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  • Vivere col lupus
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Svegliatevi! 1990
g90 8/5 pp. 20-24

Vivere col lupus

La scena è sempre la stessa. Il medico entra nello studio e mi si siede di fronte. Con un sorriso cordiale, la penna in mano, chiede: “Allora, Robin, come va?” Mentre io mi sforzo di rammentare tutti i particolari delle scorse quattro settimane di vere e proprie sofferenze, lui annuisce e annota rapidamente i miei sintomi. La ragione di queste visite? Sono una delle molte migliaia di persone che soffrono di una malattia autoimmunitaria detta lupus. Vi chiedete cos’è? In tal caso, lasciate che vi racconti la mia storia.

RIPENSANDOCI, credo di poter dire che ho avuto un’infanzia piuttosto normale. Nata nel 1958 e figlia unica, sono cresciuta coi miei genitori negli Stati Uniti nordoccidentali. Sin da quando ero molto piccola mia madre inculcò in me un’idea precisa: dovevo sempre servire il Creatore, Geova Dio, in qualsiasi misura potessi farlo.

Dopo essermi diplomata nel 1975, scelsi un lavoro a mezza giornata per avere più tempo da dedicare all’opera di predicare la Parola di Dio. Ero soddisfatta del mio modo di vivere e non intendevo cambiarlo. Purtroppo, stava per avvenire una svolta che avrebbe cambiato le cose mio malgrado.

Un cambiamento in peggio

A 21 anni cominciai ad avere problemi di salute. Ebbi disturbi in una parte del corpo dopo l’altra. Alcuni disturbi furono individuati dai medici e risolti chirurgicamente. Altri rimasero un mistero, per cui i medici mettevano in dubbio non solo il fatto che fossero reali ma anche la mia stabilità mentale ed emotiva. A quanto pareva, le infezioni trovavano un terreno favorevole nel mio organismo. Ero in preda a frustrazione ed ansia: ero alla continua ricerca di un medico che sapesse dirmi la causa dei miei problemi di salute.

Durante uno dei periodi in cui stavo meglio conobbi Jack, e nel 1983 ci sposammo. Pensai che una volta superato lo stress delle nozze e del periodo di adattamento alla vita matrimoniale sarei stata più calma e che anche la mia salute sarebbe finalmente migliorata.

Ricordo che una mattina di febbraio mi svegliai con l’intenzione di dedicare la giornata a fare alcune commissioni. Ma avvertivo una stranissima sensazione ai muscoli, come se non volessero cooperare l’uno con l’altro. Sentivo un tremore interno, e ogniqualvolta cercavo di prendere su qualcosa, mi cadeva. ‘Forse sono soltanto troppo stanca’, pensai per consolarmi.

Col passare delle ore le sensazioni diventavano sempre più strane. Le sensazioni di freddo e di intorpidimento si alternavano a bruciori lungo il collo, le braccia e le gambe. Quei sintomi mi facevano sentire così male che me ne andai a letto e vi rimasi finché Jack non tornò a casa dal lavoro. Verso sera avevo un po’ di febbre e mi sentivo così debole e con la testa vuota che feci fatica a raggiungere di nuovo il letto. Non sapevamo a cosa attribuire tutto questo se non all’influenza. Pareva ragionevole pensarlo, visto che nella nostra zona c’era un’epidemia di influenza.

Il giorno dopo, quando mi svegliai, mi sentivo meglio, almeno per un paio di minuti. Ma i dolori ricominciarono subito, specie giù alle gambe e alle caviglie. La febbre era scesa, ma mi sentivo ancora estremamente debole. I sintomi dell’influenza si alternavano ad altri di natura più insolita. Ricordo di avere pensato e ripensato fra me: ‘Ma è possibile che si tratti solo di influenza?’ Col passare dei giorni, c’erano momenti in cui mi pareva di stare meglio e ce n’erano altri in cui mi sentivo così male che riuscivo a stento a sollevare la testa dal cuscino.

Cerco aiuto

Dopo due settimane, e dopo aver perso quasi quattro chili, decisi che era il momento di andare da un medico. Il giorno dell’appuntamento fu il peggiore che avessi avuto fino a quel momento. Il dolore era così intenso che mi sentivo come se mi stessero strappando i muscoli e contemporaneamente mi stessero colpendo con coltelli infuocati. Oltre a tutto questo la depressione gravava su di me come una cappa. Me ne stavo seduta lì sulla sponda del letto a piangere.

La malattia non venne scoperta immediatamente la prima volta che andai dal medico. Mi fecero vari esami del sangue per scoprire se si trattava di qualche tipo di malattia infettiva. Solo un esame risultò positivo, e indicava la presenza di una forte infiammazione nel mio organismo. Diverse settimane dopo, continuando a non vedere nessun miglioramento, consultai un altro medico nella stessa clinica. Mi fecero di nuovo gli esami e di nuovo uno solo risultò anormale, lo stesso della volta precedente. Nessuno dei due medici seppe dir altro se non che sembrava trattarsi di un virus.

Le settimane passavano, ma senza che vedessi alcun miglioramento. Infine, due mesi dopo l’insorgenza della mia malattia andai da un altro medico della clinica, uno che da piccola mi aveva curato per vari disturbi di lieve entità. Avevo fiducia che avrebbe individuato questa misteriosa malattia.

Con mio sgomento, questo medico non mi trattò come mi ero aspettata. Invece di ascoltare sinceramente i miei strani sintomi, mi mise subito a tacere dicendo che ero nevrotica e che secondo lui i miei strani disturbi dipendevano dal fatto che ero sposata da poco. Non riuscivo a credere ai miei orecchi mentre tentavo di trattenere lacrime d’ira e di dolore. Tuttavia acconsentì a ripetere l’esame “positivo”. Sarò sempre grata di quell’esame!

Lasciata la clinica, piansi per due ore. Sapevo con certezza che qualcosa non andava proprio nel mio organismo, ma pareva che nessuno volesse prendermi sul serio. Il pomeriggio del giorno dopo ricevetti una telefonata dallo studio del medico e venni informata che il mio esame del sangue era risultato ancora una volta anormale. Mi consigliarono di rivolgermi a un reumatologo (uno specialista in artropatie). Fu un sollievo sapere che finalmente qualcuno si rendeva conto che il problema esisteva, ma perché dovevo andare da un reumatologo? Com’era possibile che l’artrite mi facesse sentire in quel modo?

Una diagnosi spiacevole

Due settimane dopo ero seduta nello studio dello specialista con Jack al mio fianco. Espletate le formalità iniziali cominciai a raccontare la mia storia. Con mia grande sorpresa il suo parere fu immediato, ma non era certo quello che ci aspettavamo. Rimanemmo sbalorditi sentendo che soffrivo di una malattia del tessuto connettivo, chiamata più modernamente malattia autoimmunitaria, e che sospettava si trattasse di lupus eritematoso sistemico (abbreviato lupus). Sarei vissuta sempre così? Il pensiero di stare sempre tanto male mi atterriva.

Il dottore proseguì spiegando che anche se i medici sono in grado di diagnosticare più facilmente che in passato malattie di questa natura, sanno ancora relativamente poco sulla loro causa per cui non esiste nessuna cura. Apprendemmo pure che a causa di qualche alterazione nel sistema immunitario l’organismo non è più in grado di distinguere gli invasori estranei da se stesso. Perciò il sistema immunitario produce continuamente anticorpi contro i tessuti dell’organismo. È come se l’organismo rigettasse se stesso. Questi anticorpi attaccano e demoliscono il tessuto connettivo oltre a far guerra ai principali organi. A meno che la malattia non subisca una completa remissione, questi anticorpi causano quasi sempre dolore e fastidio in tutto l’organismo.

Data la natura della malattia, i sintomi variano e spesso differiscono da persona a persona. Tra quelli che mi affliggono ci sono dolori muscolari e articolari, infiammazioni della cute, battito cardiaco accelerato o intenso, respiro affannoso, dolori pleurici, nausea, tensione e dolori vescicali, vertigini, sbandamenti e forti mal di testa, insieme a imprevedibili effetti sul sistema nervoso centrale risultanti in una diminuita concentrazione, cambiamenti d’umore e depressione. Sono moltissimi i giorni in cui mi fa male tutto il corpo, dalla testa ai piedi, a causa dell’infiammazione interna.

Questa malattia è accompagnata anche da grande stanchezza. A volte la spossatezza è tale che quando mi sveglio al mattino non riesco ad alzarmi. Altre volte il mio corpo ne è sopraffatto quando meno me lo aspetto. Provo la sensazione che ogni briciolo di energia abbandoni il mio corpo, così da essere incapace di fare il più piccolo sforzo, come svitare il tappo di un tubetto di dentifricio. Una cosa che può accrescere il mio senso di stanchezza e aggravare altri sintomi è l’esposizione ai raggi ultravioletti del sole.

Ci adeguiamo

Per due mesi non avevo potuto assistere a nessuna adunanza di congregazione dei testimoni di Geova, così la prima cosa che feci fu di mettere insieme abbastanza energie per potermi di nuovo riunire con i miei fratelli e le mie sorelle spirituali. Sebbene richiedesse grande sforzo e disciplina da parte mia, mi costrinsi a esercitarmi. Infine riuscii con l’aiuto di Jack ad assistere almeno ad alcune adunanze. Col passare del tempo la mia resistenza crebbe fino al punto che potevo sbrigare parte delle faccende domestiche e anche impegnarmi di nuovo nell’attività di predicazione del Regno. Ero entusiasta del miglioramento della mia salute e cercavo di fare sempre di più. Purtroppo questo fu un grave errore e imparai a mie spese: poiché avevo superato i miei limiti, la malattia si riacutizzò.

Lo stress è probabilmente il mio peggior nemico, da evitare nel modo più assoluto. Devo dire che una delle cose più difficili a cui mi sono dovuta rassegnare è stata quella di imparare a regolare il mio ritmo. Dato che mi piace essere molto attiva, devo stabilire quali sono le cose prioritarie per me e ricordare che se supero i miei limiti mi sentirò completamente esausta, irritabile, depressa e avrò crisi di pianto. Cerco di riservare determinate giornate a certe faccende, ma è praticamente impossibile seguire un programma quando un giorno sto bene e quello dopo sto male. Anche nelle giornate buone devo riposare fra un lavoro pesante e l’altro. Ora lascio che sia Jack a sbrigare certi lavori domestici. È un’altra delle cose a cui abbiamo dovuto entrambi adattarci.

L’aiuto che altri possono dare

Anche i veri amici possono essere di grande conforto quando uno è malato. Sentire che capiscono la situazione può alleviare notevolmente lo stress. Ma siccome siamo imperfetti, non sempre gli altri discernono cos’è che un malato vorrebbe sentire. Ciò che può essere un complimento o una parola di incoraggiamento per chi la dice può sembrare esattamente il contrario per chi non si sente bene. Quando qualcuno si avvicina e mi chiede come mi sento, dice quasi sempre qualcosa del genere: “Dai l’impressione di stare proprio bene!” Commenti di questo tipo tendono a farmi pensare che dubitino del fatto che sto veramente male o che siccome l’aspetto esteriore è buono, debba per forza sentirmi bene anche di dentro. Col lupus, purtroppo, l’aspetto può trarre molto in inganno. Spesse volte chi ne è affetto sembra sano, specialmente nel caso delle donne quando si aggiustano i capelli e si truccano.

Ricordo che una sera, dopo un’adunanza di congregazione, qualcuno venne da me e mi disse: “Mi fa molto piacere vederti. So che non è sempre facile per te venire, ma siamo lieti di vederti qui stasera”. Quando sento parole di questo genere mi rendo conto che gli altri capiscono almeno in parte la situazione.

A causa degli alti e bassi, è anche facile per chi lotta contro una malattia sentirsi socialmente escluso. A causa del modo imprevedibile e subitaneo con cui si manifestano nuovi sintomi, è quasi impossibile fare progetti definitivi. La malattia è così mutevole che spesse volte progetti fatti solo con due ore di anticipo devono essere annullati all’ultimo minuto. Di conseguenza, la mia vita è dominata dall’apprensione e dall’ansia.

Come faccio ad andare avanti

Forse vi chiedete come faccio ad andare avanti con una malattia così deleteria per i sentimenti e che limita tanto la mia vita. È superfluo dire che può essere molto penoso, non solo per me ma anche per Jack. Non potendo impegnarmi in molte attività che gli altri considerano normali, ho veramente imparato ad apprezzare i piaceri più semplici, come preparare un pasto speciale per Jack, trascorrere un po’ di tempo insieme alla mia famiglia o starmene semplicemente seduta ad accarezzare il mio gattino.

Poiché sono molto sensibile ai raggi del sole, devo prendere precauzioni quando mi impegno nell’attività di predicazione. Mi si può sempre individuare: sono quella con l’ombrellino colorato. Evito di stare all’aperto nelle giornate molto calde, perché il caldo mi indebolisce molto. Inoltre, avendo una limitata quantità di energie da usare nella testimonianza di porta in porta, cerco altri sistemi per parlare alle persone della speranza per il futuro contenuta nella Bibbia.

Sforzandomi di concentrare l’attenzione sui lati positivi della vita anziché su quelli negativi sono riuscita a combattere la tendenza a commiserarmi. Il mio sforzo più grande è quello di imparare a non esigere troppo da me stessa e a non rimproverarmi poi se non riesco a fare quello che mi ero prefissa. Ma anche essendo ottimista, non posso fare a meno di sentirmi depressa e frustrata, e di versare molte lacrime. Quando ho una di quelle giornate veramente brutte e sono in preda alla malinconia, cerco di ricordare che passerà e che facendo ulteriore assegnamento su Dio ce la farò.

Ricordando spesso le parole di Giobbe 34:28 ho imparato veramente ad apprezzare la compassione e la misericordia di Geova Dio: ‘Ed egli ode dunque il grido dell’afflitto’. Sì, l’umanità è malata, in vari modi. L’aiuto di cui abbiamo bisogno neppure i medici più esperti possono darcelo. Credo che presto Geova adempirà il primo versetto che imparai da bambina. Allora si potrà dire di tutti: “Nessun residente dirà: ‘Sono malato’”. (Isaia 33:24) Non sono parole meravigliose? Per me sì! — Narrato da Robin Kanstul.

[Riquadro a pagina 21]

Cos’è il lupus?

Il lupus è una malattia ricorrente di natura infiammatoria e attualmente incurabile. È un disturbo autoimmunitario che induce gli anticorpi a combattere contro tutti gli organi vitali. Tuttavia il lupus non è né infettivo, né contagioso, né di natura cancerosa. Quanto può essere grave? Può andare dalle forme lievi a quelle che mettono in pericolo la vita. Viene così chiamato perché molti malati presentano un’eruzione rossastra sul viso la cui forma ricorda le macchie che il lupo ha sul muso. La causa resta ignota.

[Immagine a pagina 23]

Jack e Robin oggi

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