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  • Domande dai lettori (4)
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1953
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1953
w53 15/12 p. 539

Domande dai lettori

◆ Hanno i tribunali del paese il diritto d’infliggere la pena capitale a quelli che sono rei di omicidio? — M. W., Washington.

Nessun individuo ha personalmente il diritto di giustiziare un altro perché questi ha commesso un omicidio. Tuttavia, non vorremmo dire che la comunità non lo potesse fare, agendo per mezzo delle sue corti legali debitamente costituite. Qualora sia stato fatto un processo, e sia stata presentata l’evidenza inconfutabile che quella persona è un omicida, sembra che la comunità debba prendere qualche provvedimento per proteggere i propri cittadini. Abbiamo sempre detto che le prigioni non costituiscono il mezzo di punizione di Geova, e non saremmo dunque coerenti se dicessimo che sarebbe più in armonia con la legge di Geova che un omicida fosse imprigionato per tutta la vita invece di essere messo a morte. La legge di Geova al riguardo era che un omicida fosse punito con la morte, non col carcere. Quando un individuo è un omicida confesso, o è stato provato tale senza alcun’ombra di dubbio, allora la comunità deve prendere contro di lui qualche provvedimento, invece di liberarlo per compiere altri delitti.

In 1 Pietro 4:15 l’apostolo disse: “Nessuno di voi soffra come omicida o ladro o malfattore o intromettendosi nelle cose di altre persone”. (NW) Indi l’apostolo continua a dimostrare che se soffriamo come Cristiani non dovremmo provarne vergogna. Le parole di Pietro sembrano sottintendere che era giusto che un omicida soffrisse per il proprio delitto, e noi sappiamo quale era la penalità dal punto di vista di Dio: la morte, non la prigionia. Pietro non dice che un omicida non dovrebbe soffrire semplicemente perché non c’era alcuno presente che aggisse da giustiziere nominato da Geova. Al tempo di Pietro le autorità debitamente costituite della comunità erano quelle che infliggevano la pena o la punizione contro un omicida, e Pietro non fa obbiezione a questa pratica.

L’apostolo Paolo prende pure la stessa posizione, però egli la spiega ancora più chiaramente. Atti 25:10, 11 (NW) dichiara: “Paolo disse: ‘Io sto davanti al tribunale di Cesare, ove dovrei essere giudicato. Io non ho fatto alcun male ai Giudei, come anche tu sai molto bene. Se, da una parte, sono veramente un malfattore e ho commesso qualche cosa meritevole di morte, io non ricuso di morire; se, d’altra parte, non esiste nulla di quelle cose di cui questi uomini mi accusano, nessuno può consegnarmi ad essi come favore. Io mi appello a Cesare!’” Vogliate notare qui che mentre stava davanti al tribunale di Cesare, autorità regolarmente costituita della comunità, e non giustiziere nominato da Geova Dio, Paolo continuò ad attestare che se avesse fatto qualche cosa degna di morte, egli non avrebbe ricusato di morire. Questo indica certamente che Paolo attribuiva alle autorità civili regolarmente costituite il potere di infliggere la sentenza di morte. Invece di argomentare che tale tribunale umano non avesse questo potere, egli fece capire che esso aveva tale potere e che egli non si sarebbe opposto all’uso di tale potere contro di lui qualora avesse commesso qualche cosa meritevole di morte; e certamente un omicidio è qualcosa che rende colui che lo commette degno di morte, secondo la legge di Geova e secondo la legge dell’uomo.

Quindi, non risulta che vi sia violazione del principio scritturale se la comunità mette un omicida a morte. Anzi, sembra una condotta più scritturale che quella di condannare l’omicida all’ergastolo, per essere poi nutrito, vestito e tenuto a spese della comunità, e sempre con la possibilità che l’omicida accresca il numero dei suoi delitti uccidendo un altro carcerato, o uccidendo le guardie nel tentativo di evadere, oppure fuggendo e uccidendo altre persone di fuori. Non sembra che ci sia nulla di contrastante con la legge di Dio nella pratica della pena capitale in certe nazioni, e dove la legge del paese non è in conflitto con la legge di Dio noi non solleviamo contro di essa particolari obbiezioni.

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