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  • g77 8/1 pp. 16-19
  • Il Consiglio ecumenico delle Chiese: Una casa divisa

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  • Il Consiglio ecumenico delle Chiese: Una casa divisa
  • Svegliatevi! 1977
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  • Tentativi di unione
  • Divisioni profonde
  • Divisioni in merito ai ‘movimenti di liberazione’
  • Ulteriori divisioni
  • Mancanza di unità
  • Fa parte del mondo
  • Dove va?
  • Esaminiamo gli sforzi della cristianità per l’unificazione
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1963
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  • Approva Dio l’unione di tutte le religioni?
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1964
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Svegliatevi! 1977
g77 8/1 pp. 16-19

Il Consiglio ecumenico delle Chiese: Una casa divisa

DA SECOLI le religioni della cristianità sono divise. Non è una cosa nuova. Ma oggi la cristianità è divisa come non mai. Un maggior numero di religioni si professano cristiane.

Tuttavia, sebbene affermino tutte di essere cristiane e di adorare lo stesso Dio, hanno dottrine, pratiche e convinzioni politiche diverse. Anche nella stessa chiesa ci sono spesso profonde divisioni, ad esempio riguardo a razza e nazionalità, oltre a quelle derivanti da barriere economiche e sociali.

Queste divisioni hanno portato alla massima contraddizione in tempo di guerra: gli appartenenti alla stessa religione, e anche altri, che asseriscono tutti di seguire il “Principe della pace”, si scannano fra loro.

Tentativi di unione

Tali ovvie contraddizioni hanno allontanato molti dalle chiese, e da Dio. Quindi sono stati fatti vari tentativi per sanare le divisioni. Uno di questi tentativi di unificazione è stato la formazione del Consiglio ecumenico delle Chiese.

Il Consiglio fu costituito ad Amsterdam, in Olanda, nel 1948, con sede a Ginevra, in Svizzera. Attualmente ne fanno parte 286 delle maggiori organizzazioni religiose, tra cui protestanti, anglicani, ortodossi e vecchi cattolici. Secondo le stime, rappresentano da 400 a 500 milioni di persone.

Alla fine del 1975 il Consiglio tenne la sua quinta assemblea generale. Per la prima volta fu scelta una località dell’Africa: Nairobi, nel Kenya. Le chiese membri furono rappresentate da 747 delegati votanti. Altre religioni, fra cui ebrei, indù, buddisti, musulmani e cattolici romani, inviarono osservatori. Papa Paolo VI mandò un messaggio di saluto.

Il tema dell’assemblea fu “Gesù Cristo libera e unisce”. Il dott. Philip Potter, segretario generale del Consiglio, parlò sulla “ricerca dell’unità della chiesa”.

Divisioni profonde

Sin dall’inizio fu evidente che esistevano divisioni profonde e insanabili. Una di esse riguardava il cambiamento avvenuto nell’assemblea stessa.

Nelle precedenti assemblee i delegati delle chiese dell’Europa occidentale e dell’America del Nord avevano predominato nei lavori. Ma a Nairobi le chiese che rappresentavano Asia, Africa, America Latina, isole del Pacifico ed Europa orientale sotto il dominio sovietico avevano il maggior numero di voti.

Dei 747 delegati presenti a questa conferenza religiosa, 439 venivano da nazioni del “Terzo mondo” (in fase di sviluppo) e da paesi comunisti. Insieme, costituivano quasi il 60 per cento del totale dei delegati.

Questa mutata situazione fu evidente in molte questioni che divisero il Consiglio. Di solito, le chiese dell’Europa occidentale e dell’America del Nord sostenevano la politica occidentale, anche in campo sociale ed economico. Le chiese del Terzo mondo e dei paesi comunisti avevano punti di vista opposti.

Questa differenza fu evidente quando un delegato africano mosse al Consiglio quest’accusa: “Credo sia in atto una cospirazione per attenuare il tono di quest’assemblea e compiacere i Nordamericani e gli Europei, perché sono loro che hanno i soldi”. Tuttavia, data la nuova maggioranza, questo non accadde.

Un altro esempio di tensione fra Oriente e Occidente fu notato da Newsweek. Esso osservò che un ecclesiastico liberiano “aveva posto il problema più controverso: sospendere per cinque anni l’invio di missionari bianchi in Africa”. L’ostilità di alcuni ecclesiastici africani nei riguardi dei loro colleghi europei e americani era evidente.

Divisioni in merito ai ‘movimenti di liberazione’

Una questione che fu causa di aspre divisioni riguardava i ‘movimenti di liberazione’. Il tono a questo riguardo fu dato all’inizio dell’assemblea nel discorso di apertura, pronunciato dal dott. Robert Brown, professore di teologia all’università della California.

Benché venisse da una nazione occidentale, Brown indicò che “l’idea di Gesù Cristo come liberatore dell’umanità è stata alquanto imbarazzante per quelli che la storia ha classificato tra gli oppressori; come per esempio i ‘bianchi’, che come razza hanno vinto, oppresso e sfruttato tanti uomini di colore nel mondo”.

I suoi commenti fecero infuriare gli ecclesiastici occidentali. Ma via via che altri oratori esprimevano le loro vedute, era ovvio che la maggioranza del Consiglio era favorevole a proseguire nella ‘liberazione dall’imperialismo occidentale’. Questo tema era stato adottato all’ultima assemblea del Consiglio tenuta a Uppsala, in Svezia, nel 1968.

Su tale questione, un editoriale del Times di Seattle dichiarò: “In una situazione così mutevole, si potevano sentire i delegati delle nazioni sottosviluppate. Essi parlarono aspramente ai delegali delle nazioni progredite. Le loro parole potrebbero contenere i semi di nuovi dibattiti, confronti e controversie”. L’editoriale faceva rilevare “il vivo risentimento del mondo sottosviluppato per il fatto che il mondo progredito, gli Stati Uniti e altri, l’ha spogliato delle sue risorse naturali”.

Non fu dunque una sorpresa quando un comitato speciale raccomandò al Consiglio di “intervenire per aiutare i guerriglieri in tutto il mondo, e specialmente nell’Africa meridionale”. Tale appoggio era già stato approvato a Uppsala quando il Consiglio aveva stabilito il “Programma per combattere il razzismo”. In base a questo programma sono stati versati fondi a vari movimenti di guerriglia.

La rivista Christianity Today, nel numero del 2 gennaio 1976, ammise che tali fondi erano stati stanziati. E riferì pure che l’assemblea aveva respinto “la mozione di limitare ai gruppi non violenti gli aiuti previsti dal Programma per combattere il razzismo”.

Ma la stessa pubblicazione osservava che “il governo marxista” in Mozambico “era stato aiutato dal consiglio ad andare al potere”. Tuttavia quel nuovo governo, diceva, “ha adottato una linea dura verso le chiese e specialmente verso i missionari stranieri”. Per tale motivo, alcuni delegati occidentali considerarono controproducente l’appoggio ai movimenti di liberazione.

I tragici risultati della divisione esistente fra le chiese furono portati all’attenzione del Consiglio dall’ecclesiastico presbiteriano irlandese Gordon Gray. Egli dichiarò: “Dall’Irlanda abbiamo proclamato al mondo un Gesù Cristo che rende schiavi e divide. La Chiesa Cattolica Romana e la Chiesa protestante si sono trovate entrambe prigioniere di divisioni politiche e sociali, culturali e religiose che abbiamo aiutato a creare e mantenere. Quando la crisi della nostra società richiese con urgenza una parola profetica dal Signore scoprimmo di non poter essere d’accordo su quella parola”.

Ulteriori divisioni

Un altro campo in cui la grave divisione del Consiglio fu evidente riguardava la libertà religiosa. Alcuni delegati occidentali tentarono di far approvare una risoluzione di condanna contro i paesi dove la libertà religiosa è negata.

Tuttavia, si vide più chiaramente a chi era diretta questa condanna quando un prete ortodosso disse: “Nei paesi cosiddetti socialisti si uccide e si assassina”. Era evidente che questi attacchi erano rivolti principalmente all’Unione Sovietica.

Questo tentativo di condanna fu aspramente avversato. Il National Catholic Reporter parlò del “conflitto fra Oriente e Occidente quando gli Occidentali vollero specificare gli attentati alla libertà religiosa nell’Unione Sovietica”. Infine, fu adottata solo una versione ‘attenuata’ della mozione.

Ma il Consiglio si interessava veramente della libertà religiosa? No, perché ignorò uno dei casi di oppressione religiosa più flagrante e più estesamente conosciuto dei tempi moderni. Si tratta delle sevizie, degli omicidi, degli stupri e dell’esilio in massa dei testimoni di Geova del Malawi.

Il giornale tedesco Bild disse: “Questa sarebbe una buona occasione per protestare contro la persecuzione di cristiani in alcuni paesi dell’Africa nera. Per esempio . . . nel Malawi dove i testimoni di Geova sono stati picchiati e le loro mogli sono state violentate. Che cosa ha fatto il Consiglio ecumenico delle Chiese? Ha deciso di boicottare sette banche (fra cui la Deutsche Bank), perché trattavano affari con il Sud Africa. Politica della banconota invece di aiuto ai fratelli che soffrono. Anche questo è un credo, ma è ingiusto”.

Nello Star di Washington, il redattore W. F. Willoughby chiese riguardo alla persecuzione dei testimoni di Geova: “Il Consiglio ecumenico delle Chiese sarà all’altezza della situazione, grave ma opportuna? Se no, qualsiasi altra dichiarazione faccia contro l’oppressione — religiosa, razziale o d’altro genere — sarà tutt’altro che convincente”.

Il Consiglio non fu “all’altezza della situazione”. Non fece nulla, e mostrò di interessarsi più di questioni politiche che della libertà religiosa. Solo cinque mesi dopo la conferenza il segretario generale del Consiglio, il sig. Potter, scrisse al presidente del Malawi una lettera in merito alla persecuzione. Ma a quel tempo, il Consiglio non fece nulla.

Mancanza di unità

La quinta assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese dimostrò almeno una cosa. Dimostrò che la casa della cristianità è più divisa che mai.

Il segretario generale del Consiglio, il sig. Potter, disse che “non è emersa nessuna idea importante o espressione nuova”, e che i tentativi di conseguire l’unione erano ancora “in alto mare”. Christianity Today aggiunse: “Questa valutazione della posizione del Consiglio ecumenico delle Chiese, fatta dal suo stesso segretario generale, ha riassunto il sentimento di molti delegati l’ultimo giorno della Quinta Assemblea del consiglio”.

I tentativi di unificazione erano stati così inutili che, alla fine dell’assemblea, un delegato australiano d’alto rango disse: “Si potrebbe dire che era finita prima ancora di cominciare”. E lo Star di Toronto fece questo commento: “A Nairobi sono sorte più domande di quelle a cui si è data una risposta”.

Newsweek osservò: “Era chiaro che le dispute interne avevano indebolito l’immagine del Consiglio sia in Occidente che nel Terzo mondo. E in mezzo ai conflitti politici, parve che l’organizzazione avesse completamente perso di vista il suo principale obiettivo religioso: radunare i cristiani di tutto il mondo in un fronte unito”.

Ma la Bibbia, su cui si fonda il cristianesimo, dice che i veri cristiani dovrebbero “parlare tutti concordemente”. Sostiene che non ci dovrebbero essere divisioni fra loro, ma che dovrebbero “essere perfettamente uniti nella stessa mente e nello stesso pensiero”. — 1 Cor. 1:10.

La Bibbia dice pure che quelli che professano di servire Dio ma che odiano i loro fratelli spirituali sono bugiardi. E definisce figli del Diavolo quelli che scannano i loro fratelli. — 1 Giov. 4:20, 21; 3:10-12.

Non è strano che il giornalista Jeffrey Hart dicesse: “La quinta assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese riunita in solenne assemblea a Nairobi, nel Kenya, ha offerto uno stomachevole spettacolo di infermità morale e spirituale”.

Fa parte del mondo

L’assemblea diede pure la prova che le chiese erano molto lontane dall’insegnamento cristiano accettando d’essere sempre più coinvolte negli affari politici di questo mondo. The Christian Century riferì: “Essere o non essere nel mondo, questo non è il problema. Il problema è se esserci dentro sino alle caviglie o sino agli orecchi. L’Assemblea ha optato per il massimo”.

Che fosse così fu ulteriormente mostrato dal fatto che uno dei presidenti neoeletti del Consiglio fu Nikodim, metropolita della Chiesa Ortodossa Russa e arcivescovo di Leningrado. Egli si espresse a favore dell’appoggio del Consiglio ai movimenti di liberazione e disse: “In qualità di presidente, mi sento ancor più interessato a questo tipo di lavoro”.

Tuttavia, Gesù disse che i suoi veri seguaci non sarebbero stati “parte del mondo”. (Giov. 17:16) La Parola di Dio dice pure: “Chi perciò vuol essere amico del mondo si costituisce nemico di Dio”. — Giac. 4:4.

Le chiese hanno davvero rigettato la Parola e il proposito di Dio. Hanno respinto la sola speranza per l’umanità, il celeste regno di Dio, e il nuovo ordine che esso porterà qui sulla terra.

Dove va?

La divisione esistente nel Consiglio ecumenico delle Chiese mostra che non è possibile che Dio lo sostenga. “Dio è un Dio non di disordine, ma di pace”. — 1 Cor. 14:33.

Al contrario, la confusione babelica di dottrine e pratiche contrarie alla volontà di Dio indica che esso fa parte della meretrice chiamata “Babilonia la Grande” in Rivelazione capitolo 17. Ed è chiaro qual è il suo futuro. Tale profezia mostra che è destinata all’annientamento totale proprio per mano di quelli con cui fa la meretrice, le forze politiche di questo mondo. — Riv. 17:16.

Gesù predisse: “Ogni città o casa divisa contro se stessa non durerà”. Né durerà la casa divisa del Consiglio ecumenico delle Chiese. — Matt. 12:25.

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