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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • hanno il comando di predicare e fare discepoli. (II Tim. 4:2; I Cor. 9:16; I Piet. 1:12, 25; 4:17) L’angelo che vola in mezzo al cielo con l’eterna buona notizia dice a gran voce: “Temete Dio e dategli gloria, perché l’ora del suo giudizio è arrivata, e adorate Colui che fece il cielo e la terra e il mare e le fonti delle acque”. (Riv. 14:6, 7). Questa è la buona notizia che l’evangelista o missionario cristiano deve portare. La Bibbia descrive alcuni quali missionari o evangelisti in senso speciale, come Filippo che andò in altri paesi, e tuttora alcuni cristiani vanno a predicare in altre nazioni. Comunque tutti i cristiani hanno l’incarico e l’obbligo di essere evangelisti ovunque si trovino, infatti predicano la buona notizia a uomini d’ogni sorta. — Rom. 10:9, 10.

  • Evil-Merodac
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    • Evil-Merodac

      (Èvil-Meròdac) [uomo di Marduk; chiamato anche Amel-Marduk].

      Figlio maggiore di Nabucodonosor re di Babilonia e suo diretto successore al trono nel 581 a.E.V. Evil-Merodac è ricordato nella Bibbia per la benignità che, nell’anno in cui salì al trono, manifestò a Ioiachin re di Giuda, liberandolo dalla casa di detenzione nel trentasettesimo anno del suo esilio in Babilonia e concedendogli una posizione di favore superiore a quella di tutti gli altri re prigionieri in Babilonia. (II Re 25:27-30; Ger. 52:31-34) Giuseppe Flavio afferma che Evil-Merodac considerava Ioiachin uno dei suoi più intimi amici.

      Su Evil-Merodac esiste anche qualche testimonianza archeologica. Per esempio l’iscrizione su un vaso scoperto presso Susa dice: “Palazzo di AmelMarduk re di Babilonia, figlio di Nabucodonosor re di Babilonia”. Beroso, citato da Giuseppe Flavio, gli attribuisce due anni di regno. Giuseppe Flavio invece gliene attribuisce diciotto. A Evil-Merodac, pare ucciso in seguito a una congiura, successe Neriglissar (Nergalsharusur) suo cognato. Di questi particolari manca però una conferma degna di fiducia.

  • Evocatore
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    • Evocatore

      Il termine ebraico e aramaico ʼashshàph (reso “astrologo”, Di) è giustamente definito evocatore, negromante, incantatore. “Evocare”, secondo il Dizionario Enciclopedico Italiano, significa: “1. Chiamare, far apparire per virtù magica o medianica anime di morti o esseri demoniaci, a scopo divinatorio”. Negromante è letteralmente uno che evoca i morti, che cerca di predire e determinare avvenimenti futuri mettendosi in comunicazione con i morti. ʼAshshàph deriva da una radice che secondo la definizione di C. F. Keil (Commentary on the Old Testament, Daniele, Vol. IX, p. 87) significa “respirare, soffiare, sussurrare; infatti praticavano i loro incantesimi mediante movimenti della respirazione”.

      Qualsiasi presunta comunicazione coi morti era condannata da Dio. “E nel caso che vi dicano: ‘Rivolgetevi ai medium spiritici o a quelli che hanno uno spirito di predizione che bisbigliano e si esprimono in tono sommesso’, non dovrebbe un popolo rivolgersi al suo Dio? Ci si dovrebbe rivolgere a persone morte a favore di persone vive?” (Isa. 8:19) Benché dichiarata fuorilegge in Israele, la donna di En-Dor dotata di poteri medianici, che fu consultata dall’infedele re Saul, era un’evocatrice di morti che si metteva in contatto coi demoni. — I Sam. 28:7; Lev. 20:27.

      Gli evocatori erano particolarmente numerosi in Babilonia. (Dan. 1:20; 2:2, 27; 4:7; 5:7, 11, 15) Nel suo libro, The Religion of Babylonia and Assyria (pp. 559, 560), Morris Jastrow jr. scrive a proposito di ciò che pensavano i babilonesi dei morti e della loro capacità di comunicare coi defunti: “La radice alla base di Shualu [soggiorno dei morti secondo i babilonesi] significa ‘domandare’. Shualu è un luogo in cui si fanno domande, e domande della natura di quelle rivolte a un oracolo religioso. Il nome stesso è dunque un’indicazione del potere attribuito ai morti di aiutare i viventi fornendo loro le risposte, come gli dèi forniscono oracoli per mediazione dei sacerdoti . . .. I morti non solo dimorano presso gli dèi ma, come gli dèi, possono dirigere le cose umane. Le risposte alle domande rivolte loro sono avallate dagli dèi”.

  • Ezechia
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    • Ezechia

      (Ezechìa) [Geova ha rafforzato].

      Re di Giuda dal 745 al 716 a.E.V., salito evidentemente al trono alla morte del padre Acaz, nel “terzo anno di Oshea” re d’Israele (forse il suo terzo anno quale re tributario di Tiglat-Pileser III), secondo il computo ufficiale degli anni di regno a partire dal nisan dell’anno dopo (745 a.E.V.). (II Re 18:1) Profeti contemporanei al regno di Ezechia furono Isaia, Osea e Michea. (Isa. 1:1; Osea 1:1; Mic. 1:1) Il re Ezechia si distinse per la sua fedeltà a Geova, fece ciò che era retto agli occhi di Geova e si attenne ai suoi comandamenti. Fin dall’inizio del suo regno fu zelante nel promuovere la vera adorazione non solo in Giuda, ma in tutto il territorio di Israele. In quanto a seguire le vie di Geova come aveva fatto Davide suo antenato, si poteva dire a proposito di Ezechia: “Dopo di lui non ci fu nessuno simile a lui fra tutti i re di Giuda, nemmeno quelli che erano stati prima di lui”. Per questo “Geova mostrò d’essere con lui”. — II Re 18:3-7.

      OPERE LETTERARIE

      Ezechia è noto anche perché s’interessò di raccogliere alcuni proverbi di Salomone, come indica l’introduzione a quelli che ora sono i capitoli 25-29 di Proverbi: “Anche questi sono proverbi di Salomone che gli uomini di Ezechia re di Giuda trascrissero”. (Prov. 25:1) Dopo che Geova l’ebbe guarito dalla sua malattia mortale Ezechia scrisse il cantico di ringraziamento riportato in Isaia 38:10-20, in cui menziona una scelta di brani “per strumenti a corda”. Alcuni ritengono che il Salmo 119 sia stato scritto da Ezechia. Se ciò è corretto, il salmo sarebbe stato scritto quando Ezechia non era ancora re, ma solo un principe.

      SITUAZIONE ALL’EPOCA DELLA SUA ASCESA AL TRONO

      Quando Ezechia sali al trono il regno di Giuda non aveva il favore di Dio, perché suo padre Acaz aveva commesso molte azioni detestabili a Geova e aveva lasciato dilagare in Giuda la falsa adorazione di dèi pagani. Perciò Geova aveva permesso che il paese soffrisse per mano dei nemici, specie della seconda potenza mondiale, l’Assiria. Acaz aveva spogliato il tempio e il palazzo reale per fare un regalo al re d’Assiria. Peggio ancora, fece a pezzi gli utensili del tempio, ne chiuse le porte, e si fece degli altari “in ogni angolo di Gerusalemme”, offrendo sacrifici ad altri dèi. Durante il suo regno Acaz fece un’alleanza col re d’Assiria sotto la cui protezione mise il suo regno. (II Re 16:7-9; II Cron. 28:24, 25) Ezechia invece, all’inizio del suo regno, “si ribellava contro il re d’Assiria”. — II Re 18:7.

      Quando Ezechia sali al trono di Giuda il regno settentrionale delle dieci tribù d’Israele era in una condizione ancora peggiore. Per i loro gravissimi peccati Geova aveva permesso che si trovassero in terribili difficoltà, diventando tributari dell’Assiria, e non passò molto tempo che l’Assiria si impadronì di Israele e ne deportò la popolazione. — II Re 17:5-23.

      ZELO PER LA VERA ADORAZIONE

      Non appena salì al trono all’età di venticinque anni Ezechia manifestò il suo zelo per l’adorazione di Geova. La sua prima azione fu quella di riaprire e riparare il tempio. Poi, convocati i sacerdoti e i leviti, disse loro: “Ho a cuore di concludere un patto con Geova l’Iddio d’Israele”. Fu un patto di fedeltà, come se il patto della Legge, ancora in vigore ma trascurato, fosse nuovamente inaugurato in Giuda. Con grande energia si accinse a riorganizzare il servizio dei leviti e ripristinò la disposizione degli strumenti musicali e del canto di lode. Era nisan, il mese in cui si doveva celebrare la Pasqua, ma il tempio, i sacerdoti e i leviti erano impuri. Entro il 16 nisan il tempio fu purificato e gli utensili riparati. Quindi si dovette fare una speciale espiazione per tutto Israele. Prima i principi portarono sacrifici e offerte per il peccato per il regno, il santuario e il popolo, poi il popolo offrì migliaia di olocausti. — II Cron. 29:1-36.

      Poiché essendo impuro il popolo non aveva potuto osservare la Pasqua nella data stabilita, Ezechia ricorse alla legge che consentiva a chi era impuro di celebrare la Pasqua un mese dopo. Invitò non solo Giuda, ma tutto Israele, per mezzo di lettere portate da corrieri in tutto il paese, da Beer-Seba a Dan. Molti derisero i corrieri; ma alcuni, specie di Aser, Manasse e Zabulon, si umiliarono e accettarono l’invito, e furono presenti anche alcuni di Efraim e Issacar. Inoltre c’erano molti adoratori di Geova non israeliti. Probabilmente non fu facile assistervi per gli abitanti del regno settentrionale fedeli alla vera adorazione. Come i messaggeri, incontrarono opposizione e scherni, poiché il regno delle dieci tribù era degenerato, essendo caduto nella falsa adorazione sotto la minaccia assira. — II Cron. 30:1-20; Num. 9:10-13.

      Dopo la Pasqua si tenne per sette giorni la festa dei pani non fermentati con tale gioia che l’intera congregazione decise di prolungarla per altri sette giorni. Anche in tempi così pericolosi la benedizione di Geova ebbe il sopravvento così che “ci fu in Gerusalemme una grande allegrezza, poiché dai giorni di Salomone figlio di Davide re d’Israele non c’era stato nulla di simile in Gerusalemme”. — II Cron. 30:21-27.

      Quello che avvenne in seguito dimostrò che si trattava di un vero ritorno e risveglio della pura adorazione e non di un semplice sentimento momentaneo. Prima di tornarsene a casa i celebranti distrussero le colonne sacre, abbatterono gli alti luoghi e gli altari e tagliarono i pali sacri in tutto il paese di Giuda e di Beniamino e anche in Efraim e Manasse. (II Cron. 31:1) Ezechia diede l’esempio frantumando il serpente di rame fatto da Mosè, perché il popolo ne aveva fatto un idolo a cui offriva il fumo dei sacrifici. (II Re 18:4) Dopo la grande festa Ezechia assicurò la continuità della vera adorazione organizzando le divisioni dei sacerdoti e disponendo che il servizio del tempio venisse sostenuto osservando la Legge per quanto riguardava le decime e la contribuzione delle primizie a leviti e sacerdoti, e il popolo vi aderì di tutto cuore. — II Cron. 31:2-12.

      AUMENTA LA PRESSIONE ASSIRA

      In quei momenti terribili, quando l’Assiria travolgeva tutto ciò che incontrava sul suo cammino, Ezechia continuò a confidare in Geova l’Iddio di Israele. Si ribellò contro il re d’Assiria e abbatté le città filistee, che evidentemente si erano alleate con l’Assiria. (II Re 18:7, 8) In quel tempo Tiraca re d’Etiopia (di solito identificato col faraone Taharqa, un etiope che regnò in Egitto) costituiva una minaccia per la dominazione assira in Palestina, ma Ezechia non ricorse mai all’aiuto dell’Egitto riponendo fiducia in lui e facendo alleanze. In questo fu senza dubbio rafforzato dal profeta Isaia. — Isa. 31:1; II Re 19:5-9.

      Nel terzo anno del regno di Ezechia Salmaneser re d’Assiria cinse d’assedio Samaria. Dopo tre anni di resistenza, nel 740 a.E.V. Samaria venne conquistata, forse da Sargon II successore di Salmaneser. Gli abitanti del regno delle dieci tribù furono deportati e gli assiri trasferirono nel paese altre popolazioni. (II Re 18:9-12) Così il regno di Giuda, che rappresentava il governo teocratico e la vera adorazione di Dio, rimase come un isolotto circondato da un mare di nemici ostili.

      Sennacherib, figlio di Sargon, aveva l’ambizione di aggiungere la conquista di Gerusalemme agli altri trofei di guerra, specie a motivo del fatto che Ezechia si era ritirato dall’alleanza stipulata con l’Assiria da suo padre il re Acaz. Nel quattordicesimo anno del regno di Ezechia (732 a.EN.) Sennacherib “sali contro tutte le città fortificate di Giuda e le prendeva”. Per salvare Gerusalemme Ezechia cercò di placare Sennacherib offrendogli del denaro, al che Sennacherib chiese l’esorbitante somma di 300 talenti d’argento e 30 talenti d’oro. Per pagarla Ezechia fu costretto a dare tutto l’argento che c’era nel tempio e nel tesoro del re, oltre ai metalli preziosi di cui Ezechia stesso aveva fatto rivestire le porte e gli stipiti del tempio. Questo soddisfece il re d’Assiria, ma solo temporaneamente. — II Re 18:13-16.

      OPERE DI EDILIZIA E INGEGNERIA

      Ritenendo imminente un attacco da parte dell’avido Sennacherib, Ezechia manifestò saggezza e strategia. Ostruì tutte le sorgenti e le fonti d’acqua fuori delle mura di Gerusalemme, così in caso di assedio gli assiri sarebbero stati a corto di riserve idriche. Rinforzò le fortificazioni della città e “fece dardi in abbondanza e scudi”. Tuttavia non confidò in tale apparato militare. — II Cron. 32:1-8.

      L’acquedotto di Ezechia era una delle più notevoli opere d’ingegneria dell’antichità. Dal pozzo di Ghihon a E della parte settentrionale della città di Davide seguiva un corso irregolare per oltre 530 m fino alla piscina di Siloe nella valle del Tiropeon sotto la città di Davide ma all’interno delle nuove mura aggiunte a S della città. — II Re 20:20; II Cron. 32:30; vedi ARCHEOLOGIA ociA, p. 99.

      INSUCCESSO DI SENNACHERIB

      Come Ezechia aveva previsto, Sennacherib decise di attaccare Gerusalemme. Ezechia era molto angosciato ma continuò a confidare in Geova e a invocarlo nel tempio; inoltre mandò alcuni capi del popolo dal profeta Isaia. La risposta di Isaia, ispirata da Geova, fu che Sennacherib avrebbe ricevuto una notizia e sarebbe tornato al suo paese, dove sarebbe stato ucciso. (II Re 19:1-7; Isa. 37:1-7) Nel frattempo Sennacherib era partito da Lachis alla volta di Libna, dove apprese che Tiraca re d’Etiopia era uscito per combattere contro di lui, nondimeno mandò per mezzo di un messaggero lettere a Ezechia, continuando a minacciare e schernire Geova l’Iddio di Israele. Ricevute quelle lettere assai oltraggiose, Ezechia le spiegò davanti a Geova, che di nuovo rispose per mezzo di Isaia schernendo a sua volta Sennacherib e assicurando che gli assiri non sarebbero entrati in Gerusalemme, perché

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