Nessun “dono di lingue” oggi
A che cosa servì il dono di lingue a Pentecoste? Lo spirito santo di Dio impartisce forse ancora il dono di lingue, e dobbiamo noi esser in grado di parlare in lingue per mostrare d’aver ricevuto lo spirito santo? Che cosa ne dice la Bibbia?
IL luogo era una stanza di piano superiore a Gerusalemme. Erano presenti 120 seguaci di Cristo compresi i suoi discepoli, i suoi fratellastri e sua madre. Era il giorno di Pentecoste, circa il 20 maggio 33 d.C. secondo il nostro calendario. Dieci giorni erano trascorsi da quando Cristo era stato visto ascendere al cielo. “Improvvisamente ci fu dal cielo un rumore come quello di un forte vento impetuoso, che riempì tutta la casa nella quale sedevano. E lingue come di fuoco furono visibili e furono distribuite loro, e se ne pose una su ciascuno di loro, ed essi furono tutti ripieni di spirito santo e cominciarono a parlare in diverse lingue”. — Atti 2:1-4, NM.
A quel tempo, a causa della festa di Pentecoste, “si trovavan di soggiorno dei Giudei, uomini religiosi d’ogni nazione di sotto il cielo. Ed essendosi fatto quel suono, la moltitudine si radunò e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nel suo proprio linguaggio” “delle cose grandi di Dio”. Pietro, come portavoce, spiegò agli sbalorditi Giudei il significato di questo miracolo, che era un adempimento di Gioele 2:28, 29 concernente lo spargimento dello spirito di Geova sopra ogni carne. — Atti 2:5-18.
Circa tre anni e mezzo più tardi il dono di parlare in altre lingue accompagnò lo spargimento dello spirito santo sopra Cornelio e la sua famiglia mentre Pietro predicava loro. Anni dopo lo stesso avvenimento ebbe luogo allorché Paolo ebbe predicato ad alcuni in Efeso. Questi tre esempi, i soli menzionati nelle Scritture, del dono delle lingue impartito insieme allo spirito santo, stabiliscono forse la rigida regola che tutti quelli che abbiano ricevuto lo spirito santo possano parlare in diverse lingue?
Nel considerevole numero delle più piccole sette degli Stati Uniti, particolarmente in quella chiamata “Pentecostale”, si mette in grande risalto il dono di parlare in lingue. Così riguardo alle Assemblee Generali di Dio, i cui membri sono circa un quarto di milione negli Stati Uniti, ci viene detto che “sono specialmente insistenti sull’insegnamento del dono di lingue che segue il battesimo dello spirito; nessun ministro che dubiti di tale dono potrebbe essere riconosciuto da questo gruppo”. — Handbook of Denominations.
SCOPO DEL DONO DI LINGUE
Geova Dio aveva autorizzato Mosè a compiere miracoli per stabilire che egli veramente era profeta di Dio. Sulla stessa base Cristo Gesù dimostrò che era il profeta di Geova, come anche disse ai suoi critici. “Anche se non credete a me, credete alle opere”. Che cosa quindi poteva essere più logico per gli immediati seguaci di Gesù che non il poter fare lo stesso? E perciò essi pure compirono miracoli, guarirono i malati, risuscitarono i morti, ecc. Il dono delle lingue fu solo uno dei molti doni dello spirito posseduto dagli apostoli e dai primi discepoli, che li aiutava a dimostrare che erano veramente i veri seguaci del Figlio di Dio e che seguivano la giusta, la vera religione. — Giov. 10:38, NM.
Tuttavia, il dono delle lingue servì per un altro scopo, uno scopo più pratico. Specialmente nel giorno di Pentecoste, mediante questo dono delle lingue essi poterono testimoniare ai Giudei che provenivano da molti differenti Paesi e che non comprendevano l’aramaico, loro lingua nativa. Nessuna meraviglia che tremila di loro abbiano abbracciato il Cristianesimo in quel giorno!
Oggi, però, nessuna di queste due ragioni è valida. Avendo il Cristianesimo dimostrata la sua origine divina, non c’è ulteriore bisogno di miracoli. A proposito, notiamo che mentre alcuni pretendono di possedere il dono di guarigione non vi è affatto alcuna somiglianza fra le guarigioni compiute da Gesù e dai suoi apostoli e quelle che si pretende siano fatte oggi. Allora chiunque andava da Gesù o dai suoi apostoli era guarito, oggi soltanto eccezionalmente pochi possono asserire di essere stati aiutati. Inoltre, in quel tempo perfino i morti erano risuscitati. E poi, oggi abbiamo la Bibbia in più di 1.125 lingue e “questa buona notizia del regno” viene predicata in circa cento differenti lingue.
Durante il ministero primitivo cristiano il dono di parlare lingue aveva una parte molto insignificante. Di Gesù stesso non leggiamo nemmeno una parola che dica che egli parlasse in lingua, né che i suoi seguaci fossero comandati di far ciò o che lo facessero mentre egli era con loro. Essendo il loro ministero principalmente per i Giudei, non vi era bisogno di lingue. Perciò il dono di parlare varie lingue non era compreso nelle ultime istruzioni di Gesù: “Andate dunque e fate discepoli le persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandate”. — Matt. 28:19, 20, NM.
“Ma”, chiede un pentecostale, “che cosa dite di Marco 16:17, che afferma: ‘Or questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel mio nome cacceranno i demoni; parleranno in lingue nuove’. Non prova questo che tutti i seguaci di Cristo dovrebbero essere in grado di parlare in lingue?” Ma notiamo il contesto. Secondo esso i credenti non solo dovrebbero essere in grado di parlare in lingue ma anche di cacciare i demoni, di prendere in mano serpenti velenosi senza farsi del male e di bere pozioni mortali senza risultati dannosi.
Certo, ci sono alcuni i quali ritengono che lo spirito santo metta un individuo in grado di prendere in mano serpenti velenosi senza farsi del male; ecco perché la stampa degli Stati Uniti periodicamente racconta come alcuni di questi individui ingannati vengano morsicati e perfino muoiano per i morsi dei serpenti in tali condizioni. Fra questi sono W. J. Palmer di Johnson City, Tennessee, che morì per morsi di serpente il 4 ottobre 1953; J. Thomas di Trenton, Georgia, che morì di tali morsi di serpente il 15 giugno 1954, e C. E. Canada, di Greenville, Carolina del Sud, che nell’agosto 1953 guarì da un morso di serpente soltanto perché permise che gli fossero fatte forti iniezioni di siero che gli altri due che erano morti avevano rifiutato.
I moderni studiosi della Bibbia sono d’accordo nel ritenere che gli ultimi dodici versetti che parlano di lingue e di prendere in mano dei serpenti non furono scritti da Marco ma furono aggiunti da un altro. Secondo la nota in calce di Luzzi su Marco 16:9, “i due più antichi manoscritti [Sinaitico e Vaticano] non contengono questi ultimi dodici versetti, che per generale consenso dei critici moderni sono oramai reputati non di Marco”.
DONI E FRUTTO DELLO SPIRITO
Poiché il dono delle lingue affascinò i Cristiani di Corinto in modo sproporzionato al suo valore, Paolo dovette correggerli, ed egli fece ciò nella sua prima lettera a loro, 1 Cor. capitoli 12 fino a 14 che sono gli unici altri riferimenti alle lingue dopo quelli in Atti. Perfino a quel tempo non tutti avevano il dono delle lingue, perché Paolo scrisse: “Sono tutti apostoli? Sono tutti profeti? Sono tutti maestri? Fanno tutti opere potenti? Hanno tutti doni di guarigioni? Parlano tutti in lingue? Sono tutti traduttori?” E notate l’ordine, dai più importanti, gli apostoli, ai meno importanti, le lingue e la loro interpretazione. — 1 Cor. 12:27-30, NM.
Continuando il suo argomento nel 1 Cor. capitolo 13, Paolo mostra ciò che è veramente importante: “Se io parlo nelle lingue degli uomini e degli angeli ma non ho amore, io sono un pezzo di rame risonante o uno squillante cembalo”. E, relegando il dono delle lingue al proprio posto, Paolo nel capitolo seguente afferma: “Chi parla in altra lingua edifica se stesso; ma chi profetizza edifica la chiesa. Or io ben vorrei che tutti parlaste in altre lingue; ma molto più che profetaste; chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch’egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione”. “Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi; ma nella chiesa preferisco dir cinque parole intelligibili per istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra lingua. Fratelli, non siate fanciulli per senno”. “Le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i non credenti”. — 1 Cor. 14:4-25.
Non c’è da dubitarne, Paolo non attribuì grande importanza al dono delle lingue. Egli mostrò che ne avrebbe tratto poco profitto se quello che veniva detto non fosse stato tradotto, e che profetizzare, che qui significa spiegare pubblicamente, era molto più utile di qualsiasi dono di lingue.
Oggi la congregazione cristiana non ha più bisogno del dono delle lingue ma del frutto dello spirito, come anche Paolo mostra: “L’amore non viene mai meno. Ma se vi sono doni di profezia, saranno annullati; SE VI SONO LINGUE, CESSERANNO”. “Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma ora che sono diventato un uomo, ho eliminato i tratti del bambino”. Chiaramente, i doni miracolosi che servivano alla congregazione cristiana nella sua infanzia non sarebbero stati più necessari alla sua maturità. Ciò che sembra oggi il dono di parlare in lingue, chiamato glossolalia, se non è il prodotto dell’emozione o dello squilibrio mentale, è un esempio di come “Satana stesso si trasforma in angelo di luce” per ingannare. — 1 Cor. 13:8, 11; 2 Cor. 11:14, NM.
Gesù disse: “Li riconoscerete dai loro frutti”. I frutti che i suoi veri seguaci producono oggi sono quelli di predicare “questa buona notizia del regno”, mantenendosi “senza macchia dal mondo”, e con “amore, gioia, pace, longanimità, gentilezza, bontà, fede, mitezza, padronanza di sè”. Queste qualità, e non il parlare in lingue, identificano il vero ministro cristiano e mostrano se ha o non ha lo spirito santo. — Matt. 7:16; 24:14; Giac. 1:27; Gal. 5:22, 23, NM.
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Pentecoste 33 d.C.