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    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
    • feticci e amuleti. — Mt 12:43-45; Lu 8:27-33; vedi INDEMONIATO.

      Lo scopo di tutta questa attività demonica è quello di volgere le persone contro Geova Dio e la pura adorazione. La legge di Geova, perciò, vietava rigorosamente qualsiasi forma di demonismo. (De 18:10-12) Tuttavia l’ostinato Israele si sviò a tal punto da sacrificare figli e figlie ai demoni. (Sl 106:37; De 32:17; 2Cr 11:15) Quando Gesù era sulla terra l’influenza demonica era molto diffusa, e alcuni dei suoi miracoli maggiori consisterono nell’espellere gli spiriti malvagi dalle loro vittime. (Mt 8:31, 32; 9:33, 34; Mr 1:39; 7:26-30; Lu 8:2; 13:32) Gesù diede questo stesso potere ai dodici apostoli e ai settanta discepoli che mandò a predicare, affinché nel suo nome anch’essi potessero scacciare i demoni. — Mt 10:8; Mr 3:14, 15; 6:13; Lu 9:1; 10:17.

      L’influenza demonica negli affari umani non è meno evidente oggi. È sempre vero che “le cose che le nazioni sacrificano le sacrificano ai demoni”. (1Co 10:20) Nell’ultimo libro della Bibbia — la “rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede, per mostrare ai suoi schiavi le cose che devono accadere fra breve” — siamo avvertiti profeticamente dell’accelerata attività dei demoni sulla terra. (Ri 1:1) “Il gran dragone fu scagliato, l’originale serpente, colui che è chiamato Diavolo e Satana, che svia l’intera terra abitata; fu scagliato sulla terra, e i suoi angeli [demoni] furono scagliati con lui. Per questo motivo . . . guai alla terra e al mare, perché il Diavolo è sceso a voi, avendo grande ira, sapendo che ha un breve periodo di tempo”. (Ri 12:9, 12) Espressioni impure, simili a rane “sono, infatti, espressioni ispirate da demoni e compiono segni, e vanno dai re dell’intera terra abitata, per radunarli alla guerra del gran giorno dell’Iddio Onnipotente”. — Ri 16:13, 14.

      I cristiani devono dunque combattere strenuamente contro questi spiriti malvagi invisibili. Giacomo sostiene che non basta credere: “Tu credi che c’è un solo Dio, vero? Fai molto bene. Anche i demoni credono e rabbrividiscono”. (Gc 2:19) “In successivi periodi di tempo”, avvertì Paolo, “alcuni si allontaneranno dalla fede, prestando attenzione a ingannevoli espressioni ispirate e a insegnamenti di demoni”. (1Tm 4:1) Non si può mangiare alla tavola di Geova e allo stesso tempo cibarsi alla tavola dei demoni. (1Co 10:21) I fedeli devono perciò combattere strenuamente contro il Diavolo e i suoi demoni, “contro i governanti mondiali di queste tenebre, contro le malvage forze spirituali che sono nei luoghi celesti”. — Ef 6:12.

      Per i greci ai quali Paolo predicava, cos’erano i demoni?

      Quest’uso del termine “demonio” è limitato e specifico in paragone con i concetti dei filosofi antichi e l’uso che se ne faceva nel greco classico. A questo proposito il lessico di G. Kittel osserva: “[L’]aggettivo [daimònios], il cui significato appare in tutta la sua estensione alla luce della concezione greca dei demoni, . . . designa tutto ciò che trascende le possibilità umane e che, sia nel bene che nel male, può esser ricondotto all’influsso di potenze superiori. Negli scrittori prima di Cristo [to daimònion] ricorre nel senso di ‘divino’”. (Grande Lessico del Nuovo Testamento, Brescia, 1966, vol. II, col. 761) Nel polemizzare con Paolo, alcuni filosofi epicurei e stoici conclusero: “Sembra che sia un proclamatore di divinità [gr. daimonìon] straniere”. — At 17:18.

      Rivolgendosi agli ateniesi, Paolo usò un composto del termine greco dàimon: “Voi sembrate dediti al timore delle divinità più [gr. deisidaimonestèrous; Vg, ‘più superstiziosi’] di altri”. (At 17:22) A proposito di questa parola composta, F. F. Bruce osserva: “Il contesto deve stabilire se questo termine è usato nel suo significato positivo o negativo. Infatti era vago come [l’aggettivo] ‘religioso’, e qui potrebbe essere reso meglio ‘molto religiosi’. Ma in [KJ] ‘superstiziosi’ non è del tutto sbagliato; per Paolo la loro religione era per lo più superstizione, come lo era pure, anche se per altri motivi, per gli epicurei”. — The Acts of the Apostles, 1970, p. 335.

      Parlando col re Erode Agrippa II, Festo disse che gli ebrei avevano avuto con Paolo certe dispute riguardo alla loro “adorazione della divinità [gr. deisidaimonìas; Vg, ‘superstizione’]”. (At 25:19) F. F. Bruce fa notare che questo termine greco “potrebbe meno gentilmente essere reso ‘superstizione’ (come in [KJ]). L’aggettivo corrispondente compare con la stessa ambiguità in [Atti] 17:22”. — Commentary on the Book of the Acts, 1971, p. 483.

  • Demonio a forma di capro
    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
    • DEMONIO A FORMA DI CAPRO

      Il termine ebraico saʽìr (lett., peloso) indica un capro o un capretto. (Le 16:18; Nu 7:16) Tuttavia in quattro versetti (Le 17:7; 2Cr 11:15; Isa 13:21; 34:14) i traduttori in genere ritengono che questo termine abbia un significato che trascende quello comune di “capro” o “capretto”.

      Sia in Levitico 17:7 che in 2 Cronache 11:15 è chiaro che il termine (seʽirìm, pl.) si riferisce a cose che vengono adorate e a cui sono offerti sacrifici, e questo nel contesto di una religione falsa. I traduttori della Settanta greca e della Vulgata latina resero perciò il termine ebraico “cose insensate” (LXX) e “demoni” (Vg). I traduttori e i lessicografi moderni sono in genere dello stesso parere su questi due versetti e usano i termini “demoni” (Ri, VR), “satiri” (CEI, Ga, NVB, PIB) o “demoni a forma di capro” (NM; vedi anche L. Koehler e W. Baumgartner, Lexicon in Veteris Testamenti Libros, Leida, 1958, p. 926, e Brown, Driver e Briggs, A Hebrew and English Lexicon of the Old Testament, 1980, p. 972); fanno eccezione due traduzioni inglesi (AS, Yg) che lo rendono alla lettera “capri” anche in questi versetti.

      [Immagine a pagina 675]

      Secondo Erodoto il culto greco di Pan, divinità dall’aspetto caprino, potrebbe essere derivato dal culto egizio dei capri

      Le parole di Giosuè (Gsè 24:14) indicano che gli israeliti durante il loro soggiorno in Egitto avevano subìto in certo qual modo l’influenza della falsa adorazione, mentre Ezechiele indica che tali pratiche pagane continuarono ad affliggerli ancora per molto tempo. (Ez 23:8, 21) Per questa ragione alcuni studiosi ritengono che il decreto emanato da Dio nel deserto con cui si vietava agli israeliti di offrire “sacrifici ai demoni a forma di capro” (Le 17:1-7) e la nomina da parte di Geroboamo di sacerdoti “per gli alti luoghi e per i demoni a forma di capro e per i vitelli che aveva fatto” (2Cr 11:15) siano un’indicazione che tra gli israeliti esisteva qualche specie di culto dei capri, simile a quello praticato in Egitto, specie nel Basso Egitto. Erodoto (II, 46) afferma che da tale adorazione praticata in Egitto i greci trassero il culto di Pan e anche quello dei satiri, lussuriose divinità dei boschi raffigurate con corna, coda e zampe caprine. Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che la forma per metà animale di queste divinità pagane abbia dato origine alla consuetudine di raffigurare Satana con coda, corna e zoccolo spartito, usanza assai diffusa fra i sedicenti cristiani nel Medioevo.

      Cosa fossero in realtà questi seʽirìm (“pelosi”) non è però specificato. Anche se alcuni ritengono che fossero capri letterali o idoli a forma di capro, non ci sono indicazioni che le cose stessero necessariamente così, né altri versetti danno indicazioni in tal senso. Il termine usato potrebbe semplicemente indicare che nella mente di coloro che li adoravano quei falsi dèi erano concepiti come esseri a forma di capro o dall’aspetto peloso. Oppure l’uso di “capri” in questi brani potrebbe essere solo un modo per esprimere disprezzo per tutti gli oggetti idolatrici in generale, proprio come il termine per idoli in molti passi deriva da una parola che in origine significava “pallottole di letame”, senza però che gli idoli fossero letteralmente fatti di letame. — Le 26:30; De 29:17.

      Il significato di saʽìr e seʽirìm negli altri due versetti (Isa 13:21; 34:14) non viene sempre messo in relazione con la falsa adorazione. In questi brani sono descritte le rovine desolate di Babilonia e di Edom popolate da animali selvatici, fra cui i seʽirìm. Alcune traduzioni rendono il termine col suo significato normale di “capri” (Na) o “capre selvatiche” (ATE, PS), mentre Ricciotti, pur rendendolo “demoni” in Levitico e 2 Cronache, in Isaia preferisce “irsute fiere”. Coloro che preferiscono rendere così questi versetti fanno rilevare che il termine ricorre insieme ai nomi di altri animali letterali. Obiettando alla traduzione di saʽìr con “satiro” in Isaia 34:14, G. R. Driver (Palestine Exploration Quarterly, Londra, 1959, p. 57) fa notare che il satiro non era mai usato

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