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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • confidare in queste, né usarle come il mondo in generale per fini egoistici, come quello di ammassare ricchezza ancora maggiore. (I Cor. 7:31) Dovrebbe piuttosto essere desto e diligente nel farsi amici i possessori delle dimore eterne.

      I possessori delle “dimore eterne” sono Geova Dio e suo Figlio Cristo Gesù. (Confronta Giovanni 6:37-40, 44). Coloro che non usano nel modo dovuto le proprie “ricchezze ingiuste” (per esempio assistendo quelli nel bisogno e promuovendo la diffusione della “buona notizia” [Gal. 2:10; Filip. 4:15]) non potrebbero mai essere amici di Dio e di suo Figlio Cristo Gesù. La loro infedeltà nell’uso delle ricchezze ingiuste dimostrerebbe che non si possono affidare loro ricchezze spirituali. (Luca 16:10-12) Persone del genere non potrebbero mai essere buoni economi dell’immeritata benignità di Dio, che dispensino ad altri ricchezza spirituale. — I Piet. 4:10,11.

  • Ricompra, ricompratore
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    • Ricompra, ricompratore

      Il termine ebraico go’èl, che ricorre per la prima volta in Genesi 48:16 (‘colui che libera’), assunse col tempo il significato di “congiunto col diritto di ricomprare (o redimere)”; cioè di liberare, redimere o ricomprare la persona, la proprietà o l’eredità del parente più stretto; veniva pure applicato al vendicatore del sangue. Il parente più stretto che aveva l’obbligo di agire quale ricompratore lo era evidentemente in quest’ordine: (1) fratello, (2) zio, (3) figlio di uno zio, (4) qualunque altro parente consanguineo di sesso maschile. — Lev. 25:48, 49; confronta l’ordine in Numeri 27:5-11; vedi VENDICATORE DEL SANGUE.

      Sotto la legge mosaica, se un israelita, a motivo delle circostanze economiche, si era venduto schiavo, il ricompratore poteva ricomprarlo liberandolo dalla schiavitù. (Lev. 25:47-54) Oppure se aveva venduto la sua eredità terriera, il ricompratore poteva ricomprare la proprietà, ed egli poteva rientrarne in possesso. (Lev. 25:25-27) Comunque nessuna cosa dedicata o votata alla distruzione, neanche una vita umana, poteva essere ricomprata. — Lev. 27:21, 28, 29.

      GEOVA QUALE RICOMPRATORE

      Col sacrificio del suo unigenito Figlio, Geova quale Ricompratore ha provveduto alla liberazione del genere umano dal peccato e dalla morte e dal potere della tomba. Il Figlio dovette venire sulla terra, divenire “simile ai suoi ‘fratelli’ sotto ogni aspetto”, essere di sangue e carne, e quindi stretto parente del genere umano. (Ebr. 2:11-17) L’apostolo Paolo scrive ai cristiani: “Mediante lui abbiamo la liberazione per riscatto per mezzo del suo sangue”. — Efes. 1:7; confronta Rivelazione 5:9; 14:3, 4; vedi RISCATTO.

  • Riconciliazione
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    • Riconciliazione

      Riconciliare significa ristabilire l’armonia o un rapporto amichevole; anche sanare o comporre divergenze. In greco i termini che hanno relazione con la riconciliazione derivano dal verbo allàsso, che fondamentalmente significa “mutare, cambiare”. — Rom. 1:23; confronta Atti 6:14; I Corinti 15:51; Galati 4:20.

      Quindi la forma composta katallàssoi, pur avendo fondamentalmente il significato di “cambiare”, finì per significare “cambiare l’inimicizia di una persona in amicizia, riconciliare”. Paolo usò questo verbo parlando di una donna che doveva ‘riconciliarsi’ col marito dal quale si era separata. (I Cor. 7:11) Il verbo affine diallàsso ricorre in Matteo 5:24 nell’insegnamento di Gesù che bisogna ‘far pace’ col proprio fratello prima di presentare un’offerta sull’altare.

      RICONCILIAZIONE CON DIO

      La riconciliazione con Dio è necessaria perché si è creata una frattura, una separazione, mancanza di armonia o di rapporti amichevoli, addirittura uno stato di inimicizia. Questo è avvenuto a motivo del peccato del primo uomo Adamo e della conseguente peccaminosità e imperfezione ereditata da tutti i suoi discendenti. (Rom. 5:12; confronta Isaia 43:27). L’apostolo poteva quindi dire che “rivolgere la mente alla carne significa inimicizia con Dio, poiché essa non è sottoposta alla legge di Dio, né, infatti, può esservi [a motivo della natura peccaminosa, imperfetta ereditata]. Quindi quelli che sono in armonia con la carne non possono piacere a Dio”. (Rom. 8:7, 8) Esiste inimicizia perché le norme perfette di Dio non consentono che egli approvi o condoni la trasgressione. (Sal. 5:4; 89:14) Del Figlio suo, che rifletteva in modo perfetto le qualità del Padre, è scritto: “Hai amato la giustizia e hai odiato l’illegalità”. (Ebr. 1:9) Perciò, anche se “Dio è amore” e se “Dio ha tanto amato il mondo [del genere umano] che ha dato il suo unigenito Figlio” a favore di questo, resta il fatto che il genere umano nel suo insieme è in uno stato di inimicizia con Dio e che l’amore di Dio è stato un amore nei confronti di nemici, un amore dettato da principi (gr. agàpe) più che da tenerezza o amicizia (gr. philìa). — I Giov. 4:16; Giov. 3:16; confronta Giacomo 4:4.

      Poiché la norma di Dio è una norma di perfetta giustizia, egli non può tollerare o considerare con favore il peccato, che è la violazione della sua espressa volontà. Dio è “clemente e misericordioso”, e “ricco in misericordia” (Sal. 145:8, 9; Efes. 2:4); ma non mostra misericordia senza tener conto della giustizia.

      La base della riconciliazione

      Solo mediante il sacrificio di riscatto di Cristo Gesù è possibile la piena riconciliazione con Dio; egli è “la via” e nessuno ha accesso al Padre se non per mezzo di lui. (Giov. 14:6) La sua morte servì come “sacrificio propiziatorio [gr. hilasmòs] per i nostri peccati”. (I Giov. 2:2; 4:10) Il sostantivo hilasmòs significa “mezzo per placare”, “espiazione”. Chiaramente il sacrificio di Gesù Cristo non era un “mezzo per placare” nel senso di blandire i sentimenti di Dio che erano stati offesi, addolcendolo, poiché la morte del suo diletto Figlio non poteva certo produrre un effetto del genere. Piuttosto quel sacrificio placava o soddisfaceva le esigenze della perfetta giustizia di Dio provvedendo la base equa e giusta per perdonare il peccato, affinché Dio potesse essere “giusto anche quando dichiara giusto l’uomo [per eredità peccatore] che ha fede in Gesù”. (Rom. 3:24-26) Fornendo il mezzo per espiare (o scontare completamente) le azioni illegali e i peccati dell’uomo, il sacrificio di Cristo propiziò (favori) da parte dell’uomo la ricerca e il conseguimento di giuste relazioni col Sovrano Dio. — Efes. 1:7; Ebr. 2:17; vedi RISCATTO.

      In tal modo, per mezzo di Cristo, Dio rese di nuovo possibile “riconciliare a sé tutte le altre cose facendo la pace mediante il sangue che [Gesù] sparse sul palo di tortura”, e perciò coloro che un tempo erano estranei e nemici avendo la mente volta a opere malvage potevano ora essere ‘riconciliati mediante il corpo carnale di lui per mezzo della sua morte, per presentarsi santi e senza difetto e non esposti a nessuna accusa dinanzi a Dio’.

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      Vedi ZUCCA.

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