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Speranza per chi non l’ha piùLa Torre di Guardia 1984 | 15 gennaio
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Speranza per chi non l’ha più
“TUTTE le cose che furono scritte anteriormente furono scritte per nostra istruzione, affinché per mezzo della nostra perseveranza e per mezzo del conforto delle Scritture avessimo speranza”. (Romani 15:4) Vengono in mente queste parole dell’apostolo Paolo quando si apprende che uno dei principali problemi di coloro che tentano il suicidio è la disperazione, la perdita della speranza. Il “conforto delle Scritture” è in grado di eliminare la disperazione? In innumerevoli casi sì. Eccone alcuni esempi:
Una giovane donna aveva appena aperto i rubinetti del gas per uccidersi, quando un testimone di Geova bussò alla sua porta e le offrì una nuova speranza basata sulla Bibbia.
Un’altra ragazza, le cui speranze per il futuro si erano infrante dopo che un incidente automobilistico l’aveva lasciata paralizzata, tentò varie volte il suicidio. Poi i testimoni di Geova l’aiutarono a trovare il “conforto delle Scritture”, cosa che le diede di nuovo una speranza.
Un uomo anziano era rimasto vedovo proprio alle soglie del cinquantesimo anniversario di matrimonio. Quest’uomo era molto depresso, e proprio nel momento in cui stava preparando il veleno per uccidersi suonarono alla porta i testimoni di Geova, che gli mostrarono come il messaggio biblico poteva dare un nuovo scopo alla sua vita.
Queste persone hanno imparato a ‘sperare in Geova, a essere coraggiose’. (Salmo 27:14) Hanno imparato ad appoggiarsi a lui per ricevere forza, ‘gettando il loro peso su Geova, che le ha sostenute’. (Salmo 55:22) Hanno anche appreso quali sono i propositi di Geova per il futuro, e man mano che quello splendido panorama si spiegava dinanzi a loro, la loro situazione attuale diveniva meno importante, meno oppressiva. Il “conforto delle Scritture” ha effettivamente salvato loro la vita.
Ma che dire se qualcuno è aggravato da profondi sensi di colpa o non prova gioia, per cui giunge alla conclusione che “l’Iddio che dà speranza” deve averlo abbandonato? (Romani 15:13) Può questa persona ricevere ‘conforto dalle Scritture’? Sì. “Geova è vicino a quelli che hanno il cuore rotto; e salva quelli che sono di spirito affranto”. (Salmo 34:18) Veramente egli non li abbandona.
Sentimenti di colpa
Per esempio, è comprensibile che uno che ha commesso un grave peccato si chieda per qualche tempo se Dio lo perdonerà mai. Quando subentra lo shock derivante dalla consapevolezza dell’errore commesso, può sentirsi l’individuo peggiore e più indegno del mondo. È vero che Geova odia il peccato, ma è anche vero che ha misericordia dei peccatori che sono sinceramente pentiti e abbandonano la loro condotta errata. Egli li perdona “in larga misura”. — Isaia 55:7.
L’antico re Davide lo sapeva. Infatti scrisse: “Poiché tu, o Geova, sei buono e pronto a perdonare; e l’amorevole benignità a tutti quelli che ti invocano è abbondante”. (Salmo 86:5) Davide visse una lunga vita di fedeltà, ma nel corso d’essa commise alcuni peccati veramente gravi. Nondimeno, ogni volta, tornato in sé e resosi conto di ciò che aveva fatto, si pentì sinceramente e si rivolse a Dio in preghiera, fiducioso che Dio lo avrebbe perdonato. — Salmo 51:9-12.
Non vogliamo imitare i peccati di Davide, ma se dovessimo commettere un peccato, possiamo imitare il suo sincero e sentito pentimento, riconoscendo apertamente l’errore commesso e avendo fede che Geova desidera perdonarci. — I Giovanni 2:1, 2.
Ma se per qualche motivo un cristiano non prova né gioia né pace mentale, non è questa una prova che lo spirito di Dio lo ha abbandonato? Non necessariamente. È vero che i cristiani sono persone gioiose, ma a volte possono essere molto addolorate. Capitò anche a Gesù, ad esempio nel giardino di Getsemani poco prima della sua morte. Il racconto biblico dice: “Ma entrato in agonia, continuò a pregare più intensamente; e il suo sudore divenne come gocce di sangue che cadevano al suolo”. (Luca 22:44) Vi capita mai di sentirvi in colpa perché siete angosciati a causa delle varie prove che dovete affrontare? In tal caso dovreste chiedere conforto a Geova, come fece Gesù.
Ma per un cristiano voler morire non è forse un desiderio malvagio? Ebbene, ricordate come si sentiva Giobbe quando era depresso? Era affetto da una malattia che lo faceva soffrire molto. Era tormentato da falsi amici e credeva che Geova lo avesse abbandonato. Allora gemé ad alta voce, dicendo: “La mia anima prova per certo disgusto della mia vita”. (Giobbe 10:1; 14:13) A Giobbe la morte, anziché quel nemico che essa effettivamente è, sembrava un modo per sfuggire alla sua agonia e trovare riposo. — I Corinti 15:26.
Se Giobbe, a causa del suo tormento, avesse messo in atto quel pensiero, tentando di togliersi la vita, quello sì che sarebbe stato un grave peccato. Ma quando si è disperati e infelici o emotivamente sconvolti, non sempre si riesce a controllare i pensieri che passano per la mente. Comunque, se ci accorgessimo di soffermarci su pensieri di morte o ci augurassimo di continuo di essere morti, dovremmo prenderlo come un campanello d’allarme. È tempo di fare subito qualcosa. Che cosa?
‘Chiedere aiuto’
Una giovane donna aveva seri problemi economici e coniugali. In un momento di crisi prese una forte dose di farmaci, alla quale fortunatamente sopravvisse. Riflettendo sui motivi del suo gesto, ora dice: “Penso che il problema fosse dovuto al fatto che non avevo detto a nessuno ciò che provavo. Non che avessi fatto i piani per suicidarmi. Semplicemente la tensione dentro di me aumentò finché all’improvviso commisi quel gesto inconsulto”. Il suo consiglio? “Chiedete aiuto prima di arrivare a quel punto”.
Questo è un buon consiglio. A volte quando siamo emotivamente sotto stress i nostri pesi possono sembrarci troppo grandi. Il nostro senso di colpa, il dolore o la disperazione possono sembrare insopportabili. Ma chi ha detto che dobbiamo portare i nostri pesi da soli? Tramite l’apostolo Paolo, Geova Dio comanda: “Continuate a portare i pesi gli uni degli altri”. (Galati 6:2) Ci sono altri che desiderano aiutarci. Possono averne l’obbligo. Ma spesso non possono sapere quanto abbiamo bisogno di aiuto se non glielo diciamo.
Una ragazza, tre dei cui amici si erano suicidati, chiese angosciata: “Come potevamo immaginarlo? . . . Come potevamo dar loro l’aiuto necessario se non sapevamo ciò che provavano?” Può essere enormemente difficile parlare ad altri dei propri problemi. Ma è sorprendente vedere con quanta facilità escono le parole una volta che si inizia a parlare. E siate certi che ci sono persone che desiderano aiutarvi. Vediamo chi sono alcune di queste.
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Pensate agli altri
Una ragazza che aveva propositi suicidi spiega che cosa la trattenne: “Il suicida lascia dietro di sé sofferenze, dolore e sensi di colpa, cose molto più sconvolgenti e permanenti dei problemi che gli sembravano insopportabili”. — Matteo 7:12.
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Le cose miglioreranno
“A questo mondo nulla dura per sempre. . . . Sappiamo che la liberazione è vicina”. Questo pensiero ha indotto una persona a rinunciare all’idea di suicidarsi.
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Si può cambiare idea
Il dott. Herbert Hendin dice che nel corso degli anni ha conosciuto quattro persone che si erano gettate da alti palazzi e non erano morte. Due gli dissero che nel momento stesso in cui si erano gettate avevano cambiato idea. — “Suicide in America”, di Herbert Hendin.
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Offrono il loro aiutoLa Torre di Guardia 1984 | 15 gennaio
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Offrono il loro aiuto
“VI ESORTIAMO, fratelli: . . . parlate in maniera consolante alle anime depresse”. (I Tessalonicesi 5:14) Scrivendo queste parole alla congregazione di Tessalonica, l’apostolo Paolo mostrò che la congregazione cristiana è un’importante fonte d’aiuto provveduta da Dio per coloro che sono depressi. Qualsiasi cristiano si senta sopraffatto da sentimenti negativi può trovare conforto e aiuto fra i suoi fratelli cristiani.
Il discepolo Giacomo raccomandò di chiedere aiuto agli anziani nominati della congregazione. Egli disse: “Vi è qualcuno malato fra voi? Chiami gli anziani della congregazione presso di sé, e preghino su di lui, spalmandolo d’olio nel nome di Geova. E la preghiera della fede farà star bene l’indisposto e Geova lo desterà”.— Giacomo 5:14, 15.
Che dire se qualcuno è restio a chiedere aiuto agli anziani? Una donna che aveva un serio problema era riluttante a chiedere aiuto, e ne spiega la ragione: “Qualcosa in fondo alla mia mente mi diceva che gli anziani non avrebbero capito, che avrebbero detto che era colpa mia”. Ma dopo una preoccupante crisi familiare fu indotta a recarsi da loro. Cosa trovò? “Gli anziani non sono perfetti. Ma mi hanno capita”.
Si ricordi comunque che l’apostolo Paolo incoraggiò l’intera congregazione a ‘confortare le anime depresse’. Gli anziani desiderano offrire il loro aiuto. Ma chi è depresso può rivolgersi a qualsiasi persona matura di cui abbia fiducia. I ragazzi probabilmente si rivolgeranno ai genitori. Le donne forse preferiranno discutere certe cose con sorelle cristiane esperte, “maestre di ciò che è bene”. (Tito 2:3) La cosa importante è PARLARNE CON QUALCUNO.
Ma cosa potreste fare se una persona scoraggiata si rivolgesse a voi per avere aiuto? Che dire se foste voi a prendere l’iniziativa di aiutare una tale persona? Ci sono alcune cose da tener presente.
Consolazione e compassione
Ricordate la necessità di non esprimere giudizi frettolosi sulla spiritualità di coloro che sono depressi. Paolo disse che questi hanno bisogno di conforto. Perciò facciamo bene a mostrare loro le qualità di cui egli parlò scrivendo ai filippesi: “Se, dunque, vi è qualche incoraggiamento in Cristo, se qualche consolazione d’amore, se qualche partecipazione di spirito, se dei teneri affetti e compassioni, rendete la mia gioia piena in quanto siete dello stesso pensiero e avete lo stesso amore”. (Filippesi 2:1, 2) Incoraggiamento, amore, consolazione, partecipazione di spirito, tenero affetto e compassione possono avere uno splendido effetto sanatore su una persona depressa.
L’apostolo Pietro menzionò un’altra ottima qualità quando disse: “Siate tutti dello stesso pensiero, mostrando i medesimi sentimenti, esercitando amore fraterno, teneramente affezionati”. (I Pietro 3:8) Chiunque nutre “i medesimi sentimenti”, cioè riesce a mettersi nei panni dell’altra persona, a conquistarne la fiducia e a parlarle in maniera consolante, ha un eccellente dono per aiutare i depressi.
Depressione grave
Ma che fare se qualche componente della congregazione è affetto da una grave forma di depressione? Supponiamo che si senta del tutto inutile, colpevole, impotente o disperato, e che qualsiasi cosa gli si dica non sembri aiutarlo. Innanzi tutto gli si dovrebbe consigliare di rivolgersi a un medico, perché i gravi stati di depressione hanno spesso una causa fisica.a Ma a parte l’assistenza di uno specialista, la congregazione ha ugualmente un ruolo importante da svolgere.
I componenti della congregazione dovrebbero evitare di criticare la persona depressa o di dirle di ‘controllarsi’ o di ‘uscire da quello stato’. Un uomo ha detto che sua moglie, sofferente di depressione, è stata a volte sul punto di suicidarsi. Perché? Il marito riconosce che in parte ciò è stato dovuto alla mancanza di comprensione da parte sua e di altri nei riguardi della moglie.
Alcuni hanno trovato utile parlare alla persona depressa di cose che un tempo sapeva, ma che forse ora trova difficile credere perché la depressione le ha confuso la mente. Parlatele di Geova, “il Padre delle tenere misericordie e l’Iddio d’ogni conforto”. (II Corinti 1:3) Ricordatele che Geova è pronto a perdonare “in larga misura”. (Isaia 55:7) Parlate delle bellezze della creazione di Geova e rammentatele eventuali esperienze piacevoli che può avere avuto a questo riguardo. Parlatele della felice compagnia di cui godeva nella congregazione, di quanto vuol bene alla sua famiglia e di come il suo amore è ricambiato dai familiari. Ribadite che anche se non potete capire pienamente quanto si senta male, l’esperienza di altri mostra che col tempo migliorerà. Siate disposti ad ascoltare con ‘amore fraterno e tenero affetto’ qualsiasi cosa abbia da dire, per quanto illogica possa essere a causa del suo sconvolgimento emotivo.
Se dovesse parlare di suicidio, prendetela seriamente. E se non menziona il suicidio, ma avete ugualmente motivo di credere che ci stia pensando, non esitate a parlarne. Potreste forse dire qualcosa del genere: “So che in questo momento ti senti veramente male, probabilmente molto peggio di quanto io non possa immaginare. Sai, quando ci si sente così, a volte si potrebbe pensare che la cosa migliore sia quella di farla finita. A te è mai capitato?” Se ci aveva pensato, questo farà sì che se ne parli apertamente e la aiuterà a liberarsi del senso di colpa che simili pensieri comportano.
‘La calcolatrice non funziona bene’
Un medico che è anche un anziano cristiano dice: “A volte faccio l’esempio di una calcolatrice tascabile. Se le batterie sono scariche, il risultato delle operazioni non sarà attendibile, indipendentemente dai numeri battuti. Perciò, a chi soffre di qualche grave forma di depressione dico che le sue ‘batterie’ si sono temporaneamente scaricate. Farà quindi pensieri strani e arriverà a certe conclusioni bizzarre. Ma questo succederà solo finché esiste il disturbo. Eliminato questo, le cose andranno meglio”.
Lo stesso medico aggiunge: “Quando una persona è in questo stato, ciò che conta non è sempre quel che diciamo. Come conservi cristiani, facciamo del nostro meglio per essere comprensivi. Forse gli anziani possono trovare qualcuno che ha una grande esperienza nella vita, il quale può parlare con la persona o anche solo ascoltarla. Molte volte ho riscontrato che la persona depressa ha ricevuto il massimo aiuto da un’anziana sorella cristiana che ha sofferto anche lei di grave depressione, la quale può mettersi seduta, batterle affettuosamente la mano sulla spalla e dirle: ‘So cosa provi’”.
Ci si può riuscire
È vero che per chi soffre emotivamente a causa di sentimenti negativi superarli può sembrare uno sforzo immane. E fare uno sforzo è proprio l’ultima cosa che la persona depressa si sente di fare. Ma il suicidio non è la soluzione. Una donna rimase depressa per un lungo periodo. Non voleva mangiare, non riusciva a dormire, non aveva energie, era nervosa, tesa e voleva morire. Ora scrive: “Fatevi coraggio. Non importa da quanto tempo soffriate e quale sia il problema. Geova può aiutarvi e lo farà. Io ne sono una prova”. — Filippesi 4:13.
C’è un’altra cosa che possiamo fare per aiutare i depressi. Possiamo pregare per loro secondo ciò che espresse l’apostolo Paolo quando disse: “Lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio nostro Padre, che ci ha amati e ci ha dato conforto eterno e buona speranza mediante l’immeritata benignità, confortino i vostri cuori e vi rendano fermi in ogni opera e parola buona.” — II Tessalonicesi 2:16, 17.
[Nota in calce]
a Per una più estesa trattazione delle cause e delle terapie della depressione, si vedano gli articoli “Cosa si può fare per combattere la depressione” e “Terapie delle gravi forme di depressione”, pubblicati nell’altra nostra rivista, Svegliatevi! (rispettivamente dell’8 febbraio e dell’8 aprile 1982). Per ulteriori suggerimenti su come aiutare i depressi, si vedano gli articoli “Parlate in maniera consolante alle anime depresse” (La Torre di Guardia del 15 ottobre 1982) e “Una lingua ammaestrata per ‘incoraggiare lo stanco’” (La Torre di Guardia del 1 novembre 1982).
[Riquadro a pagina 10]
Qualcuno che conoscete sta pensando al suicidio?
Forse sì, se è profondamente depresso e inoltre manifesta sintomi come questi:
● Parla di suicidio o ci pensa.
● Perde l’interesse per la vita, la famiglia e gli amici.
● Non riesce a dormire.
● Non ha appetito.
● Ha un debole desiderio sessuale.
● Diviene improvvisamente calmo dopo una grande agitazione.
● Sistema i suoi affari, cambia il suo stile di vita o trascura la propria persona.
● Diventa depresso quando un parente o un amico muore o si suicida.
● È affetto da una grave malattia.
● Perde il lavoro o viene separato dalla famiglia.
Da un elenco pubblicato nella rivista “Medical Tribune”.
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