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  • w98 15/9 pp. 8-9
  • Un orgoglioso reggente perde un impero

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  • Un orgoglioso reggente perde un impero
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1998
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  • Coreggente o re?
  • Orgoglioso e troppo sicuro di sé
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1998
w98 15/9 pp. 8-9

Un orgoglioso reggente perde un impero

“RIGUARDO a Baldassarre il re”, scrisse il profeta Daniele, “fece un grande banchetto per mille dei suoi grandi, e di fronte ai mille beveva vino”. Nel corso del banchetto, però, “il colore della sua medesima faccia si cambiò in lui, e i suoi propri pensieri lo spaventavano, e le giunture dei suoi fianchi si scioglievano e i suoi medesimi ginocchi battevano l’uno contro l’altro”. Prima della fine di quella notte, “Baldassarre il re caldeo fu ucciso, e Dario il medo stesso ricevette il regno”. — Daniele 5:1, 6, 30, 31.

Chi era Baldassarre? Perché fu chiamato “il re caldeo”? Che posizione occupava esattamente nell’impero neobabilonese? Come perse l’impero?

Coreggente o re?

Daniele fa riferimento a Nabucodonosor come al padre di Baldassarre. (Daniele 5:2, 11, 18, 22) Questo rapporto di parentela però non è letterale. Nel libro Nabonidus and Belshazzar, Raymond P. Dougherty avanza l’ipotesi che Nabucodonosor fosse nonno di Baldassarre per parte della madre, Nitocri. Può anche darsi che Nabucodonosor, in qualità di predecessore di Baldassarre sul trono, ne fosse “padre” in tal senso. (Confronta Genesi 28:10, 13). In ogni caso le iscrizioni cuneiformi su diversi cilindri di argilla scoperti nell’Iraq meridionale nel XIX secolo identificano Baldassarre come figlio maggiore di Nabonedo, re di Babilonia.

Dato che la narrazione del capitolo 5 di Daniele tratta gli avvenimenti della notte in cui cadde Babilonia, nel 539 a.E.V., non spiega in che modo Baldassarre ricevette il potere reale. Ma l’archeologia ci aiuta a capire meglio la relazione che c’era fra Nabonedo e Baldassarre. “I testi babilonesi rivelano che Nabonedo era un governante eccentrico”, dice l’archeologo Alan Millard, esperto in lingue semitiche antiche, che aggiunge: “Pur non trascurando gli dèi di Babilonia, egli . . . prestò moltissima attenzione al dio lunare in altre due città, Ur e Harran. Per diversi anni del suo regno, Nabonedo non risiedette nemmeno a Babilonia; rimase nella lontana oasi di Teima [o Tema] nell’Arabia settentrionale”. A quanto pare Nabonedo trascorse gran parte del suo regno lontano dalla capitale, Babilonia. In sua assenza il potere amministrativo era esercitato da Baldassarre.

Ulteriore luce sulla vera posizione di Baldassarre viene fatta da un documento cuneiforme chiamato “Storia in versi di Nabonedo”, che dice: “Egli [Nabonedo] affidò l’‘accampamento’ al (figlio) maggiore, il primogenito, le truppe ovunque nel paese sottopose al suo (comando). Lasciò andare (ogni cosa), a lui affidò il regno”. Baldassarre era quindi suo coreggente.

Un coreggente può essere considerato re? La statua di un antico governante rinvenuta negli anni ’70 nella Siria settentrionale indica che non era insolito che un governante venisse chiamato re benché, a rigor di termini, ricoprisse una posizione subalterna. La statua è quella di un governante di Gozan e reca iscrizioni in assiro e in aramaico. L’iscrizione assira lo definisce governatore di Gozan, mentre quella in aramaico lo definisce re. Non era dunque senza precedenti che Baldassarre fosse chiamato principe ereditario nelle iscrizioni ufficiali babilonesi e re nel testo di Daniele, scritto in aramaico.

La coreggenza di Nabonedo e Baldassarre continuò fino agli ultimi giorni dell’impero neobabilonese. Per questo, proprio la notte in cui cadde Babilonia, Baldassarre offrì a Daniele il posto di terzo governante del regno, non di secondo. — Daniele 5:16.

Orgoglioso e troppo sicuro di sé

Gli ultimi eventi del suo regno dimostrano che il principe Baldassarre era orgoglioso e troppo sicuro di sé. Quando il 5 ottobre del 539 a.E.V. il suo regno ebbe fine, Nabonedo si trovava a Borsippa, dove si era rifugiato dopo la sconfitta inflittagli dalle forze medo-persiane. Babilonia stessa era assediata. Da parte sua Baldassarre si sentiva così al sicuro nella città, cinta da mura massicce, che quella stessa notte tenne “un grande banchetto per mille dei suoi grandi”. Erodoto, storico greco del V secolo a.E.V., dice che dentro la città “in quel momento si davano alla danza . . . e alla pazza gioia”.a

Fuori delle mura di Babilonia, però, i soldati medo-persiani erano desti. Dietro ordine di Ciro avevano deviato le acque dell’Eufrate, che attraversava la città. I suoi guerrieri erano pronti a guadare il fiume non appena il livello dell’acqua fosse calato a sufficienza. Si sarebbero arrampicati sulle sponde per entrare in città attraverso le porte di rame aperte che davano sul fiume.

Se Baldassarre si fosse accorto di ciò che stava accadendo fuori della città avrebbe potuto chiudere le porte di rame, appostare i soldati sulle mura che davano sul fiume e intrappolare il nemico. Invece, sotto l’effetto del vino, l’arrogante Baldassarre si fece portare i vasi sottratti al tempio di Geova. Poi lui, i suoi ospiti, le sue mogli e le sue concubine bevvero con aria di sfida da quelle coppe brindando agli dèi di Babilonia. All’improvviso, in modo soprannaturale, apparve una mano che cominciò a scrivere sul muro del palazzo. In preda alla paura, Baldassarre chiamò i suoi saggi perché interpretassero la scritta. “Ma non erano abbastanza competenti da leggere la scrittura stessa o da far conoscere al re l’interpretazione”. Infine “Daniele fu portato davanti al re”. Per ispirazione divina il coraggioso profeta di Geova rivelò il significato del portentoso messaggio, che prediceva la caduta di Babilonia nelle mani dei medi e dei persiani. — Daniele 5:2-28.

I medi e i persiani conquistarono facilmente la città e Baldassarre non sopravvisse a quella notte. Con la sua morte, e a quanto pare con la resa di Nabonedo a Ciro, ebbe fine l’impero neobabilonese.

[Nota in calce]

a Le Storie, I, 191, trad. di L. Annibaletto, Mondadori, Milano, 1982, pagine 140-1.

[Immagine a pagina 8]

Daniele interpreta il messaggio di condanna dell’impero babilonese

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