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  • Papia apprezzava i detti del Signore

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  • Papia apprezzava i detti del Signore
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1993
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  • Metodo scrupoloso
  • La sua opera
  • Commenti sui Vangeli
  • Cosciente del suo bisogno spirituale
  • Papia e i Vangeli di Matteo e Marco
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1964
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1993
w93 15/9 pp. 7-8

Papia apprezzava i detti del Signore

“NON mi sono divertito . . . ad ascoltare chi parla tanto, ma chi insegna il vero”. Così scrisse Papia, che professò il cristianesimo nel II secolo dell’era volgare.a

Papia visse nel periodo immediatamente successivo alla morte degli apostoli di Gesù Cristo. Fu infatti compagno di Policarpo, che si diceva fosse stato ammaestrato dall’apostolo Giovanni. Queste credenziali, unite al metodo che Papia seguiva per acquistare conoscenza, rendono probabile che fosse bene informato.

Metodo scrupoloso

La sete di verità che Papia aveva risulta chiaramente dai cinque libri che compongono la sua opera sui detti del Signore. Senza dubbio in precedenza Papia aveva imparato a memoria molti detti di verità che aveva udito. In seguito, nella città frigia di Ierapoli (Gerapoli), in Asia Minore, dove risiedeva, Papia si informò presso gli anziani (i presbiteri) per sapere se avevano mai visto o udito qualche apostolo di Gesù. Li interrogò con premura e mise per iscritto ciò che apprese.

Papia spiega: “Non esiterò ad aggiungere . . . ciò che sono venuto a sapere un tempo dai presbiteri, e che ricordo bene, sicuro che hanno detto il vero. Perché io non mi sono divertito, come la maggior parte, ad ascoltare chi parla tanto, ma chi insegna il vero; non chi cita comandamenti di altri, ma chi nomina quelli dati alla fede dal Signore e provenienti dalla verità stessa. E se da qualche parte veniva qualcuno che era stato seguace dei presbiteri, io lo interrogavo sulle loro parole, su ciò che dissero Andrea e Pietro e Filippo e Tomaso e Giacomo e Giovanni e Matteo e altri dei discepoli del Signore”. — Ibid.

La sua opera

Senza dubbio Papia aveva a disposizione un’abbondanza di informazioni spirituali. Possiamo solo immaginare con che attenzione dovette ascoltare i particolari sulla vita e il ministero di ciascun apostolo. Verso il 135 E.V. Papia mise per iscritto in un suo libro ciò che aveva da dire. Purtroppo questo libro è andato perduto. È citato da Ireneo, che professò il cristianesimo nel II secolo E.V. e dallo storico Eusebio di Cesarea, del IV secolo. Nel IX secolo E.V. il libro veniva ancora letto e potrebbe essere esistito fino al XIV secolo.

Papia credeva nella venuta del Regno millenario di Cristo. (Rivelazione [Apocalisse] 20:2-7) Secondo Ireneo, egli scrisse riguardo a un tempo in cui “la creazione, liberata e rinnovata, produrrà abbondantemente ogni cibo per la rugiada del cielo e la fertilità della terra. Questo può essere confermato dal fatto, che i cristiani, i quali conobbero personalmente Giovanni, ricordavano di averlo udito riferire le parole del Signore riguardo a quel tempo”. Papia aggiunse: “Queste cose sono credibili per quelli che credono. A Giuda, il traditore che non credeva e che domandò: — Come saranno compiute dal Signore queste produzioni? —. Il Signore rispose: — Vedranno quelli che si troveranno allora —”.b

Papia scrisse in un periodo in cui dilagava lo gnosticismo. Gli gnostici mischiavano la filosofia, la speculazione e il misticismo pagano con il cristianesimo apostata. In realtà, con la sua esposizione degli oracoli, o detti, del Signore, Papia tentava di arginare la diffusione dello gnosticismo. Dopo di lui Ireneo continuò a opporsi alla falsa ed esagerata spiritualità degli gnostici. Doveva esserci letteratura gnostica in notevole quantità, se Papia fece la sarcastica allusione a ‘quelli che parlano tanto’. Il suo scopo era chiaro: combattere la falsità con la verità. — 1 Timoteo 6:4; Filippesi 4:5.

Commenti sui Vangeli

Nei frammenti degli scritti di Papia giunti fino a noi sono menzionati i racconti scritti da Matteo e Marco. Di quest’ultimo, per esempio, Papia dice: “Marco, divenuto interprete di Pietro, scrisse accuratamente . . . tutto ciò che ricordava delle cose dette o fatte dal Signore”. Confermando ulteriormente l’accuratezza di questo Vangelo, Papia prosegue: “Di una sola cosa, infatti, [Marco] si dava pensiero nei suoi scritti: non tralasciare niente di ciò che aveva udito e non dire niente di falso”. — Storia ecclesiastica, cit.

Papia fornisce una prova estrinseca che Matteo scrisse il suo Vangelo in ebraico. Infatti dice: “Matteo raccolse quindi i detti nella lingua degli Ebrei, traducendoli ognuno come poteva”. (Ibid.) È probabile che Papia parlasse anche dei Vangeli di Luca e Giovanni, come pure di altri libri delle Scritture Greche Cristiane. In tal caso sarebbe stato uno dei primi testimoni a confermarne l’autenticità e l’ispirazione divina. Purtroppo però degli scritti di Papia sono rimasti solo scarsi frammenti.

Cosciente del suo bisogno spirituale

Come sorvegliante della congregazione di Ierapoli, Papia fu un instancabile ricercatore. Oltre a impegnarsi diligentemente in questo compito, egli manifestò profondo apprezzamento per le Scritture. Papia si rendeva giustamente conto che era molto meglio spiegare qualunque dichiarazione dottrinale di Gesù Cristo o dei Suoi apostoli che le affermazioni arbitrarie contenute nella letteratura dei suoi giorni. — Giuda 17.

A quanto pare Papia subì il martirio a Pergamo nel 161 o nel 165 E.V. Non si può dire con certezza fino a che punto gli insegnamenti di Gesù Cristo abbiano influito sulla sua vita e sul suo comportamento. Ebbe comunque il vivo desiderio di conoscere e approfondire le Scritture. Lo stesso può dirsi oggi dei veri cristiani, perché si rendono conto del loro bisogno spirituale. (Matteo 5:3) E, come Papia, apprezzano i detti del Signore.

[Note in calce]

a Dalla Storia ecclesiastica di Eusebio (III, 39,3), trad. di M. Ceva, Rusconi, Milano, 1979.

b Ireneo, Contro le eresie, V, 33,3-4, a cura di V. Dellagiacoma, Cantagalli, Siena, 1984.

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