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Svegliatevi! 1982
g82 22/5 pp. 15-19

Cos’è che non va nell’economia?

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Canada

L’ECONOMIA mondiale è come un’automobile che si è impantanata. Si teme pure che, come un’automobile col motore e le ruote che girano a vuoto, il sistema economico possa cedere sotto lo sforzo. E tutti ne sentiamo gli effetti. “Bisogna che l’economia si rimetta in moto!” si sente dire ora da più parti.

Cos’è che non va? Come dovrebbe funzionare l’economia?

Con il termine “economia” si intende un sistema per la produzione e la distribuzione di beni e servizi. L’economia è basilarmente un sistema di scambio cooperativo. Si usa il denaro per compensare i partecipanti dei beni e servizi che offrono.

Più il sistema è attivo, maggiore è la domanda di produttività e maggiori sono le opportunità di scambio dell’accresciuta ricchezza. Le nazioni diventano più prospere e i loro cittadini possono aspettarsi un tenore di vita migliore.a Un’economia progressiva o in espansione è ritenuta essenziale per il progresso e la sicurezza del mondo.

Durante gli anni cinquanta e sessanta si pensava che tali fossero le condizioni generali dell’economia mondiale. A metà degli anni settanta, però, fu evidente che qualcosa non andava. L’“inflazione galoppante” generava una pericolosa spirale dei prezzi. La produzione era inferiore alla domanda, la disoccupazione aumentava e i prezzi continuavano a salire. Invece di un equo scambio di ricchezza, il baratro fra nazioni ricche e nazioni povere si allargava.

Specie dal 1973 in poi, i drastici aumenti del prezzo del petrolio hanno scosso il sistema. L’economia del mondo occidentale industrializzato, che ha bisogno di energia, ha cominciato a vacillare. I paesi in fase di sviluppo e non produttori di petrolio si sono indebitati ancor più disperatamente, dovendo importare l’energia e i beni necessari a prezzi sempre più alti. Ad accrescere ulteriormente il caos, il valore del denaro — lo strumento del commercio — saliva e scendeva in modo irregolare, considerando la valuta di una nazione in rapporto a quella di un’altra. Era chiaro che l’economia era nei guai.

Vertici economici

Nel novembre del 1975 i capi di alcune delle nazioni industrializzate più forti del mondo — Francia, Repubblica Federale di Germania, Italia, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti — si riunirono a Rambouillet, in Francia, per parlare di come risolvere i problemi economici del mondo. Dopo tre giorni di conversazioni i capi lasciarono il vertice “con la fiducia che . . . la ripresa [era] in corso”.

Da allora però i capi delle stesse nazioni industriali, a cui si è unito il Canada, hanno ritenuto necessario tenere un vertice economico tutti gli anni. Che ne è stato della ripresa che si sperava?

Due giorni prima del vertice economico del 1981, tenuto in luglio a Ottawa, nel Canada, lo Star di Toronto scriveva: “Una notevole differenza tra il vertice di lunedì e il primo tenuto a Rambouillet, in Francia, nel 1975, è che oggi tutti sono un po’ più cauti circa le prospettive future su cose come ripresa economica, incremento del commercio mondiale, riduzione dell’inflazione e rilancio dell’occupazione”.

In parole semplici l’economia è ancora nei guai. E nessuno sa come tirarla fuori. L’inflazione persiste ostinatamente, in numeri di due cifre in tutte le nazioni partecipanti al vertice del 1981 tranne due. L’aumento del prodotto nazionale lordo (totale di beni e servizi prodotti) nei paesi industriali è stato tutt’altro che soddisfacente.

Ulteriori complicazioni

Negli ultimi mesi si è aggiunta una nuova complicazione al groviglio di problemi che bloccano l’economia: tassi di interesse altissimi, specialmente negli U.S.A. L’economia di tutte le nazioni occidentali industrializzate ne ha risentito, come le onde prodotte da un sasso lanciato in un lago.

Negli U.S.A. gli alti tassi d’interesse fanno scarseggiare la quantità di denaro disponibile scoraggiando coloro che vorrebbero ottenere crediti dal mettere in circolazione altro denaro inflazionato. Ma gli alti tassi di interesse frenano anche gli investimenti commerciali, così necessari per mettere in moto l’economia stagnante.

Gli alti tassi di interesse praticati negli U.S.A. incoraggiano i risparmiatori di altri paesi a voler convertire in dollari americani il loro denaro. La domanda di dollari ne accresce il valore mentre fa scendere il valore relativo di altre valute. Il valore delle valute europee è diminuito del 20 per cento circa nei primi sei mesi del 1981, si suppone a causa degli alti tassi di interesse praticati negli U.S.A. Gli investimenti sono andati al di là dell’Atlantico, rallentando la ripresa europea e favorendo l’inflazione.

Quando una valuta vale di meno, ci vuole più denaro per pagare le merci importate. L’inflazione aumenta. Per impedire che il denaro sia investito all’estero i paesi hanno alzato i loro tassi di interesse per competere con quelli degli U.S.A. Tuttavia, occorrono tassi inferiori per agevolare i crediti e gli investimenti e incoraggiare l’economia.

Al vertice di Ottawa il presidente americano Ronald Reagan si è mantenuto fermo sulle posizioni del suo paese in quanto agli alti tassi di interesse. Gli altri capi dovranno decidere cosa fare se i provvedimenti americani non aiuteranno a mettere un freno all’inflazione e i tassi di interesse continueranno a essere alti.

La crescente disoccupazione è un’altra grave complicazione. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico prevede che nei 24 paesi membri la disoccupazione raggiungerà il livello più alto dal periodo della ricostruzione successivo alla seconda guerra mondiale. Almeno un capo europeo sostiene che “la disoccupazione [sia] ora un male maggiore dell’inflazione”.

La bilancia dei pagamenti delle rispettive nazioni è un altro fattore che intorbida la situazione economica. Nella prima metà del 1981 la Comunità Economica Europea nell’insieme ha registrato un deficit di quasi 10 miliardi di dollari nella bilancia commerciale con quell’aggressivo paese esportatore che è il Giappone. I paesi industriali nell’insieme hanno avuto nel 1980 un debito bancario di 70 miliardi di dollari complessivamente, debito dovuto in parte ai più alti prezzi del petrolio importato. I membri dell’O.P.E.C. (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) d’altra parte hanno aumentato il loro avanzo da 3 miliardi di dollari nel 1978 a 120 miliardi di dollari nel 1980. Nel caso dei paesi in via di sviluppo e non produttori di petrolio, però, il debito bancario complessivo di 79 miliardi di dollari aumenterà sicuramente e nettamente nella prima parte degli anni ottanta, e la situazione non tende a migliorare.

Un così grande squilibrio mette in grave subbuglio l’intera economia. Le nazioni industriali lottano per mettere a posto la propria bilancia dei pagamenti mentre incoraggiano i paesi ricchi di petrolio a rimettere in circolazione il loro avanzo di denaro, specie con aiuti ai paesi meno sviluppati e pieni di debiti.

‘Una dichiarazione pessimistica’

Con queste e molte altre complicazioni che fanno pressione da ogni parte, i partecipanti al vertice di Ottawa del 1981 ribadirono “la necessità di ridare nuova vita alle economie delle democrazie industriali, di soddisfare i bisogni dei nostri popoli e consolidare la prosperità mondiale”.

Lo Star di Toronto tuttavia ha definito il loro ultimo comunicato “una dichiarazione piuttosto pessimistica circa il futuro dell’economia del mondo libero”. I sette capi si trovarono d’accordo su questo punto: “La lotta all’inflazione e alla disoccupazione deve ricevere la massima priorità”. Ma come?

Un editoriale del Globe and Mail di Toronto diceva: “Non sono state prese decisioni sconvolgenti né promosse iniziative drammatiche”. Invece di fornire un “piano” per l’economia occidentale, la “dichiarazione di Ottawa è un disegno così vago che si può appena determinare ciò che i capi vogliono costruire. . . . Mentre c’è una vernice di banalità su quasi tutte le strutture degli ordini di marcia politici, di solito si può guardare sotto la vernice e trovare legno o acciaio . . . ma a volte si trova del cartone: è il caso di Ottawa”. I capi e i loro consiglieri hanno forse esaurito le idee?

La dichiarazione di Ottawa, comunque, contiene punti significativi. “Dobbiamo far capire meglio ai nostri popoli la necessità di cambiare: di cambiare le loro speranze per quanto riguarda lo sviluppo e il guadagno; di cambiare i rapporti fra dirigenza e manodopera e i loro modi di fare; di cambiare l’andamento dell’industria; di cambiare la direzione e la proporzione degli investimenti; e di cambiare l’utilizzo e l’approvvigionamento di energia”, dicono i capi. Sono richiesti cambiamenti nei prestiti pubblici, nei deficit di bilancio, nei tassi di interesse, nella volatilità dei tassi di interesse e dei tassi di cambio, nell’accelerare la produzione alimentare e in materia di commercio. Invece di una semplice spinta, l’economia ha estremo bisogno di una completa ristrutturazione!

Già in passato le economie sono state in difficoltà e si sono riprese. Perché l’economia del nostro tempo non può rivivere senza drastici cambiamenti?

Una differenza notevole

I problemi economici del mondo non sono gli stessi che aveva la precedente generazione. Una notevole differenza è l’interdipendenza delle nazioni e delle rispettive economie. La politica economica o gli interventi di natura economica di una nazione industrializzata influiscono sulle altre. Anche la più povera delle nazioni in fase di sviluppo è legata all’economia mondiale e influisce sulle nazioni ricche. La prosperità dei paesi ricchi dipende dal benessere dei paesi poveri, che non solo vendono indispensabili materie prime alle nazioni ricche ma che importano anche beni per il valore di miliardi di dollari, creando occupazioni tanto necessarie nelle nazioni industrializzate.

Le nazioni in fase di sviluppo vogliono un nuovo ordine economico internazionale che consenta loro una maggiore partecipazione all’economia mondiale. È una richiesta che le nazioni ricche non possono ignorare. Come ha fatto notare il primo ministro canadese Pierre Trudeau, è “un elemento di sicurezza mondiale”.

Fino a che punto, se mai, l’economia si riprenderà e le nazioni riusciranno a creare un nuovo ordine economico, il tempo lo dirà. Ma c’è la convincente prova che nell’economia qualcosa veramente non va ed è impossibile porvi rimedio.

Cos’è che non va?

Ci sono varie cose che non vanno. Anzitutto, l’avidità. Chi può frenarla? Indipendentemente dall’effettivo bisogno le persone vogliono sempre più cose materiali e un “miglior tenore di vita”, a discapito di altri. L’avidità ha alimentato eccessive aspettative e richieste di salari più alti che vengono soddisfatte aumentando ulteriormente i prezzi. Per cui le nazioni sono costrette a mettere freni restrittivi all’economia per proteggere la propria ricchezza a spese altrui. Come una malattia, l’avidità infetta l’economia mondiale con lo sfruttamento e le manipolazioni.

Un’altra forza motrice dell’economia mondiale è la minaccia della guerra. Le nazioni vogliono rafforzare le rispettive economie per potersi permettere gli armamenti con cui far valere o difendere la propria sovranità. Nella massiccia corsa agli armamenti in cui sono impegnati insieme all’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno lanciato un piano quinquennale per portare gli stanziamenti per la difesa da 162 miliardi di dollari a 343 miliardi di dollari. Questa spirale di costi per ottenere il vantaggio militare potrebbe ulteriormente paralizzare l’economia di tutti i maggiori paesi. Ci si può attendere giustizia ed equità da un sistema economico che, in due settimane, spende per scopi militari somme che, a quanto si afferma, potrebbero provvedere acqua potabile e assistenza sanitaria a tutta la popolazione del mondo?

Il problema fondamentale, però, è il governo. Come ha riconosciuto il vertice di Ottawa, “i problemi economici rispecchiano e condizionano i più ampi fini politici”. Il primo ministro giapponese Suzuki ha colpito nel segno dicendo che la sfida che si presenta alle nazioni occidentali è quella di dimostrare che le loro istituzioni economiche e politiche sono superiori a quelle dell’Oriente.

Preparando la strada al vertice di Ottawa, il presidente della conferenza, il primo ministro Trudeau, disse alla Camera dei Comuni del Canada: “Ottocento milioni di persone vivono ai margini dell’esistenza umana. Sono costrette a enormi privazioni, nella disperazione e in uno stato di perenne crisi. La soluzione di questa crisi è una prova sia per l’umanità che per la credibilità dei governi”. (Il corsivo è nostro)

Il fatto è che in 6.000 anni non è stata prodotta dall’umanità una forma credibile di governo. Malgrado alcuni miglioramenti, in generale la crisi peggiora, non migliora. È possibile un governo credibile, che sia in grado di eliminare l’attuale ingiusto ordine economico, mosso dall’avidità e dall’ossessione della guerra?

Sì! Il governo necessario è il celeste regno di Dio. Esso porterà sulla terra soluzioni di gran lunga superiori a qualsiasi cosa possano sognare i libri di testo e le teorie economiche. Il principale libro di testo di quel governo, la Sacra Bibbia, additò molto tempo fa che nei nostri giorni ci sarebbero stati gravi problemi economici. (Rivelazione 6:6) Ma fa più che mostrare cos’è che non va; può farvi ottenere le benedizioni derivanti dall’unico rimedio soddisfacente.

Essa vi aiuterà a capire perché solo il regno di Dio può garantire piena occupazione, scomparsa dell’inflazione, equa distribuzione della ricchezza e sicurezza economica. Già fin d’ora cambia la personalità degli individui eliminando in loro l’avidità e volgendo i loro sforzi produttivi non più alla costruzione di armamenti ma ad attività pacifiche e al finale conseguimento della sicurezza economica. (Michea 4:1-4) Invece di creare semplicemente un nuovo ordine economico, presto eliminerà l’intero sistema mondiale — incluse le economie ingiuste —e lo sostituirà con un giusto nuovo ordine. Solo un governo sovrumano può compiere tale impresa sovrumana! — Daniele 2:44.

Perché non esaminate la Bibbia e non appurate personalmente cosa dovete fare per trarre beneficio da quel prossimo cambiamento mondiale? I testimoni di Geova sono pronti ad aiutarvi in questo.

[Nota in calce]

a Per una considerazione delle nozioni basilari di economia, vedere Svegliatevi! dell’8 luglio 1975, pagg. 16-20.

[Grafico a pagina 16]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

PREZZI AL CONSUMO

1977

1978

1979

1980

20%

15%

10%

5%

CANADA GERMANIA OCC. GRAN BRETAGNA FRANCIA ITALIA GIAPPONE U.S.A.

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