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AteneAusiliario per capire la Bibbia
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ma non si può affermare con precisione se si trattasse del colle che portava questo nome o del tribunale detto dell’Areopago. Alcuni dicono che ai giorni di Paolo il tribunale non si riuniva più sul colle ma nell’agorà.
L’eloquente testimonianza di Paolo di fronte a quei dotti di Atene è una lezione di tatto e discernimento. Egli spiegò che non predicava una nuova divinità, ma il Creatore stesso del cielo e della terra che non dimora in templi costruiti dall’uomo, e con tatto menzionò il dio sconosciuto di cui aveva visto l’altare, e persino citò le opere di Arato, poeta della Cilicia, e l’Inno a Zeus di Cleante. (Atti 17:22-31) Anche se la maggioranza si fece beffe di lui, alcuni ateniesi, fra cui Dionisio giudice dell’Areopago e una donna di nome Damaride, divennero credenti. (Atti 17:32-34) La storia non dice se ad Atene fosse formata in quel tempo una congregazione cristiana.
STORIA PIÙ RECENTE
Dopo i giorni di Paolo Atene continuò ancora per molto tempo a essere famosa come centro culturale. L’imperatore Adriano portò a termine nel 129 E.V. la costruzione dell’imponente tempio di Zeus detto Olimpieo, iniziato da Pisistrato nel VI secolo a.E.V. e ricostruito da Antioco IV fra il 174 e il 164 a.E.V. Questo tempio, lungo 97 m e largo 40 m circa, era il più grande della Grecia e uno dei più grandi del mondo. Se ne possono ammirare ancora le rovine nella parte SE dell’Acropoli. Adriano iniziò anche la costruzione di un acquedotto, tuttora in uso ad Atene.
Ma nel 529 E.V. l’imperatore Giustiniano proibì lo studio e l’insegnamento della filosofia ad Atene e così ebbe fine la gloria dell’antica città. In seguito decadde diventando in epoca bizantina una città provinciale, e il Partenone e l’Eretteo furono trasformati in chiese della cristianità. Seguirono oltre 250 anni di dominazione latina, quindi 375 anni di dominio turco. Il Partenone fu allora trasformato in una moschea musulmana. Quando l’ultima roccaforte turca fu conquistata dai greci nel 1833, Atene fu scelta come capitale del nuovo regno di Grecia. Dopo di che, da semplice villaggio con meno di 5.000 abitanti nel 1834, Atene si è sviluppata rapidamente in una fiorente città moderna con un agglomerato urbano di oltre 2.540.000 abitanti.
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AttaliaAusiliario per capire la Bibbia
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Attalia
(Attàlia).
Al termine del primo viaggio missionario Paolo s’imbarcò dal porto di Attalia, sulla costa della Panfilia in Asia Minore, alla volta di Antiochia in Siria, distante circa 480 km. — Atti 14:24-26.
Attalia, la moderna Adalia o Antalya, fu fondata da Attalo II, re di Pergamo (159–138 a.E.V.), alla foce di un fiume, sul golfo omonimo. Divenne il principale porto della Panfilia e uno sbocco per la ricca regione interna della Frigia SO, da cui era naturale imbarcarsi verso la Siria e l’Egitto. dalla parte centrale dell’Asia Minore. Sorta in origine come porto della vicina Perga, da cui distava solo pochi km, al tempo degli apostoli Attalia l’aveva già superata per importanza.
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Atteggiamenti e gestiAusiliario per capire la Bibbia
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Atteggiamenti e gesti
Le Scritture abbondano di riferimenti a posizioni del corpo e gesti, e la descrizione che ne fa la Bibbia basta a dimostrare che erano molto simili a quelli tuttora in uso nel Medio Oriente. Gli orientali sono molto più espansivi e meno inibiti nell’esprimere i propri sentimenti di molti popoli occidentali. Sia accompagnati da parole che senza parole, atteggiamenti e gesti assumevano considerevole forza e significato.
PREGHIERA, RISPETTO, UMILTÀ
In piedi. Presso gli ebrei e molti altri popoli menzionati nella Bibbia non c’era una posizione stabilita per la preghiera. Tutti gli atteggiamenti assunti erano molto rispettosi. Quella di stare in piedi era una posizione comune nel pregare, ed è menzionata anche da Gesù. (Mar. 11:25) Immediatamente dopo il battesimo Gesù evidentemente pregava stando in piedi quando il cielo si aprì e lo spirito santo in forma corporea simile a una colomba scese su di lui, mentre la voce stessa di Dio parlava dai cieli. — Luca 3:21, 22.
In ginocchio. Gli atteggiamenti e le posizioni degli orientali nell’esprimere rispetto l’uno per l’altro e specialmente nel rivolgersi ai superiori erano molto simili agli atteggiamenti assunti nella preghiera. Troviamo esempi di alcuni inginocchiati per supplicare altri. Questo non era fatto per adorare il superiore, ma per riconoscerne la posizione o l’incarico, con profondo rispetto. — Matt. 17:14; Mar. 1:40; 10:17; II Re 1:13.
Con le braccia protese. Sia stando in piedi che in ginocchio, le palme delle mani erano a volte protese verso i cieli oppure le mani erano alzate o protese in avanti come per supplicare. (I Re 8:22; II Cron. 6:13; Nee. 8:6) A volte si sollevava il viso (Giob. 22:26), o si alzavano gli occhi al cielo. — Matt. 14:19; Mar. 7:34; Giov. 17:1.
Seduti. Un’altra posizione comune nella preghiera era quella del supplicante che evidentemente s’inginocchiava e poi si sedeva sui talloni. (I Cron. 17:16) In questa posizione poteva chinare la testa sul petto. Oppure, come fece Elia, poteva rannicchiarsi per terra e mettere il viso fra le ginocchia. — I Re 18:42.
Inchinati. Gli ebrei, ovunque si trovassero, adoravano voltando la faccia verso Gerusalemme e il suo tempio. (I Re 8:42, 44; Dan. 6:10) Più spesso erano soliti inchinarsi nel salutare altri o nel rivolgersi loro per questioni di affari o per manifestare grande rispetto. Giacobbe s’inchinò sette volte quando incontrò Esaù. (Gen. 33:3) Salomone, benché fosse re, mostrò rispetto a sua madre inchinandosi a lei. — I Re 2:19.
Inchinandosi si poteva anche indicare di riconoscere la propria sconfitta. (Isa. 60:14) I vinti potevano presentarsi al vincitore vestiti di sacco e, per di più, con funi sul capo per chiedere misericordia. (I Re 20:31, 32) Alcuni ritengono che tali funi fossero messe intorno al collo per indicare che erano prigionieri e sottomessi.
Benché fosse una cosa comune per gli ebrei inchinarsi dinanzi alle autorità in segno di rispetto, Mardocheo rifiutò di inchinarsi davanti ad Aman. Questo perché Aman, essendo agaghita, molto probabilmente era amalechita, e Geova aveva detto che avrebbe cancellato completamente il ricordo degli amalechiti di sotto i cieli e avrebbe fatto loro guerra di generazione in generazione. (Eso. 17:14-16) L’atto di inchinarsi o prostrarsi sarebbe stato un segno di pace verso Aman, quindi Mardocheo rifiutò di compierlo perché avrebbe violato il comando di Dio. — Est. 3:5.
Prostrati. Giosuè si prostrò davanti a un angelo, “come principe dell’esercito di Geova”, non per adorarlo, ma riconoscendone l’incarico superiore e il fatto che ovviamente gli portava un messaggio di Geova. — Gios. 5:14.
Quando Gesù era sulla terra, alcuni si prostrarono dinanzi a lui per supplicarlo e rendergli omaggio ed egli non li rimproverò. Questo perché era stato nominato Re, era il Re designato, come egli stesso disse: “La regale maestà di Dio si è avvicinata”. (ED) “Il regno di Dio si è avvicinato”. (NM, Mar. 1:15) Gesù era l’erede al trono di Davide ed era dunque giusto onorarlo come re. — Matt. 21:9; Giov. 12:13-15.
Comunque gli apostoli di Gesù Cristo non permisero ad altri di prostrarsi davanti a loro. Questo per la ragione che, nei casi descritti, si prostravano in atteggiamento di adorazione, come se il potere dello spirito santo presente negli apostoli, che aveva compiuto la guarigione e altre opere potenti, fosse loro proprio. Gli apostoli si rendevano conto che tale potere veniva da Dio e il merito di tali azioni andava a lui, e che ogni adorazione doveva essere resa a Geova per mezzo di Gesù Cristo, di cui essi erano semplici rappresentanti. — Atti 10:25, 26.
A proposito del rispetto tributato a Gesù, il termine spesso usato è proskynèo, termine che ha il significato fondamentale di rendere omaggio, ma è variamente tradotto “adorare, inchinarsi fino a terra, prostrarsi”. Gesù non accettava l’adorazione, che apparteneva solo a Dio (Matt. 4:10), ma riconosceva nell’atto di chi gli rendeva omaggio un riconoscimento dell’autorità conferitagli da Dio. L’angelo che Gesù Cristo mandò a portare la rivelazione a Giovanni, quando rifiutò da lui l’adorazione, espresse il principio che l’adorazione dell’uomo spetta solo a Dio. — Riv. 19:10; vedi OMAGGIO.
Coprirsi il capo era un segno di rispetto da parte delle donne. Questa usanza era seguita nella congregazione cristiana. Parlando del principio dell’autorità cristiana l’apostolo Paolo disse: “Ogni donna che prega o profetizza con la testa scoperta fa vergogna a colui che è il suo capo . . . Per questo la donna deve avere un segno di autorità sulla testa a motivo degli angeli”. — I Cor. 11:3-10.
Togliersi i sandali era un gesto di rispetto o riverenza. A Mosè fu ordinato di toglierseli davanti al rovo ardente e a Giosuè in presenza di un angelo. (Eso. 3:5; Gios. 5:15) Poiché il tabernacolo e il tempio erano luoghi santi, si dice che i sacerdoti fossero scalzi quando svolgevano i loro compiti nel santuario. Similmente allentargli i lacci dei sandali o portargli i sandali era considerato un lavoro servile e un’espressione di umiltà e consapevolezza della propria scarsa importanza di fronte al padrone. In Oriente c’è ancora l’usanza che, quando uno entra in casa, gli vengono tolti i sandali, a volte da un servitore. — Matt. 3:11; Giov. 1:27; vedi SANDALO.
Versare acqua sulle mani di un altro. Eliseo fu identificato come ministro o servitore di Elia dall’espressione “versava acqua sulle mani di Elia”. Questo era un servizio reso particolarmente dopo i pasti. In Oriente si usavano le dita invece di forchetta e coltello, e il servitore dopo versava acqua sulle mani del suo padrone per lavarle. (II Re 3:11) Un’usanza simile era quella di lavare i piedi, compiuta come atto di ospitalità, anche di rispetto e, in certi rapporti, di umiltà. — Giov. 13:5; Gen. 24:32; 43:24; I Tim. 5:10.
ACCORDO, COMPARTECIPAZIONE
La stretta di mano era un gesto usato per esprimere accordo, ratifica o conferma di un contratto o affare. (Esd. 10:19) Le Scritture avvertono di non farlo a garanzia di un prestito per un altro. (Prov. 6:1-3; 17:18; 22:26) La compartecipazione era pure indicata con una stretta di mano. — II Re 10:15; Gal. 2:9.
BENEDIZIONE
Mettere le mani sul capo; alzare le mani. Poiché il termine ebraico baràkh si riferisce sia al piegare le ginocchia che all’inginocchiarsi e al benedire, è probabile che la persona che riceveva una benedizione s’inginocchiasse e s’inchinasse davanti a chi impartiva la benedizione. Quindi chi benediceva poneva le mani sul capo di chi era benedetto. (Gen. 48:13, 14; Mar. 10:16) Nell’impartire una benedizione a un gruppo di persone, era comune alzare le mani verso di loro mentre si pronunciava la benedizione. — Lev. 9:22; Luca 24:50.
GIURAMENTO
Alzare la mano; mettere la mano sotto la coscia. Nel fare un giuramento c’era l’usanza di alzare la mano destra. Dio dice che lui stesso fa questo, simbolicamente. (Deut. 32:40; Isa. 62:8) Nella visione di Daniele l’angelo alzò al cielo sia la destra che la sinistra per pronunciare un giuramento. (Dan. 12:7) Un altro modo di confermare un giuramento era quello di porre la propria mano sotto la coscia (il fianco) dell’altro, come fece il servitore di Abraamo nel giurare che avrebbe trovato moglie
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