Battesimo ‘nel nome di’
UNO studio delle migliaia di antichi papiri non religiosi rinvenuti agli inizi del secolo nelle sabbie dell’Egitto permette spesso di capire meglio le Scritture Greche Cristiane. In che modo? Vedendo come venivano usate certe parole, siamo aiutati a comprendere più accuratamente l’uso degli stessi termini nel contesto scritturale.
Ne è un esempio l’espressione ‘nel nome di’ che Gesù usò quando, prima di ascendere al cielo, comandò ai discepoli: “Andate dunque e fate discepoli di persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo”. — Matteo 28:19.
Gli studiosi hanno scoperto che negli scritti secolari l’espressione ‘nel nome di’ è usata in riferimento a versamenti eseguiti “sul conto di qualcuno”. Alla luce della testimonianza dei papiri, il dott. G. Adolf Deissmann, docente di teologia, sostenne che “il concetto sotteso . . . alle espressioni battezzare nel nome del Signore, o credere nel nome del Figlio di Dio, è che il battesimo o la fede sanciscono l’appartenenza a Dio o al Figlio di Dio”. — Corsivo dell’autore.
Fatto interessante, un’espressione analoga era in uso fra gli ebrei del tempo di Gesù, come spiega il Grande Lessico del Nuovo Testamento di G. Kittel: “La circoncisione di un proselito viene eseguita . . . ‘per il nome di proselito’, per accoglierlo nel giudaismo; tale circoncisione avviene . . . ‘per il nome del patto’, per accogliere il proselito nell’alleanza”. (Paideia, Brescia, 1972, volume VIII, colonna 752) In tal modo viene stabilita una relazione e il non giudeo diviene un proselito soggetto all’autorità del patto.
Così, per il cristiano, il battesimo che segue la dedicazione stabilisce un’intima relazione con Geova Dio, suo Figlio Gesù Cristo e lo spirito santo. Il convertito riconosce la loro rispettiva autorità nel suo nuovo modo di vivere. Considerate come questo può dirsi di ciascuno dei tre.
Riconoscendo l’autorità di Dio ci avviciniamo a lui e stringiamo con lui una relazione. (Ebrei 12:9; Giacomo 4:7, 8) Diventiamo proprietà di Dio come suoi schiavi, acquistati a prezzo del sacrificio di riscatto di Gesù Cristo. (1 Corinti 3:23; 6:20) Inoltre l’apostolo Paolo disse ai cristiani del I secolo che appartenevano a Gesù Cristo, non ad alcun uomo che poteva aver portato loro la verità. (1 Corinti 1:12, 13; 7:23; confronta Matteo 16:24). Il battesimo nel nome del Figlio implica che si riconosca questo fatto, accettando Gesù come “la via e la verità e la vita”. — Giovanni 14:6.
Anche lo spirito santo è essenziale per avere una giusta relazione con Geova e con Gesù Cristo. Il battesimo nel nome dello spirito santo mostra che riconosciamo il ruolo dello spirito nei rapporti che Dio ha con noi. Intendiamo seguirne la guida, non ignorandolo né agendo contrariamente ad esso, cosa che impedirebbe ad esso di operare tramite noi. (Efesini 4:30; 1 Tessalonicesi 5:19) La natura impersonale dello spirito non crea nessun problema né per quanto riguarda l’uso né per il senso, così come non ne creava nel giudaismo l’uso dell’espressione “per il nome del patto”.
Al tempo della dedicazione e del battesimo, quindi, dobbiamo riflettere in preghiera su ciò che la nostra nuova relazione comporta. Essa richiede sottomissione alla volontà di Dio, dimostrata dall’esempio e dal provvedimento di riscatto di Gesù Cristo, da compiersi mediante lo spirito santo mentre guida tutti i servitori di Dio nell’amore e nell’unità in tutto il mondo.