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CiroAusiliario per capire la Bibbia
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scritta dal sacerdote babilonese Beroso (del III secolo a.E.V.): “Nel diciassettesimo anno del regno [di Nabonedo], Ciro venne dalla Persia con un grande esercito; e, avendo già conquistato tutto il resto dell’Asia, giunse in gran fretta nella Babilonia. Quando Nabonedo si rese conto che avanzava per attaccarlo, radunò il suo esercito e si oppose a lui; ma, sconfitto, fuggì con pochi uomini e si rinchiuse nella città di Borsippa [città sorella di Babilonia]. Al che Ciro prese Babilonia e diede ordine che le mura esterne fossero demolite, perché la città gli aveva causato molti guai ed era stato difficile prenderla. Poi marciò alla volta di Borsippa per assediare Nabonedo; ma essendosi Nabonedo arreso senza opporre resistenza, fu dapprima trattato benignamente da Ciro, che lo espulse dalla Babilonia ma gli permise di risiedere in Carmania, dove trascorse il resto della sua vita e morì”. (Contro Apione, Libro I, 20) Questa descrizione si distingue dalle altre soprattutto per quanto dice delle attività di Nabonedo e dei rapporti che Ciro ebbe con lui. Ma è d’accordo con la Bibbia dove si legge che Baldassarre, e non Nabonedo, era il re ucciso la notte della caduta di Babilonia.
Le tavolette cuneiformi scoperte dagli archeologi, pur non fornendo particolari sull’esatto svolgimento della conquista, confermano la subitanea resa di Babilonia a Ciro. Secondo la Cronaca di Nabonedo, in quello che risultò essere l’ultimo anno del regno di Nabonedo (539 a.E.V.) nel mese di tishri (settembre–ottobre) Ciro attaccò gli eserciti babilonesi a Opis e li sconfisse. L’iscrizione prosegue: “Il quattordicesimo giorno, Sippar fu presa senza combattere. Nabonedo fuggì. Il sedicesimo giorno, Ugbaru governatore di Gutio e l’esercito di Ciro entrarono a Babilonia senza combattere. Dopo di che Nabonedo fu imprigionato a Babilonia quando tornò . . . Nel mese di arahshamnu [marchesvan (ottobre–novembre)], il terzo giorno, Ciro entrò a Babilonia”. Grazie a questa iscrizione si può stabilire la data della caduta di Babilonia il 16 tishri (5–6 ottobre) 539 a.E.V., e l’entrata di Ciro diciassette giorni più tardi, il 3 marchesvan (22–23 ottobre).
Inizia la dominazione mondiale ariana
Con questa vittoria Ciro pose fine alla dominazione di sovrani semiti sulla Mesopotamia e sul Medio Oriente e fondò la prima potenza mondiale di origine ariana. Il Cilindro di Ciro, documento cuneiforme che gli storici ritengono scritto ed esposto a Babilonia, ha un carattere decisamente religioso e descrive Ciro nell’atto di attribuire il merito della vittoria a Marduk il principale dio di Babilonia: “Egli [Marduk] scrutò ed esaminò tutti i paesi, alla ricerca di un sovrano giusto disposto a condurlo (nella processione annuale). (Quindi) pronunciò il nome di Ciro, re di Anzan, lo dichiarò (lett. pronunciò [il suo] nome) sovrano di tutto il mondo. . . . Marduk, il gran signore, protettore del suo popolo, osservò con piacere le sue buone azioni e la sua mente retta (e perciò) gli ordinò di marciare contro Babilonia sua città. Gli fece prendere la strada di Babilonia camminando al suo fianco come un vero amico. Le sue truppe innumerevoli, copiose come le acque di un fiume, lo accompagnavano con le armi nel fodero. Senza colpo ferire, lo fece entrare a Babilonia sua città, evitando a Babilonia qualsiasi calamità”. — James B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, 1955, p. 315.
Nonostante tale interpretazione pagana degli avvenimenti, la Bibbia spiega che, nell’emanare il proclama che autorizzava gli ebrei esiliati a tornare a Gerusalemme a ricostruirvi il tempio. Ciro riconobbe: “Geova l’Iddio dei cieli mi ha dato tutti i regni della terra ed egli stesso mi ha incaricato di edificargli una casa in Gerusalemme, che è in Giuda”. (Esd. 1:1, 2) Ciò naturalmente non significa che Ciro si fosse convertito, ma semplicemente che riconobbe i fatti biblici relativi alla sua vittoria. Visto che Daniele aveva un’alta carica amministrativa, sia prima che dopo la caduta di Babilonia (Dan. 5:29; 6:1-3, 28), sarebbe stato molto strano che Ciro non fosse informato delle profezie che i profeti di Geova avevano pronunciate e scritte, inclusa la profezia di Isaia che conteneva il nome dello stesso Ciro. In quanto al succitato Cilindro di Ciro, è risaputo che altri oltre il re potevano aver contribuito alla stesura di tale documento cuneiforme. Il libro Biblical Archaeology di G. Ernest Wright (p. 200) parla “del re, o dell’ufficio che ideò il documento” (confronta il caso simile di Dario in Daniele 6:6-9), mentre il dottor Emil G. Kraeling (Rand McNally Bible Atlas, p. 328) definisce il Cilindro di Ciro “un documento propagandistico composto dai sacerdoti babilonesi”. Può senz’altro esser stato redatto sotto l’influenza del clero babilonese (vedi Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, p. 315, nota in calce 1), servendo così allo scopo di trovare una spiegazione per la completa incapacità di Marduk (noto anche come Bel) e degli altri dèi babilonesi di salvare la città, arrivando ad attribuire a Marduk proprio quello che aveva fatto Geova. — Confronta Isaia 46:1, 2; 47:11-15.
IL DECRETO DI CIRO PER IL RITORNO DEGLI EBREI ESILIATI
Decretando la fine dell’esilio degli ebrei, Ciro assolse il suo incarico di ‘unto pastore’ di Geova a favore di Israele. (II Cron. 36:22, 23; Esd. 1:1-4) Il proclama fu emanato “nel primo anno di Ciro re di Persia”, cioè nel suo primo anno di regno sulla conquistata Babilonia. In Daniele 9:1 la Bibbia parla del “primo anno di Dario” che sembra intercorso fra la caduta di Babilonia e il “primo anno di Ciro” su Babilonia. Per cui il primo anno di Ciro non poté iniziare che alla fine del 538 a.E.V. Anche se si considera la posizione di Dario simile a quella di un viceré, e il suo regno contemporaneo a quello di Ciro, l’usanza babilonese porrebbe ugualmente il primo anno di regno di Ciro dal nisan del 538 al nisan del 537 a.E.V.
In base a quanto dice la Bibbia, il decreto di Ciro che permetteva agli ebrei di tornare a Gerusalemme fu probabilmente emanato alla fine del 538 o all’inizio del 537 a.E.V. Questo avrebbe dato agli ebrei esiliati il tempo di prepararsi a partire da Babilonia, compiere il lungo viaggio fino in Giuda e Gerusalemme (viaggio che secondo Esdra 7:9 poteva richiedere quattro mesi circa) e sistemarsi “nelle loro città” di Giuda entro il “settimo mese” (tishri) del 537 a.E.V. (Esd. 3:1, 6) Questo segnò la fine dei predetti settant’anni della desolazione di Giuda iniziati nello stesso mese di tishri del 607 a.E.V. — II Re 25:22-26; II Cron. 36:20, 21.
La cooperazione di Ciro con gli ebrei era in netto contrasto col trattamento riservato loro da precedenti sovrani pagani. Egli restituì i preziosi utensili del tempio che Nabucodonosor aveva portati a Babilonia, diede il permesso regale perché importassero legname di cedro dal Libano, e autorizzò lo stanziamento di fondi dalla casa del re per coprire le spese di costruzione. (Esd. 1:7-11; 3:7; 6:3-5) Secondo il Cilindro di Ciro il sovrano persiano seguì una politica generalmente umanitaria e tollerante verso i popoli vinti del suo dominio. L’iscrizione ne cita le parole: “Ho restituito a [certe già menzionate] città sacre sull’altra riva del Tigri, i cui santuari erano in rovina da molto tempo, le immagini che (solevano) dimorarvi e stabilii per quelle santuari permanenti. Ho (inoltre) radunato tutti (i precedenti) abitanti e (a quelli) ho restituito le loro abitazioni”. — James B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, 1955, p. 316.
Oltre al proclama reale citato in Esdra 1:1-4, la Bibbia parla di un altro documento di Ciro, una “memoria”, che era stato depositato nell’archivio di Ecbatana in Media e scopertovi durante il regno di Dario il Persiano. (Esd. 5:13-17; 6:1-5) A proposito di questo secondo documento, il professor Wright dice: “È esplicitamente intitolato dikrona, termine ufficiale aramaico per un memorandum che conteneva una decisione orale del re o di altro funzionario e che provocava un’azione amministrativa. Non era mai destinato alla pubblicazione ma poteva esser consultato solo dal funzionario addetto, dopo di che era depositato negli archivi di stato”. — Biblical Archaeology, p. 200.
Si ritiene che Ciro sia caduto in battaglia verso il 530 a.E.V., anche se le notizie sono piuttosto confuse. Prima della sua morte, il figlio Cambise si affiancò a lui nel regno, succedendo sul trono di Persia come sovrano unico soltanto alla morte del padre.
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CisternaAusiliario per capire la Bibbia
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Cisterna
Cavità artificiale sotterranea usata di solito come riserva idrica. A differenza dei pozzi che vengono scavati per attingere acqua da una vena naturale sotterranea, le cisterne servono per raccogliere e trattenere l’acqua piovana o quella che defluisce dalle sorgenti. Invece di essere aperte come piscine, di solito sono coperte. Il termine ebraico bohr, “cisterna”, è tradotto anche “buca della prigione”, quando serviva a tale scopo (Gen. 40:15), e “fossa” quando si riferisce o è paragonata allo “Sceol”. — Sal. 30:3; Prov. 1:12; Ezec. 31:14, 16.
Le cisterne avevano un’importanza vitale nella Palestina biblica. Spesso erano l’unico modo di assicurare una sufficiente riserva idrica, perché nelle zone montuose pozzi e sorgenti scarseggiavano e, quando c’erano, spesso si asciugavano verso la fine dell’estate. Queste cisterne costruite dall’uomo permisero che sorgessero villaggi anche in luoghi dove la riserva idrica era altrimenti troppo scarsa, come nel Negheb. Geova rassicurò il suo popolo promettendo che nella Terra Promessa avrebbero trovato cisterne già scavate. (Deut. 6:10, 11; Nee. 9:25) Il re Uzzia è noto per aver scavato “molte cisterne” in tutto il territorio di Giuda. (II Cron. 26:1, 10) Dall’alta Galilea fino al Negheb, c’erano letteralmente migliaia di cisterne, e ne sono state scoperte molte che praticamente crivellavano il terreno in certe zone. Anche presso i moabiti era auspicabile che ogni famiglia avesse la propria cisterna. Secondo la Stele Moabita, nel X secolo a.E.V. Mesa loro re aveva detto: “Non c’erano cisterne dentro la città a Qarhoh, perciò dissi a tutto il popolo: ‘Ciascuno di voi si faccia una cisterna in casa sua!’” (Ancient Near Eastern Texts, 1955, p. 320) Sennacherib cercò di ingraziarsi gli abitanti di Gerusalemme promettendo che se si arrendevano avrebbero bevuto “ciascuno l’acqua della sua propria cisterna”. — II Re 18:31; Isa. 36:16.
Più comunemente le cisterne erano scavate nella roccia. Se la roccia era compatta e senza incrinature, non c’erano perdite d’acqua, ma nel calcare poroso prevalente in gran parte della Palestina era necessario intonacare le pareti interne per renderle impermeabili. Le cisterne scavate nella terra erano rivestite internamente di mattoni o pietre e poi intonacate. Queste cisterne di solito erano a forma di pera, più larghe in fondo e strette in alto; a volte l’imboccatura era larga anche meno di mezzo metro. Quando grotte naturali venivano modificate o ampliate per servire da cisterne, si lasciavano pilastri di roccia originale per sostenere il soffitto o, come in alcune di quelle scoperte nel Negheb, allo stesso scopo si costruivano degli archi all’interno della cisterna. Canali scavati nel pendio della collina convogliavano l’acqua piovana nel serbatoio sotterraneo. Per avere un’idea della grandezza di alcune cisterne, basta pensare che una delle molte esistenti nell’area del tempio a Gerusalemme aveva una capacità di 75.000–110.000 ettolitri circa; era profonda oltre 12 m, aveva una circonferenza di 213 m, ed era alimentata mediante un acquedotto dalle piscine di Salomone.
Ecclesiaste 12:6 menziona “la ruota dell’acqua per la cisterna”, ma di solito si attingeva l’acqua calando nella cisterna una giara appesa a una fune. Il fatto che a volte le giare si rompevano spiega la presenza di frammenti di ceramica in fondo a gran parte delle cisterne. L’abitudine primitiva di gettare terra nelle cisterne in cui c’era acqua stagnante o inquinata per far depositare la feccia è una delle ragioni per cui molte cisterne sono parzialmente piene di terriccio. Un coperchio sull’imboccatura poteva evitare che l’acqua fosse contaminata, e impediva che vi cadessero dentro persone o animali, anche se un corpo morto caduto dentro per caso non rendeva l’acqua cerimonialmente impura; chi lo ripescava però era impuro. (Eso. 21:33; Lev. 11:35, 36) Inoltre il coperchio sulla cisterna contribuiva a tener fresca l’acqua e riduceva l’evaporazione. (Ger. 6:7) Alcune cisterne grandi avevano diverse aperture da cui attingere l’acqua. Nelle cisterne di grandi dimensioni e profondità, delle scale scendevano all’interno per una trentina di metri o più.
ALTRI USI
In qualche caso le cisterne servivano per scopi diversi da quello di serbatoi d’acqua. In luoghi asciutti, e se sigillate contro l’umidità, topi e insetti, erano ottimi granai, facili da proteggere contro i furti; alcune cisterne in terreno privo di fonti naturali d’acqua erano state evidentemente costruite proprio come granai. Cisterne vuote a volte erano usate come prigioni. — Zacc. 9:11.
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CittàAusiliario per capire la Bibbia
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Città
Centro abitato di dimensioni, popolazione o importanza maggiori di quelle di una borgata o villaggio. Il termine ebraico ‘ir, tradotto “città”, ricorre quasi millecento volte nelle Scritture. A volte il termine qiryàh è usato come sinonimo o in un parallelismo. Per esempio: “Dopo ciò sarai chiamata Città [‘ir] di Giustizia, Città [qiryàh] Fedele”. Oppure: “Come mai non è stata abbandonata la città [‘ir] della lode, la città [qiryàh] d’esultanza?” — Isa. 1:26; Ger. 49:25.
“Colonie”, “borgate dipendenti” e “villaggi”, pure menzionati nelle Scritture Ebraiche, erano distinti dalle “città” più o meno grandi in quanto non erano cinti da mura, ma si trovavano in aperta campagna. (1 Sam. 6:18) Se erano situate nei sobborghi o nelle immediate vicinanze di una città fortificata queste comunità erano chiamate “borgate dipendenti”, letteralmente “figlie” della città murata. (Num. 21:25) Anche la legge di Mosè faceva
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