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  • g90 22/8 pp. 16-20
  • Parte II: I re, come le stelle, sorgono e tramontano

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  • Parte II: I re, come le stelle, sorgono e tramontano
  • Svegliatevi! 1990
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  • Unità sotto la monarchia
  • Re in abiti religiosi
  • L’era delle monarchie assolute
  • “Dèi” ridotti a figure rappresentative
  • Trovate mancanti
  • Una stella diversa
  • Parte V: Potere assoluto: Un bene o un male?
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Svegliatevi! 1990
g90 22/8 pp. 16-20

Il dominio dell’uomo pesato sulla bilancia

Parte II: I re, come le stelle, sorgono e tramontano

Monarchia: governo retto da un capo di stato ereditario, come un re o un imperatore. Regno: forma di governo monarchico retto da un re o da una regina. Impero: vasto territorio comprendente di solito un gruppo di nazioni, stati o popoli sotto il dominio di un unico potere sovrano, retto generalmente da un imperatore.

“ORA avvenne ai giorni di Amrafel re di Sinar . . .”. Qui, nel primo versetto di Genesi capitolo 14, la Bibbia usa per la prima volta la parola “re”. Non sappiamo se Amrafel fosse un altro nome del famoso re Hammurabi di Babilonia, come affermano alcuni. Sappiamo però che, chiunque egli fosse, l’idea del regno dell’uomo non ebbe origine da Amrafel. Varie centinaia d’anni prima c’era stato Nimrod: egli fu ovviamente un re, benché non fosse chiamato così. Infatti fu il primo re umano della storia. — Genesi 10:8-12.

È vero che non abbiamo manufatti che facciano riferimento al re Nimrod o al re Amrafel. “Enmebaragesi, re di Kish, è il più antico governante mesopotamico di cui esistano iscrizioni autentiche”, dice la New Encyclopædia Britannica. Da Kish, antica città-stato della Mesopotamia, viene la parola sumerica per governante, che significa “grosso uomo”. La datazione del periodo di dominio di Enmebaragesi, sebbene non concordi con la cronologia biblica, si avvicina ciò nondimeno al periodo di tempo ammesso dalla Bibbia e, soprattutto, pone l’origine del dominio dell’uomo nella stessa parte della terra dove lo pone la Bibbia.

Unità sotto la monarchia

Si pensa generalmente che la dinastia cinese Shang, o Yin, abbia avuto inizio in qualche tempo fra il XVIII e il XVI secolo a.E.V., sebbene questa datazione sia incerta. Ad ogni modo, le monarchie sono la più antica forma di governo dell’uomo. Sono anche numerose.

La parola “monarca” viene dalle parole greche mònos, che significa “solo”, e àrcho, che significa “comandare”. Perciò nella monarchia una sola persona è investita di suprema autorità e serve per suo proprio diritto come capo di stato permanente. Nella monarchia assoluta, la parola del re è legge.

Le monarchie sono sempre state considerate utili per tenere unite le nazioni. John H. Mundy, professore di storia europea del Medioevo, spiega che nel periodo medievale la teoria politica “sosteneva che l’istituzione della monarchia, poiché trascendeva particolari partiti, era adatta per vaste estensioni con interessi locali contrastanti e diversi”. Queste vaste estensioni con “interessi locali contrastanti” erano spesso il risultato di conquiste militari, giacché i re erano invariabilmente capi militari. Infatti lo storico W. L. Warren dice che la vittoria in guerra era “vista comunemente come il primo requisito di un regno ben riuscito”.

Pertanto la forma di governo monarchico favorì la creazione di potenze mondiali come l’impero greco sotto Alessandro Magno, l’impero romano sotto i Cesari, e, più recentemente, l’impero britannico. Quest’ultimo, quando raggiunse l’apice dello splendore al principio del XX secolo, univa sotto un solo governante circa un quarto della popolazione del mondo e un quarto delle terre emerse.

Re in abiti religiosi

Molti re dell’antichità pretendevano d’essere dèi. Lo storico George Sabine ha rilevato: “A partire da Alessandro, i re ellenistici erano elencati anche fra gli dèi delle città greche. Il re deificato divenne in Oriente un’istituzione universale che alla fine dovette essere adottata dagli imperatori romani”. Egli dice che questa idea della divinità dei re è persistita in Europa “in una forma o nell’altra, fino ai tempi moderni”.

Nell’America Centrale e Meridionale, gli stati aztechi e inca erano considerati monarchie sacre. In Asia fu solo nel 1946 che il defunto imperatore Hirohito del Giappone rinunciò alla sua pretesa d’essere il 124º discendente umano della dea del sole Amaterasu ō-mikami.

Anche se non tutti i re pretendevano d’essere dèi, la maggioranza d’essi sosteneva come minimo d’avere l’appoggio divino. L’essere prescelto per rappresentare Dio sulla terra presupponeva un carisma sacerdotale. John H. Mundy spiega che “l’antica idea che i re stessi avessero caratteristiche sacerdotali si diffuse in Occidente, facendo del principe il capo amministrativo della sua chiesa e il direttore del suo apostolato”. Era un concetto religioso “derivato dall’associazione costantiniana fra chiesa e stato [nel IV secolo E.V.] e dal fatto che la chiesa assorbì parallelamente il pensiero neoplatonico”. La benedizione religiosa elargita al momento dell’incoronazione conferiva al dominio del re una legittimità che altrimenti sarebbe mancata.

Nel 1173 Enrico II d’Inghilterra cominciò a usare il titolo “re per grazia di Dio”. Di qui nacque l’idea in seguito conosciuta come diritto divino dei re, secondo cui il potere del re era ereditario. Si supponeva che Dio manifestasse la sua scelta attraverso l’evento della nascita. Nel 1661 Luigi XIV di Francia mise in atto una versione estrema di questa dottrina assumendo il controllo totale del governo. Considerava l’opposizione un peccato contro l’Iddio che rappresentava. “L’état c’est moi! [Lo Stato sono io]”, si vantava.

Un’idea simile fece la sua comparsa in Scozia più o meno nello stesso periodo. Mentre governava la Scozia col nome di Giacomo VI ma prima di diventare re Giacomo I d’Inghilterra nel 1603, questo monarca scrisse: “I re sono chiamati dèi . . . perché siedono sul Trono di DIO in terra e devono rendere conto a Lui della loro amministrazione”. Non sappiamo fino a che punto questa convinzione influisse sulla decisione di Giacomo di autorizzare la traduzione della Bibbia in inglese. Conosciamo però il risultato, la “Bibbia del re Giacomo”, una versione inglese ancora estesamente usata dai protestanti.

L’era delle monarchie assolute

Dal principio del Medioevo in poi, le monarchie furono la tipica forma di governo. I re escogitarono un modo facile e conveniente di governare delegando l’autorità a importanti proprietari terrieri. Questi, a loro volta, instaurarono un sistema politico e militare detto feudalesimo. In cambio del servizio militare e di altri servizi, i proprietari terrieri concedevano ai loro vassalli le terre. Ma più i proprietari terrieri divenivano efficienti e potenti, più il regno era soggetto a disgregarsi in blocchi di potere feudale.

Oltre a questo, il sistema feudale privava i cittadini della dignità e della libertà. Erano dominati da signori militari, del cui reddito erano i principali responsabili. Defraudato dell’istruzione e di opportunità culturali, “il servo aveva pochi diritti da far valere per legge contro il signore del feudo”, dice la Collier’s Encyclopedia. “Non poteva sposarsi, trasmettere la conduzione dei terreni agli eredi né lasciare il feudo senza il consenso del signore”.

Nelle monarchie assolute questo non era l’unico modo di governare. Alcuni re affidavano posti amministrativi a persone che in seguito potevano essere rimosse dall’incarico, se lo si reputava necessario. Altri re affidavano l’amministrazione locale a istituzioni popolari che governavano per mezzo della consuetudine e delle pressioni sociali. Ma tutti questi metodi erano, in un modo o nell’altro, insoddisfacenti. Ciò nondimeno, scrittori del XVII secolo come l’inglese sir Robert Filmer e il francese Jacques-Bénigne Bossuet sostenevano ancora che l’assolutismo era l’unica forma giusta di governo. Comunque, aveva i giorni contati.

“Dèi” ridotti a figure rappresentative

Nonostante la diffusa idea che i monarchi dovessero rendere conto solo a Dio, da tempo si voleva che fossero tenuti a rendere conto alle leggi, alle usanze e alle autorità degli uomini. Nel XVIII secolo, “i monarchi usavano una retorica diversa da quella dei sovrani del XVII secolo”, dice The Columbia History of the World, aggiungendo, però, che “a parte la retorica, erano ancora sovrani”. Quindi spiega che “quando Federico il Grande si definì il ‘primo servo dello stato’ e ripudiò il diritto divino dei re, non pensava di ripudiare il potere”.

Ciò nondimeno, dopo la rivoluzione del 1688 in Inghilterra e la Rivoluzione francese del 1789, l’assolutismo aveva ormai fatto il suo tempo. Gradualmente le monarchie assolute cedettero il passo alle monarchie limitate con un’assemblea legislativa o una costituzione, o entrambe le cose. In contrasto con il XII secolo quando “il regno era ancora ciò che un re era capace di farne, e ciò che i suoi sudditi erano preparati ad accettare”, per citare lo storico W. L. Warren, oggi il potere politico della maggioranza dei re e delle regine è piuttosto limitato.

Naturalmente alcuni monarchi esercitano ancora considerevole potere. Ma i più hanno da lungo tempo perduto la loro aureola di “divinità” e si accontentano d’essere figure rappresentative, figure centrali del potere attorno a cui i popoli possono essere incoraggiati a raccogliersi in segno di lealtà. Le monarchie limitate hanno cercato di conservare le caratteristiche unificatrici del dominio di un solo uomo mentre ne hanno eliminato gli aspetti negativi concedendo il potere effettivo a un’assemblea legislativa.

L’idea delle monarchie limitate è ancora in voga. Solo nel 1983 Krishna Prasad Bhattarai, leader del Partito del Congresso Nepalese, si espresse a favore di una monarchia ‘come barriera per arginare il caos’, dicendo che ‘il re è essenziale per l’unità del paese’. E sebbene nel 1987 i francesi stessero facendo gli ultimi preparativi per celebrare il bicentenario della Rivoluzione francese, il 17 per cento degli intervistati si espresse a favore di un ritorno alla monarchia. Un appartenente a un gruppo monarchico disse: “Il re è il solo mezzo per unire una nazione che da tanto tempo è divisa da lotte politiche”.

Lo stesso anno la rivista Time osservò: “La regalità ispira lealtà forse perché i monarchi sono le ultime grandi icone della nostra epoca secolarizzata, le sole figure più grandi del normale che possono ancora ispirare a credere pur essendo avvolte nel mistero. Se Dio è morto, evviva la Regina!” Ma poi, vedendo le cose in modo più realistico, aggiungeva che “il potere sovrano della Regina [d’Inghilterra] sta soprattutto nella sua appariscente mancanza di potere”.

Trovate mancanti

Le monarchie assolute sono insoddisfacenti. Per la loro stessa natura, sono instabili. Prima o poi, ogni governante muore e il suo posto dev’essere preso da un successore, che il più delle volte è scelto in base alla discendenza e non per le sue elevate doti morali o la sua capacità. Chi può garantire che un figlio sarà bravo come il padre? O se il padre era cattivo, che il figlio sarà meglio?

Inoltre, come fa notare Cristiano Grottanelli, “la scelta del successore regale” in molti casi “è indicata solo in modo approssimativo, il che può far nascere una competizione tra i discendenti reali idonei all’elezione. Quindi il periodo che segue la morte di un re è di solito un periodo di caos sociale (e cosmico), sia in senso letterale che simbolico”.

La monarchia assoluta è il governo di una sola persona, per cui la sua efficacia dipende dalla bravura del governante. Le sue doti e i suoi lati buoni si potranno rispecchiare nel suo governo ma altrettanto potrà dirsi delle sue debolezze, dei suoi limiti e della sua mancanza di conoscenza. Anche le persone di sangue blu sono imperfette. I re cattivi stabiliscono governi cattivi, forse i re buoni ne stabiliscono di migliori, ma solo un re perfetto può stabilire il tipo di governo che l’umanità desidera e merita.

Anche le monarchie parlamentari o limitate lasciano a desiderare. In questo secolo, nel Regno Unito, i re e le regine d’Inghilterra, semplici figure rappresentative, hanno assistito allo smembramento del più grande e del più potente impero che il mondo avesse mai conosciuto.

Una stella diversa

I re, come le stelle, sorgono e tramontano, con una sola eccezione. Parlando di se stesso Gesù Cristo dice d’essere “la radice e la progenie di Davide, e la luminosa stella del mattino”. (Rivelazione 22:16) Essendo un diretto discendente del re Davide secondo la carne, Gesù è idoneo per essere Re del governo di Dio. Quale “luminosa stella del mattino”, Gesù è anche la “stella mattutina” che Pietro disse sarebbe sorta e avrebbe fatto albeggiare il giorno. — 2 Pietro 1:19; Numeri 24:17; Salmo 89:34-37.

Sulla base di questi fatti, è saggio rivolgersi alle stelle cadenti delle monarchie umane per avere una guida? Sarebbe saggio invece riporre le nostre speranze nel Re costituito da Dio, Gesù Cristo, “il Re di quelli che governano come re e il Signore di quelli che governano come signori, il solo [al di sopra di tutti i re umani] che ha immortalità”. (1 Timoteo 6:15, 16) Essendo già sorto come Re invisibile nei cieli, presto farà spuntare il mattino di un nuovo mondo. È una stella, un re il quale, ora che è sorto, non tramonterà mai!

[Immagine a pagina 17]

Alla morte anche il migliore re umano lascia la sua opera in mani incerte

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