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  • g75 8/7 pp. 16-21
  • Perché nessuno può predire l’economia

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  • Perché nessuno può predire l’economia
  • Svegliatevi! 1975
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  • L’economia è un sistema
  • Quanto è “buono” il sistema economico?
  • Aggrava i problemi del sistema
  • Impossibile fare predizioni
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Svegliatevi! 1975
g75 8/7 pp. 16-21

Perché nessuno può predire l’economia

SBARCARE il lunario non è più così facile come una volta. La casalinga spende di più al mercato per comprare meno generi alimentari. Suo marito percepisce un salario più alto che mai ma ci compra di meno. Migliorerà la situazione?

L’economia del mondo occidentale non comunista in particolare ha spinto a fare predizioni di un crollo monetario nazionale e internazionale. In singolare contrasto, altri esperti dicono che l’attuale situazione economica è solo una fase che l’economia sta attraversando mentre si adatta a nuove profonde influenze. Presto, profetizzano, ricomincerà a prosperare rigogliosamente.

Chi ha ragione? La maggior parte degli esperti assume una cauta veduta intermedia. La rivista Business Week, in un numero speciale piuttosto pessimista circa l’“Economia del debito” degli U.S.A., dice che “l’onere dei debiti nazionali è come una corda molto tesa . . . La corda non si è rotta, e può non rompersi. . . . Tuttavia nessuno conosce il preciso punto di rottura e, mentre c’è una gran quantità di progetti e teorie, nessuno in realtà sa nemmeno come alleggerire la tensione”.

Ma perché è così difficile predire il futuro dell’economia? Perché non si può essere sicuri di quanto potere d’acquisto avrà domani il vostro denaro, se ne avrà? È utile conoscere alcune nozioni elementari di economia.

L’economia è un sistema

Nella sua definizione più semplice, l’economia ha a che fare con la produzione e la distribuzione di beni e servizi. Lo studio dell’economia, quindi, è lo studio di un sistema.

Praticamente in ogni società le persone hanno bisogno di cose che sono in possesso di altri. Un uomo, A, ha delle pecore, che producono lana; un altro uomo, B, possiede le materie coloranti. Se ciascuno è disposto, non fanno altro che scambiarsi o barattare i beni. A ottiene le materie coloranti e B ottiene la lana. L’economia è essenzialmente un sistema di cooperazione negli scambi.

Ma supponiamo che A voglia le materie coloranti da B ma che B abbia già un’ampia provvista di lana di A. Che fa allora A? O che dire se entrambi hanno bisogno del lavoro di tessitura offerto da un terzo, C? Come si deve compensare C? Un sistema economico dev’essere abbastanza grande da consentire queste disposizioni un po’ più complesse. Come?

Si usa il denaro. Il denaro, cioè la moneta, rappresenta qualche cosa di valore; è uno strumento che consente grande flessibilità in un sistema di scambi. Il denaro, naturalmente, non si deve confondere con la vera ricchezza. Il valore reale di quanto è in possesso di A sono le sue pecore. Allo stesso tempo, B e C hanno rispettivamente le materie coloranti e una capacità come cose di autentico pregio. Pertanto il denaro rappresenta quello che ciascuno ha di vero valore.

Ma che cosa dà valore al prodotto o servizio di ciascuno? La domanda. Se nessuno avesse mai bisogno di lana, il suo valore si manterrebbe basso. D’altra parte, se tutti avessero bisogno di lana per vestirsi, quel prodotto sarebbe molto richiesto e quindi di grande valore.

I cosiddetti “economisti classici”, come lo Scozzese Adam Smith vissuto nel diciottesimo secolo, suggerirono che si doveva lasciare fluttuare liberamente il sistema economico così che, come l’acqua, trovasse il proprio livello. Offerta e domanda avrebbero determinato il “livello” di ciascun prodotto o servizio. Pertanto se un uomo o una società produce un bene o servizio più a buon mercato di un’altra, il suo concorrente sarà infine costretto ad abbandonare gli affari dalla domanda pubblica.

Anche i prezzi sarebbero stati stabiliti dalla domanda. Quando la domanda è alta e l’offerta limitata, i prezzi sono alti. Ma quando c’è poca domanda di un articolo disponibile in gran quantità, i prezzi sono bassi. Questo costituisce i rudimenti di un sistema economico “libero”. Molti hanno ragionato che, non essendoci ostacoli, questo sistema continuerebbe a tempo indefinito.

Ma qui ci vuole un avvertimento. Solo perché un sistema è stato ideato non vuol dire che sia “buono”.

Quanto è “buono” il sistema economico?

Giudicato in base a certi criteri, il sistema economico del mondo occidentale può apparire molto efficace. Ma si sta realmente dimostrando “buono”? O sarà infine dimostrato che opera essenzialmente contro se stesso? Vediamo.

Particolarmente negli ultimi decenni gli esperti hanno esercitato più controlli sull’economia. Perché? Se il sistema economico funziona realmente stabilendosi i prezzi mediante l’offerta e la domanda, perché cercare di controllarlo? Vengono addotte molte ragioni, ma in sostanza i fattori sono due.

Anzitutto, c’è timore: si desidera “proteggere” un settore dell’economia. Un uomo, una ditta, una classe di lavoratori o un’intera nazione, tutti sanno che se vince la concorrenza essi rimarranno senza lavoro.

Forse conoscono benissimo la “teoria” economica. Sanno che la domanda pubblica ha reso superfluo il loro servizio o prodotto e che devono essere trasferiti a un’altra parte dell’economia dove potranno svolgere un ruolo produttivo, soddisfacendo la domanda del pubblico.

Ma sanno pure che questo richiede da loro cambiamenti radicali. Supponete che un uomo sia avanti con gli anni e abbia dedicato tutta la sua vita a imparare un mestiere che non è più richiesto; ci si deve all’improvviso attendere che impari qualche cosa di interamente diverso? E che dire del salario? Ovviamente l’uomo che lavorava come operaio specializzato in un’impresa ora inattiva non guadagnerà altrettanto denaro svolgendo un lavoro per cui non è addestrato. Questo, a sua volta, vuol dire che la sua famiglia dovrà vivere con meno denaro e il suo tenore di vita deve calare. E questo chi lo vuole?

Sì, la teoria dell’offerta e della domanda, del mercato libero non controllato, ecc., apparirà efficiente sulla carta quando viene estesa per generazioni o secoli. Ma non può aiutare l’uomo che oggi perde l’impiego. Pertanto lo scrittore di economia Henry Hazlitt osserva:

“Il grande merito degli economisti classici fu precisamente . . . quello di interessarsi degli effetti di una data politica o avvenimento economico a lungo termine e sull’intera comunità”.

Comunque, Hazlitt aggiunge:

“Ma ebbero anche un difetto, che assumendo una veduta lungimirante e una veduta ampia, trascurarono a volte di assumere pure una veduta corta e una veduta ristretta. Furono spesso inclini a minimizzare o dimenticare completamente gli immediati effetti degli avvenimenti su gruppi speciali. . . . [Questa situazione] vale per quasi tutto il progresso industriale ed economico”.

Per questa ragione, la maggioranza degli economisti occidentali moderni va all’altro estremo, e si dimentica l’effetto della politica “a lungo termine” mentre chiede di preservare ad ogni costo gli impieghi. Consideriamo un paio di illustrazioni di cui si riconosce la semplicità.

Supponiamo che negli U.S.A. un abito da uomo di lana si possa produrre e vendere per L. 50.000. Tuttavia le ditte di Hong Kong fanno lo stesso abito e possono spedirlo e venderlo negli U.S.A. per L. 25.000. Molti, se non tutti i clienti, comprerebbero due vestiti fatti a Hong Kong al prezzo di un vestito U.S.A. Se la cosa continuasse, i vestiti americani non sarebbero più richiesti e migliaia di persone che lavorano nell’industria della confezione rimarrebbero a spasso.

Viene dunque imposta una tariffa sugli abiti importati negli U.S.A., tassandoli fortemente. Così il costo degli abiti di produzione estera aumenta notevolmente e negli U.S.A. gli impieghi sono salvi. Superficialmente, questo è ottimo; ma guardiamo sotto la superficie.

Che dire del compratore? Paga un vestito L. 25.000 in più. Questo denaro si potrebbe spendere in altri settori dell’economia, diciamo ad esempio in apparecchi televisivi e frigoriferi. Teoricamente, l’Americano che lavora nel settore della confezione potrebbe essere trasferito in una di queste altre industrie. Ma la tariffa gli impedisce di fare questo spiacevole trasferimento. Tuttavia che dire dei Cinesi che lavorano nel settore della confezione? Potrebbero perdere il lavoro perché i loro abiti sono stati esclusi dal mercato a causa delle tasse, non sono più richiesti. Sono costretti a fare qualche altra cosa per vivere. Il problema non è realmente risolto, in questo esempio è stato semplicemente spinto fuori degli U.S.A. Con l’enorme rivendicazione della sovranità nazionale che c’è stata negli ultimi decenni, sono stati introdotti nell’economia sempre più controlli di questa natura e di natura simile.

Avviene la stessa cosa entro ciascun paese. Per illustrare: Con l’introduzione delle locomotive diesel, i fochisti non furono più necessari; non c’era più bisogno di loro per spalare carbone. Ma i sindacati riuscirono a preservare l’impiego del fochista. Dopo d’allora i fochisti furono pagati per così dire solo per percorrere il tragitto. Il lavoro del fochista fu salvato ma a un costo più elevato per i passeggeri dei treni e per gli spedizionieri marittimi. Invece di trasferire i fochisti al settore della confezione per fare abiti che potevano essere richiesti, il sistema li paga per rimanere nelle ferrovie. Intanto il cliente paga di più sia gli abiti difficili da ottenere sia il servizio ferroviario.

Negli ultimi decenni il numero dei controlli di questo tipo è enormemente aumentato per includere praticamente ogni aspetto dell’economia, dai piccoli negozi alle società gigantesche e agli agricoltori. Ogni nazione, ogni sindacato, ogni ditta, sì, ogni uomo pensa a sé. Questo timore — essenzialmente comprensibile date le circostanze — nasce dalla consapevolezza che se ognuno non bada a sé, chi ci baderà? Come abbiamo visto, il sistema non è certo fatto per questo a meno che non sia controllato per lo speciale interesse di qualcuno.

Questo addita chiaramente un notevole difetto dell’attuale sistema economico. Come può preservare a tempo indefinito un generale sistema di domanda e offerta, se, contemporaneamente, deve stabilire misure per limitare quello stesso sistema? Tuttavia questo è necessario per avere ora impieghi. Non ci vuole un genio in economia per capire che un sistema così scomodo e contraddittorio crollerà un giorno sotto il suo stesso peso.

Aggrava i problemi del sistema

Ma come se questo non bastasse, nell’oscuro quadro dell’economia entra in gioco un altro importante elemento difficile da controllare: l’avidità. Qualunque sia l’effettivo bisogno, la gente vuole sempre più cose materiali e un “tenore di vita migliore”, anche a spese altrui. Ciascun lavoratore vuole salari più elevati e ciascun fabbricante vuole aumentare i prezzi del suo prodotto. Pertanto, in Le Monde di Parigi, Bruno Durieux accenna alla “permanente lotta fra i gruppi sociali per mantenere o accrescere la loro fetta di ricchezza nazionale”.

Se l’uomo assunto per fare abiti di lana chiede una paga più alta, allora il prezzo del prodotto finito deve rispecchiare lo stesso aumento. Altri che vogliono acquistare il vestito avranno quindi bisogno di più denaro dai loro datori di lavoro. Così aumenta anche il costo dei beni e servizi da essi provveduti, per cui si viene a creare una spirale spaventosa. A causa del vertiginoso aumento della domanda, i prodotti non si possono fabbricare abbastanza in fretta, per cui i prezzi continuano a salire. Questa è una sfrenata forma di inflazione.

I governi hanno contribuito in maniera uguale se non più rovinosa ad accrescere l’inflazione. Si è notato sopra che il denaro rappresenta solo ciò che è di vero valore. La moneta di una nazione, in semplice teoria, non dovrebbe superare ciò che ha effettivo valore, cioè quello che essa può produrre. Ma le nazioni moderne, andando contro questo principio elementare, hanno stampato molto più denaro di ciò che esse valevano in realtà. Di solito questo è stato fatto per una ragione; ad esempio, per pagare i fornitori di materiale bellico in tempo di crisi nazionale. Ma il denaro in eccesso messo in circolazione ne diminuisce alla fine il valore; tutto costa di più in termini di “lire”.

Cominciata l’inflazione, la popolazione spende più denaro per comprare di meno. La moneta, in altre parole, perde il suo valore, e in relazione alla moneta di altri paesi vale meno che prima dell’inizio dell’inflazione. Pertanto si deve svalutare ufficialmente sul mercato mondiale. Gli stranieri possono quindi comprare con più facilità e ora a meno prezzo i prodotti della nazione colpita, per cui il caos cresce ancora di più. In che modo? Essi chiedono le provviste che erano già scarse e che furono in primo luogo la causa principale dell’inflazione. I risultati? L’inflazione aumenta! Ora l’“inflazione galoppante” è la piaga dell’economia della maggior parte delle nazioni occidentali.

Quando la moneta è svalutata, naturalmente, perde qualche altra cosa oltre al solo valore nominale. Perde la fiducia di molti. Essi smettono di investire e cercano di tenersi quello che hanno. Per cui il commercio perde l’ulteriore capitale di cui ha bisogno per espandersi e far fronte alla domanda di prodotti. Anziché incrementare la produzione, devono ridurla, ma i prezzi restano alti. La gente è licenziata dal lavoro e può verificarsi una “recessione”. La situazione attuale negli U.S.A. e altrove è da alcuni descritta come una forma di recessione. Anche il numero di scioperi senza precedenti ha ridotto la produzione.

Inflazione, recessione, disoccupazione — tutte contemporaneamente — sono cose abbastanza preoccupanti da considerare. Ma l’attuale pletora di problemi ha acquistato proporzioni da incubo. Come? Con l’introduzione di elementi nuovi e imprevisti. I prezzi del petrolio si sono quadruplicati ed è più difficile ottenere altre risorse naturali che di conseguenza costano di più. Questi cambiamenti radicali — inauditi solo alcuni mesi fa — hanno influito praticamente su ogni industria del mondo occidentale con risultati sconcertanti e talvolta rovinosi.

Il tempo sfavorevole ha significato raccolti scarsi; le popolazioni in aumento cercano di mettere le mani sulle provviste limitate. Pertanto anche generi di consumo un tempo poco costosi come legumi e zucchero hanno moltiplicato il loro costo di parecchie volte. Quasi ogni giorno la persona media deve usare una percentuale maggiore del suo reddito per acquistare le cose necessarie della vita.

Il desiderio di avere di tutto un po’ di più ha influito sul sistema in un altro modo ancora e cioè mediante gli acquisti a credito. Mentre l’economia si espandeva e appariva vigorosa, il credito era popolare. Al presente, pare che la gente ricorra gradualmente sempre meno al credito, rendendosi conto di non poter pagare i propri debiti con la moneta inflazionata. Gli elevati tassi d’interesse sul denaro che vale poco dissuadono ulteriormente dal chiedere prestiti. Poiché meno persone ricorrono al credito si vendono meno prodotti e servizi, ciò che indebolisce ancor più la produzione. Ma fino a poco tempo fa quasi tutti si aspettavano ciecamente che lo sviluppo economico continuasse. Negli U.S.A. si è accumulato un debito complessivo di L. 1.600.000.000.000.000. Questo è più del doppio del totale lordo della produzione nazionale (o la somma di tutti i prodotti e servizi della nazione in un anno). Per ogni dollaro U.S.A. di moneta circolante, ci sono ora 8 dollari di debito.

Infatti, gran parte dell’apparente “miracolo economico” del mondo occidentale negli ultimi decenni non è in realtà altro che un miraggio, basandosi essenzialmente sui debiti, su denaro preso a prestito. Come scrive Thomas Oliphant nel Sunday Globe di Boston, oggi gli Americani sono “molto meno ricchi dei loro genitori . . . Per lo meno il loro maggiore benessere materiale sembra tanto il risultato dell’enorme aumento dell’uso e della disponibilità del credito quanto quello di un’economia più sana”. Gli U.S.A., come le altre nazioni, sono irrimediabilmente indebitati.

Impossibile fare predizioni

C’è da meravigliarsi che con tutti questi fattori, e centinaia di altri non menzionati qui, che sconvolgono l’economia del mondo occidentale, nessuno possa predire accuratamente a che cosa va incontro? I problemi non si limitano più ad alcune nazioni, ma sono dappertutto e collegati fra loro. Il minimo cambiamento nella situazione politica ed economica di un paese può scuotere l’intera complessa struttura.

Gli economisti pertanto sono alla deriva nell’oceano dell’economia attuale, lottando come chiunque altro per stare a galla. Sono sconcertati dalla gran quantità di fattori interdipendenti. “La conoscenza dell’uomo in merito alle sue proprie istituzioni economiche è limitata”, confessa R. W. Everett della Divisione Ricerche Economiche della Chase Manhattan Bank di New York, aggiungendo: “Una buona analisi è resa più difficile dal fatto che queste istituzioni cambiano di continuo”.

L’impossibile compito che si presenta a chi fa previsioni economiche è pittorescamente descritto dal giornalista Max Lerner:

“Questa è la stagione favorevole agli economisti. Pare non sappiano molto, e quel poco che sanno serve a ben poco. Ma son belli da guardare mentre si contorcono e si dimenano, guizzano e saltano come pesci nella rete delle circostanze economiche in cui si trovano”.

La maggioranza di essi spera il meglio ma non può presentare nessuna valida ragione per credere che le cose miglioreranno. Anche se il sistema superasse temporaneamente la crisi attuale, come può credere alcuno che manterrebbe il suo equilibrio in futuro? Come abbiamo visto, la sua fine sembra ovvia. La sola domanda è: Quando finirà?

Chi ha fede nella Bibbia sa che sta per venire un cambiamento mondiale, non solo un importante cambiamento nel sistema economico. Sa che la Bibbia dice che il sistema mondiale non può funzionare e presto finirà, per essere sostituito da un sistema stabilito da Dio. Proprio ora, mentre sente ovviamente gli effetti del sistema in cui vive, non ripone in esso la sua fiducia. (Matt. 6:9, 10, 19-34) Cerca altrove l’accurata conoscenza del futuro, cioè presso Dio.

[Grafico a pagina 20]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Inflazione negli U.S.A. dalla prima guerra mondiale

Guerra del

Vietnam

Guerra

di Corea

Seconda guerra

mondiale

Prima guerra

mondiale

Grande

depressione

1915 1935 1955 1974

[Immagine a pagina 17]

“È lui la causa dell’inflazione!”

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