discendenti di Noè. Imitino il loro antico antenato quelli che sono informati della fine del mondo e son saggi. Come lui evitino di sostenere questo mondo condannato e camminino con Dio. Questa è l’unica via di camminare della quale si può essere ottimisti, perché essa conduce a sopravvivere alla fine di questo mondo come ai giorni di Noè.

6. Contrariamente alla Cristianità, per che cosa stiamo lavorando noi, e perché Dio ci sosterrà?

6 I politicanti, gli eroi militari, gli scienziati, i dirigenti commerciali e il clero settario lavorano per fallire quando lavorano per questo mondo. Noi, che accettiamo la Parola di Dio come Noè, lavoriamo per il successo, La Cristianità ha fatto fiasco, ma non il Cristianesimo ch’essa ha mancato di seguire. La teologia della Cristianità ha fallito, ma non la Bibbia. Noi prendiamo la Bibbia come nostra guida e cerchiamo di seguire il Cristianesimo ch’essa insegna. Tocca pertanto a noi insegnare al genere umano che la Bibbia e il Cristianesimo non hanno fallito ma sono oggi vivi e potenti per guidare gli uomini al vero successo, alla vita nella felicità perpetua in un sano e sicuro nuovo mondo. L’onnipotente Iddio s’interessa pure di dar la prova che la sua Parola la Bibbia e i fedeli che imitano il suo Figlio Gesù Cristo non hanno fallito e non falliranno. Quindi, se siamo sinceramente dedicati a lui e al suo servizio secondo i suoi buoni propositi, egli ci sosterrà nei nostri sforzi per rivendicar lui e la sua Parola.

7. Come mostra Pietro che non dobbiamo preoccuparci se siamo ritenuti stravaganti

7 Non vi preoccupate se siete ritenuti stravaganti. L’apostolo Pietro, le cui parole prendiamo come soggetto del nostro esame, dice che i Cristiani sinceri fin d’allora nei tempi apostolici erano considerati come strani. Sì, e si parlava contro di loro, perché non volevano assolutamente unirsi al mondo allora dominato dall’Impero Romano. Qui sono le parole scritte dallo stesso Pietro: “Poiché dunque Cristo soffrì nella carne, anche voi, amatevi della stessa disposizione mentale, perché la persona che ha sofferto nella carne ha desistito dai peccati, acciocché viva per il resto del suo tempo nella carne, non più per i desideri degli uomini, ma per la volontà di Dio. Poiché vi basta il tempo che è passato nell’aver fatto la volontà delle nazioni quando procedevate in azioni di condotta dissoluta, concupiscenze, ubriachezze, gozzoviglie, sbevazzamenti, e idolatrie che sono senza legale restrizione. Siccome non continuate a correre con loro in questa condotta alla stessa bassa sentina di corruzione, essi sono perplessi e parlano ingiuriosamente di voi. Ma costoro renderanno conto a colui che è pronto a giudicare quelli vivi e quelli morti”. — 1 Piet. 4:15, NM.

8. Come disse Gesù che dobbiamo sentirci a questo riguardo, e come lo conferma l’esperienza di Noè?

8 Non c’è da restare imbarazzati dal fatto d’esser considerati eccentrici e stravaganti da questo mondo. Non c’è nulla di cui sentirsi male o condannati perché si parla di noi con disprezzo e rimprovero. È anzi qualche cosa di cui dobbiamo sentirci grati a Dio, poiché abbiamo il privilegio di subire biasimo con Lui e col suo Figlio. Come il suo Figlio Gesù disse: “Felici siete voi quando vi biasimano e vi perseguitano e mentendo dicono contro di voi ogni specie di empietà per amor mio. Rallegratevi e saltate di gioia, giacché la vostra ricompensa è grande nei cieli; poiché in questo modo perseguitarono i profeti prima di voi”. (Matt. 5:11, 12, NM) Possiamo immaginare in che modo la gente deve aver parlato del profeta Noè e della sua famiglia perché non si abbandonavano alla violenza, alla corruzione carnale, e alle malvage immaginazioni, ai complotti e all’ipocrita religione di quell’ultimo secolo prima del diluvio. Questo avveniva perché la condotta di Noè condannava il mondo. Ma le loro maldicenze e condanne contro Noè e la sua famiglia non dimostrarono che questi avessero torto, poiché essi sopravvissero al diluvio, ma i maldicenti furono sommersi nella distruzione.

DOVE IL GIUDIZIO COLPISCE PER PRIMA

9. Come chiamò Pietro i Cristiani e perché il lungo tempo che rimaneva per la fine del mondo non era una scusa per la mondanità

9 L’apostolo Pietro si rivolse ai Cristiani ai quali scriveva, non come se fossero costituenti o parti di questo mondo temporaneo, ma come a “residenti temporanei sparsi”. (1 Piet. 1:1, NM) Gli informati Cristiani sono residenti temporanei in questo mondo perché sanno ch’esso è condannato a scomparire. Perciò essi non tentano di stabilirsi in questo mondo, diventarne una parte integrale per partecipare così ai suoi peccati ed esser condannati con esso e partecipare alla sua distruzione. Questo fu il modo di pensare al riguardo di quei Cristiani dei tempi di Pietro. Essi attendevano che questo mondo scomparisse. Perciò se ne tennero separati e non se ne macchiarono. Furono essi stolti sotto questo rispetto? Potremmo noi considerarli stolti, assistendo come facciamo agli attuali sviluppi del mondo? Assolutamente no! Ma, alcuni diranno, la fine di questo mondo allora era lontana diciannove secoli. Ebbene, che vuol dir questo? Il punto essenziale è ch’essi non avevano torto credendo alla sua fine, e perciò non vollero far parte di un mondo condannato. Anche se avessero saputo che era ancora millenovecento anni lontano, avrebbero essi detto: “Sta bene, questo vecchio mondo durerà ancora diciannove secoli, e perciò, dato che non finirà durante la mia vita, ho ancora molte possibilità di godermelo, e me lo godrò finché io sia prossimo alla morte. Allora romperò i rapporti con questo mondo e mi preparerò a morire in armonia con Dio”? No; essi sapevano che essere amici di questo mondo significa esser nemici di Dio, e che se uno ama questo mondo l’amore del Padre celeste non è in lui.

10. Come costituirono i primi Cristiani un appropriato esempio, e in vista del prossimo giudizio che cosa dobbiamo fare noi ora?

10 Quei Cristiani vedevano le cose sotto la loro vera luce, e potevano quindi giudicare se le cose avevano veramente valore o ne erano prive. Videro che avevano occupato abbastanza tempo in passato nelle stolte, inutili vanità di questo vecchio mondo. Videro che doveva venire un nuovo mondo di giustizia senza fine e che dovevano da quel momento in poi dimostrare d’essere degni di vivervi, non importava quanto lontano potesse esserne lo stabilimento. In questo modo essi costituivano un appropriato esempio per noi oggi. Come loro noi non dobbiamo egoisticamente pensare che potremmo anche goderci il mondo finché dura e tentar di osservare le regole del nuovo mondo poco prima di morire o prima che questo mondo trapassi. Come loro noi dobbiamo essere saggi e renderci conto che stiamo producendo un memoriale ora per il nostro giudizio davanti a Dio. Affinché questo giudizio sia per noi di ricompensa di vita eterna nel nuovo mondo, dobbiamo vivere ed operare fin d’ora conformemente. Non c’inganniamo. La nostra responsabilità conta da ora in avanti. Solo cessando fin d’ora di amare e sostenere questo mondo possiamo scampare dalla sua condanna e distruzione. Affrontiamo le ingiuste critiche del mondo agendo così.

11, 12 Perché questo è un tempo più critico di quello dei giorni di Pietro in quanto al giudizio, e perché evitiamo quindi di continuare a peccare?

11 È tempo d’esser seri. Pietro dice: “Poiché è il tempo fissato perché il giudizio cominci dalla casa di Dio. Ora se comincia prima da noi, quale sarà la completa fine di quelli che non sono ubbidienti alla buona notizia di Dio?” — 1 Piet. 4:17, NM.

12 Diciannove secoli or sono, ai giorni di Pietro, erano i singoli Cristiani che erano sotto giudizio, vale a dire, facendo un memoriale sul quale si doveva fondare il loro giudizio futuro. Ma oggi, nel “tempo della fine” di questo mondo, non solo i singoli Cristiani, ma anche interi sistemi religiosi che pretendono di essere la “casa di Dio” sono sotto giudizio. È un tempo più critico. Se il giudizio si tiene prima sulla casa di Dio della quale affermiamo di far parte, non possiamo sfuggire alle decisioni del Giudice divino più di quanto non lo possa la Cristianità che pretende d’esser la “casa di Dio”. Se non viviamo ubbidientemente in armonia con la buona notizia del regno di Dio, quale specie di giudizio possiamo aspettarci da Dio, che è il Giudice, “che può salvare e distruggere”? È abbastanza difficile per il Cristiano che ha rette inclinazioni tenersi integro in questo mondo depravato per operare la sua salvezza, e perciò che dire di quelli che non oppongono nessuna resistenza cristiana ma cedono a questo mondo e alle sue dissolute vie solo per il piacere di peccare? Pietro chiede: “Se il giusto è salvato con difficoltà, dove potrà comparire l’empio e il peccatore?” Sì, dove, compariranno essi? Si troveranno più strettamente avvinti nella schiavitù di questo mondo per la loro maggiore indulgenza al peccato e quindi incapaci di fare all’ultimo momento un disperato sforzo per acquistare la libertà e riuscire a riprendersi prima che venga eseguito il giudizio divino.

13, 14. Come possiamo soffrire noi come omicidi, ladri, malfattori e intromettenti, e ci dà credito tale sofferenza?

13 Il consiglio di Pietro è dunque dato dal giusto e sicuro punto di vista quando dice: “Nessuno di voi soffra come omicida o ladro o malfattore o intromettendosi nelle cose di altre persone. Ma se soffre come Cristiano, non ne abbia vergogna, ma continui a glorificare Iddio in questo nome”. (1 Piet. 4:15, 16, NM) Oh! tu penserai, io non avrò mai da temere di soffrire come omicida. Oh, no? Ebbene, nutri odio per un tuo fratello e ti comporti come un malvagio? Questo non ti rende felice ma ti darà solo sofferenza e danno. Perciò quale sofferenza sarà la tua e come sarai giudicato da Dio? Iddio dice in 1 Giovanni 3:15: “Chiunque odia il suo fratello è un omicida, e voi sapete che nessun omicida ha la vita eterna dimorante in sé”. — NM.

14 Forse tu dirai che non rubi i beni materiali di nessuno, e perciò non soffriresti mai come ladro. Ma stai derubando un altro Cristiano del suo buon nome con la calunnia? Oppure, con la tua ambizione di brillare ed esser adorato dai tuoi fratelli, stai rubando l’adorazione e la lode che appartengono a Dio, come fece il Serpente nell’Eden? Cerchi tu sempre il benessere dei tuoi fratelli e delle perdute e sparse “altre pecore” di Dio, oppure cerchi egoisticamente, gelosamente o con risentimento e rancore di danneggiare i tuoi fratelli? Sei tu un ficcanaso e t’interessi degli affari altrui più del dovuto e cerchi come un intrigante di padroneggiarli e controllarli anziché pensare ai tuoi propri affari debitamente e attenerti al lavoro che Dio ti ha assegnato? Il soffrire per queste cose non ti fa guadagnare la simpatia e l’approvazione di Dio. Tutte queste sofferenze non sono cristiane, ma sono una vergogna.

15. Se soffriamo come Cristiani come dobbiamo sconfiggere lo scopo di quelli che ci fanno soffrire, e perché?

15 Se, però, tu soffri come Cristiano, per amore del nome di Cristo, allora non avrai nulla di cui vergognarti. La sofferenza di cui parla Pietro nei versetti citati sopra è qualche cosa che ci deve far cessare d’indulgere in tali ingiuste cose. Quando soffriamo come Cristiani, tuttavia, non dobbiamo cedere al proposito del nemico. Non dobbiamo cessare di glorificare Iddio ma dobbiamo mostrare che quelli che portano il nome di Cristiani sono leali verso Iddio e incrollabilmente dedicati al suo servizio e alla sua lode. “Perciò, anche,” dice Pietro, “quelli che soffrono in armonia con la volontà di Dio continuino a raccomandare le anime loro al fedel Creatore mentre fanno bene”. (1 Piet. 4:19, NM) La tua sofferenza come Cristiano fedele non è un segno di disapprovazione di Dio ma è in armonia con la sua volontà. Essa fa parte del calice che il Padre celeste ha versato per i suoi figli e ch’essi devono bere.

16. Mentre facciamo bene, perché possiamo raccomandare le nostre anime a Dio, e che cosa significa questo per noi?

16 Non sentendosi condannati da Dio, i Cristiani che soffrono possono aver fiducia ch’egli non li respingerà ma ch’essi possono raccomandare la loro anima a lui perché la custodisca. Egli è il Creatore di tutte le anime. Se vi giudica degni di salvezza per la vita eterna nel nuovo mondo, egli può ricrearvi come anime nella risurrezione dai morti. Può così preservare il vostro diritto alla vita come anime per il nuovo mondo. Egli non dimentica il vostro fedele servizio a lui, e non vi negherà mai quello che questo servizio merita. “Poiché Dio non è ingiusto da dimenticare l’opera vostra e l’amore che avete mostrato per il suo nome, in quanto avete servito i santi e continuate a servire”. (Ebr. 6:10, NM) Perciò Iddio protegge il vostro diritto alla promessa vita nel nuovo mondo. Mentre siete occupati a fare il bene, dunque, potete fiduciosamente raccomandargli le vostre anime, sapendo che sono in buone mani, e qualsiasi cosa gli uomini possano farvi essi non recheranno in realtà nessun danno alle anime vostre. Come sarà meraviglioso, quando divampa Harmaghedon per l’esecuzione del giudizio divino, esser trovati a fare la volontà di Dio e con le nostre anime pienamente raccomandate al nostro fedele Creatore! Solo in questo modo possiamo aspettarci di sopravvivere ad Harmaghedon.

17. Perché abbiamo fiducia che la fine di questo mondo verrà presto?

17 Quindi possiamo essere fiduciosi alla prossima fine di questo mondo. Noi siamo sicuri della sua fine, come Noè era sicuro della vicina fine dell’antico mondo degli empi, perché Geova Dio glielo aveva detto. Tuttavia, qualcuno obietterà dicendo: “Ah, ma quando Pietro disse: La fine completa di tutte le cose si è avvicinata,” la fine era ancora lontana di millenovecento anni, e come potete voi esser sicuri che la fine completa non è lontana di altri diciannove secoli?” Ecco, dato che la lettera di Pietro fu scritta circa sette anni prima della distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 (d.C.), egli può essere stato in qualche modo indotto a scrivere così, ma oggi la Cristianità è la moderna controparte dell’infedele Gerusalemme, e oggi la Cristianità è in uno stato di angoscia anche peggiore di quello in cui si trovava Gerusalemme prima della sua fine. Poiché sin dal 1914 vediamo l’adempimento di tutte le caratteristiche del segno della fine completa che Gesù descrisse per noi nella sua profezia, noi abbiamo l’assoluta fiducia che le parole di Pietro hanno ora la loro finale e completa applicazione. (Matt. 24:3-14) La fine completa di tutte le cose di questo mondo si è realmente avvicinata, e il tempo che rimane è ora preziosissimo.

18. Quale prova possiamo dare della nostra attesa, e perché diamo questa prova?

18 Se questa è la nostra fiducia, dobbiamo dimostrare di attendere la fine completa fra breve. Come lo possiamo? Col nostro modo di vivere e di operare. Noi siamo determinati di dar prova della nostra attesa, affin di mostrare la nostra fede in Dio e ispirar fiducia ad altri inducendoli ad agire rettamente.

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