BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • w70 1/6 pp. 329-335
  • “La scrittura di corrette parole di verità”

Nessun video disponibile.

Siamo spiacenti, c’è stato un errore nel caricamento del video.

  • “La scrittura di corrette parole di verità”
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1970
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • INVENZIONE DI MOLTE LINGUE UMANE
  • TRADUZIONE DELLA BIBBIA
  • Una lingua per tutti i popoli
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1974
  • Lingua, II
    Ausiliario per capire la Bibbia
  • Linguaggio
    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
  • Il dono del linguaggio
    Svegliatevi! 1971
Altro
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1970
w70 1/6 pp. 329-335

“La scrittura di corrette parole di verità”

“Il congregatore cercò di trovare parole dilettevoli e la scrittura di corrette parole di verità”. — Eccl. 12:10, NW.

1. Quando un racconto ci è utile e di effettivo valore?

CHI non prova piacere a udire o a leggere un buon racconto? Se il racconto è fatto con parole scelte abilmente ed espresse con piacevole significato, accresce il diletto che si prova allo svolgersi del racconto. Se è un racconto di vita vissuta, diviene realmente utile per noi, quando è narrato senza alterare le cose o senza alcuna esagerazione ma con “parole di verità” in modo corretto e imparziale. In tal modo si apprende la verità che sussiste e prevale e che avrà per noi effettivo valore.

2. Nell’usare che cosa prova diletto il narratore, e che cosa dovrebbe avvenire quando presentiamo un messaggio scritto che significa vita eterna per quelli che lo ricevono?

2 In quanto al narratore stesso, egli pure prova piacere a riferire l’accaduto con parole che gli fanno provare diletto nell’usarle. Siccome ama la verità e desidera edificare quelli che s’interessano al suo racconto, cerca di narrarlo coscienziosamente in modo corretto con “parole di verità”. Tali “parole di verità” sono per lui le cose corrette da dire. Poiché questo è ciò che avviene quando si fa un semplice racconto, quanto più dovrebbe avvenire allorché, per mezzo della scrittura, si riferisce un messaggio che significherà per quelli che lo riceveranno vita eterna!

3. Perché Salomone si può chiamare un tale sincero narratore?

3 Il più sapiente re dell’antichità, Salomone di Gerusalemme, fu un tale sincero narratore e messaggero. Avete mai letto le sue decine e decine di proverbi contenuti nel libro biblico di Proverbi? O il suo bel racconto d’amore narrato nel libro biblico del Cantico di Salomone? O la sua sapienza espressa nel libro biblico di Ecclesiaste, scritto per quelli che vogliono conoscere lo scopo della vita che nella maggioranza dei casi sembra così vana e deludente? Se avete letto questi libri biblici, potete apprezzare l’eccellente scelta di parole fatta da Salomone per esprimere idee eccellenti. Come sono belli o rispondenti a verità i suoi proverbi! Come son buoni i suoi consigli!

4. Nonostante fosse ispirato, che cosa dovette essere e fare Salomone, e dove fa riferimento a ciò?

4 È vero che fu ispirato dallo spirito di Dio quando scrisse la sua parte della Sacra Bibbia. E tuttavia dovette avere amore per la verità, dovette esercitare la propria mente, per esprimere la verità in modo attraente con parole dal significato corretto. Le parole non gli vennero automaticamente, da sé. Dovette cercar di trovare le parole di verità da dire o scrivere e dovette anche cercare il linguaggio appropriato col quale dirle. Egli scrive in merito allo sforzo personale richiesto da parte sua verso la fine del suo ispirato libro di Ecclesiaste. Riferendosi a se stesso, dice: “Il congregatore cercò di trovare parole dilettevoli e la scrittura di corrette parole di verità”. — Eccl. 12:10, NW.

5. (a) Come si chiamò Salomone, e quale responsabilità gli diede ciò? (b) In che modo ci fu d’esempio?

5 Notate che Salomone si chiama “il congregatore”, e non semplicemente “predicatore”. Di chi fu Salomone un “congregatore”? Lo fu della congregazione di Dio, della congregazione del popolo di Salomone, dell’antica nazione eletta di Dio. Questo rese la responsabilità di Salomone ancor più grande, poiché questa congregazione in particolare meritava che le fosse detta e scritta la verità. Per essere all’altezza di ciò che chiamò se stesso, Qoheleth in ebraico, o “congregatore” in italiano, egli cercò di riunire il suo popolo in una unità; come re dovette parlare, scrivere e insegnare in modo da mantenerli uniti quali adoratori del solo vivente e vero Dio, che Salomone chiamava Geova. Salomone conosceva l’importanza delle parole, il potere nascosto delle parole. Perciò, a favore di ciò che proferì, scrisse e insegnò, cercò di pensare “parole dilettevoli”, ‘parole corrette’. Salomone riuscì quindi in maniera magnifica, dandoci in ciò un esempio.

6, 7. (a) Che importanza hanno le parole per pensare, e da dove prese l’uomo la capacità di pensare? (b) Quale racconto scritto abbiamo nella Bibbia che questa non è semplice tradizione inventata dall’immaginazione?

6 Potreste mai pensare senza parole? No! Le creature inferiori, animali, uccelli, pesci, insetti, non pensano; agiscono per istinto e rispondono a udito, vista e tatto. Per pensare ci vuole il linguaggio. Il linguaggio deve esprimersi con parole che sono grammaticalmente collegate per formulare idee, concetti mentali. Le creature umane possono pensare. Dove presero questa capacità di pensare? Non dalla cellula vivente priva di cervello, che vive senza una mente, creata chimicamente, che si sviluppasse da sé e ascendesse la scala della vita per divenire uomo o donna. Dovette venire alle creature umane dal di fuori. Dovette venire da un pensatore, da uno che sa pensare, che sa come opera, che ha creato il cervello. La capacità di pensare dev’esser venuta dal di fuori. È un dono! Da che cosa o da chi? Solo dal Creatore, da Dio. Questo fatto non è una semplice tradizione umana inventata dall’immaginazione. Ce n’è un racconto in parole scritte, le quali, tradotte in italiano moderno, dicono:

7 “E Dio proseguì, dicendo: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e tenga sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e gli animali domestici e tutta la terra e ogni animale che si muove sopra la terra’. E Dio creava l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Inoltre, Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi ed empite la terra e soggiogatela, e tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra”. — Gen. 1:26-28.

8. (a) Come sappiamo se, facendo quella dichiarazione riguardo alla creazione dell’uomo, Egli parlava a se stesso oppure no? (b) Pertanto come mostrò Dio d’essere il creatore della parola, del linguaggio, della grammatica?

8 Questo racconto presenta Dio come un Pensatore, come un Parlatore e come il Creatore delle creature umane con cervelli nei loro crani. Prima che Dio parlasse, dicendo: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza”, Dio pensò. Per pensare, dovette concepire nella mente parole che contenessero idee. Prima di fare qualsiasi creatura intelligente, pensava, non avendo bisogno della compagnia di nessun’altra creatura vivente. Non parlava a se stesso, benché pensasse con parole che rendevano idee. Quando, secondo Genesi 1:26, disse: “Facciamo”, non parlava a se stesso esprimendo la propria opinione personale. Egli parlava almeno a qualcun altro. Conforme al resto della Bibbia, quest’altra persona fu la sua prima creazione, una creazione celeste, il suo primo figlio spirituale, fatto direttamente da Dio senza alcun agente. Dio si propose di comunicare con questo Figlio. Dio lo creò dunque con la capacità di pensare e con ciò che debitamente l’accompagna, la capacità di parlare. Subito questo Figlio poté parlare, poté formulare parole e comporle in senso grammaticale. Così Dio creò la parola, creò il linguaggio, e, poiché il linguaggio richiede la grammatica, Egli creò la grammatica.

9. Come Dio impiegò poi questo Figlio, mostrando così ulteriormente d’essere il creatore del linguaggio e il massimo Grammatico?

9 Quale lingua Dio parlasse con questo Suo primo Figlio non lo sappiamo. (Riv. 3:14; Col. 1:15-18) Quindi per mezzo di questo Figlio, Dio creò altre creature spirituali, creature cherubiche, creature serafiche, angeli. Dio formò per loro il loro linguaggio originale, secondo le capacità di queste creature parlanti. Creò tutte le loro facoltà vocali, perché parlassero la loro lingua con appropriato stile grammaticale. Inventò per loro la loro grammatica. Dio è il massimo Grammatico. Queste creature spirituali comprendevano quando Dio parlava loro, e potevano rispondergli in maniera comprensibile. — Sal. 103:20.

10. (a) Quale lingua non elenca l’Accademia delle Lingue, e perché no? (b) Se l’apostolo Paolo avesse potuto parlare quelle lingue, che cosa avrebbe anche dovuto avere per non produrre semplicemente dei suoni?

10 Quell’elenco di lingue che è stato compilato dalla moderna Accademia delle Lingue non include nessuna lingua angelica, poiché gli uomini non l’hanno mai udita e non sanno a che cosa somigli. L’accademia può ridere di una tal cosa. Ma quell’uomo del primo secolo dalla ricca esperienza spirituale, il cristiano apostolo Paolo, parla della lingua angelica, quando scrive: “Se parlo le lingue degli uomini e degli angeli ma non ho amore, son divenuto un pezzo di rame risonante o un rimbombante cembalo”. (1 Cor. 13:1) Paolo sapeva parlare diverse lingue, almeno l’ebraico e il greco del primo secolo della nostra Èra Volgare. Non parlava nessuna lingua degli angeli, e senza dubbio non la sapeva parlare, perché gli angeli hanno facoltà vocali che vanno oltre la gamma dell’uomo. Ma anche se Paolo avesse potuto parlare la lingua degli angeli e tuttavia non avesse avuto santo amore come motivo per parlare e agire sarebbe stato come un risonante pezzo di rame o un rimbombante cembalo. Proprio come Satana il Diavolo e i suoi spirituali demoni che parlano la lingua degli angeli, ma non hanno nessun amore bensì provano odio omicida.

11. (a) In quale lingua parlò l’angelo di Dio con Abraamo, facendo quale promessa dopo il suo tentato sacrificio d’Isacco? (b) In quali lingue fu scritta la Bibbia, e dalla progenie di chi?

11 Di conseguenza, quando Dio mandò i suoi angeli a parlare agli uomini, essi parlarono nella lingua umana di colui o di coloro ai quali parlarono, non la lingua che gli angeli parlavano fra loro in cielo. Abbiamo racconti che indicano come parlarono agli uomini ai quali si materializzarono o apparvero in visioni, nelle lingue ebraica, aramaica e greca del primo secolo nelle quali fu scritta la Sacra Bibbia. Per esempio, Dio, per mezzo del suo angelo, disse ad Abraamo l’Ebreo dopo che si era mostrato disposto a offrire suo figlio Isacco come sacrificio religioso: “Di sicuro ti benedirò e di sicuro moltiplicherò il tuo seme come le stelle . . . E per mezzo del tuo seme tutte le nazioni della terra di certo si benediranno per il fatto che tu hai ascoltato la mia voce”. (Gen. 22:17, 18) Abraamo capì ciò che veniva detto dal cielo, e si rallegrò nella speranza che, un giorno, tutte le nazioni della terra sarebbero state benedette per mezzo della sua progenie. È interessante notare che tutti i libri della Sacra Bibbia furono scritti da membri della progenie di Abraamo, onde persone di tutte le nazioni li leggessero e li capissero a propria utilità eterna.

12. In quale lingua un angelo parlò a Daniele, e che cosa disse spiegando una visione del Regno?

12 Secoli dopo la grandemente moltiplicata progenie di Abraamo includeva il profeta Daniele. Nella città di Babilonia sul fiume Eufrate, un angelo apparve a Daniele nelle “visioni durante la notte” e gli parlò in aramaico. Spiegando le visioni date a Daniele, l’angelo che parlava aramaico disse: “E il regno e il dominio e la grandezza dei regni sotto tutti i cieli furono dati al popolo che sono i santi del Supremo. Il loro regno è un regno di durata indefinita, e tutti i domini serviranno e ubbidiranno pure a loro”. (Dan. 7:1-4, 23, 27) Daniele scrisse queste visioni in aramaico.

13. Quale annuncio del Regno, e in quale lingua, udì fare Giovanni da alte voci in cielo?

13 Nell’ultimo libro elencato della Sacra Bibbia, nella rivelazione che fu data al cristiano apostolo Giovanni verso l’anno 96 E.V., egli udì in cielo alte voci dire: “Il regno del mondo è divenuto il regno del nostro Signore e del suo Cristo, ed egli regnerà per i secoli dei secoli”. (Riv. 11:15) Giovanni scrisse questo nel comune greco del primo secolo.

INVENZIONE DI MOLTE LINGUE UMANE

14, 15. (a) Quale domanda sorge oggi, giacché siamo tutti discendenti di coloro che parlavano l’unica lingua originale? (b) Quale messaggio di pace, e in quale lingua, diede l’angelo di Dio ai superstiti del Diluvio?

14 Oggi ci sono molte lingue oltre l’ebraico, l’aramaico e il comune greco in cui fu scritta la Parola di Dio, la Sacra Bibbia. Una delle cose importanti che accresce le ragioni per cui noi non abbiamo oggi pace mondiale è il fatto che abbiamo tante lingue, così che non possiamo capirci direttamente l’un l’altro. Giacché siamo tutti discesi dal primo uomo e dalla prima donna che Dio creò nel Giardino di Eden, perché oggi non parliamo tutti la stessa lingua come quei primi due umani? Il profeta Noè e i suoi sette compagni di viaggio, sopravvissuti al diluvio che ci fu in tutto il globo quarantatré secoli fa, parlavano tutti la stessa lingua nell’arca in cui furono preservati in vita. Era la stessa lingua della prima coppia umana, solo ampliata in tutti i 1.656 anni dalla creazione del primo uomo fino al Diluvio. In seguito a quel Diluvio, dopo che Noè e i suoi compagni superstiti furono usciti dall’arca sul monte Ararat nel sud-ovest dell’Asia, Dio parlò loro per mezzo del suo angelo. Fece apparire un simbolo di pace, l’arcobaleno, e diede loro un messaggio pacifico. Nella loro unica lingua egli disse:

15 “Siate fecondi e moltiplicatevi ed empite la terra. . . . Do in effetti il mio arcobaleno nella nuvola, e dovrà servire da segno del patto fra me e la terra. E senz’altro avverrà che quando porterò una nuvola al di sopra della terra, allora l’arcobaleno apparirà per certo nella nuvola. E per certo ricorderò il mio patto che è fra me e voi e qualunque anima vivente in mezzo a ogni carne; e le acque non diverranno più un diluvio per ridurre in rovina ogni carne”. — Gen. 9:1, 13-15.

16. Per quanto tempo circa il genere umano continuò ad avere una sola lingua, e da chi fu presa la decisione d’avere gruppi linguistici, e perché?

16 Per oltre due generazioni, o intorno a centottant’anni, dopo il Diluvio, la lingua di Noè e dei suoi discendenti continuò ad essere una sola. La “scrittura di corrette parole di verità” che si trova nell’ispirata Bibbia dice: “Ora tutta la terra continuava ad avere una sola lingua e le stesse parole”. (Eccl. 12:10; Gen. 11:1) In quel punto del tempo, decisero dunque gli uomini di fare qualche cosa di accademico o di collegiale, cominciando a parlare lingue diverse? No! Perché avrebbero dovuto concepire l’idea di far ciò? Piuttosto, fu Dio a decidere allora di inventare nuove lingue umane. Egli preconobbe il potere divisivo di una confusione di lingue fra gli uomini. Ritenne bene dividerli in gruppi linguistici e in tal modo render loro difficile capirsi gli uni gli altri e andare avanti insieme.

17. A quale progetto lavoravano gli uomini nelle pianure di Sinar, e come Dio ostacolò quel progetto?

17 In quel particolare tempo quei discendenti di Noè che si erano trasferiti nelle pianure di Sinar in Mesopotamia erano uniti in una cattiva opera, contraria alla volontà di Dio dichiarata a Noè e ai suoi figli dopo il Diluvio. Parlando la sola comune lingua compresa, questo popolo ribelle decise di edificare lì una città come centro di adorazione religiosa, con una torre grattacielo, e così farsi un nome celebre. Al fine di ostacolare questo progetto, Dio Onnipotente decise di infrangere la loro unità d’azione inventando e inculcando in loro diverse lingue, cancellando ogni ricordo della loro comune lingua precedente. All’improvviso, mentre lavoravano armoniosamente insieme al loro progetto di costruzione opposto alla volontà di Dio, i vari individui cominciarono a parlare diverse lingue e si trovarono in una confusione che li costrinse a interrompere i loro reciproci rapporti e separarsi. Apparentemente un solo gruppo linguistico rimase nella città incompleta e nella sua torre religiosa, sotto Nimrod.

18. (a) Che cosa mostra che questa non fu affatto un’invenzione umana, ma fu un miracolo divino? (b) Perché il miracolo delle lingue avvenuto il giorno di Pentecoste fra i discepoli di Cristo fu ancora più rimarchevole?

18 Come poteva accadere una cosa simile, istantaneamente, se non era da Dio Onnipotente? Egli diede a ciascun gruppo una lingua diversa con la sua propria grammatica e insieme di parole, così che immediatamente cominciarono a parlare in modo perfetto la nuova lingua. Non fu un’invenzione umana, e con questa opera miracolosa Dio mostrò d’essere un Maestro di grammatica, il più grande Grammatico fino ad oggi. Questo non fu il precursore del festivo giorno di Pentecoste dell’anno 33 E.V., in cui lo spirito santo di Dio fu versato sui centoventi discepoli di Gesù Cristo in Gerusalemme ed essi parlavano improvvisamente molte lingue che non avevano mai studiate e apprese. Comunque, quell’antico avvenimento nelle pianure di Sinar illustrò, esemplificò, ciò che Dio Onnipotente avrebbe potuto fare in seguito, il giorno di Pentecoste in Gerusalemme. E, ciò che fu più rimarchevole, quei discepoli di Gesù Cristo, benché all’improvviso dotati della facoltà di parlare nuove lingue, non dimenticarono la loro lingua originale, l’ebraico. Non furono dunque nella confusione e non si separarono. L’unico spirito di Dio che era su di loro li tenne uniti nella predicazione del Suo regno. — Atti 2:1-21.

19. (a) Qual è il significato del nome dato alla città, e che cosa fu portato via da essa oltre alle nuove lingue? (b) La lingua di chi non fu cambiata, e perché?

19 A causa della confusione delle lingue che sorse in quel tempo nelle pianure di Sinar la città il cui programma di costruzione fu grandemente ostacolato si chiamò Babele. Questo fu molto appropriato, perché questo nome significa “Confusione”. Le persone di lingua greca la chiamarono Babilonia. (Gen. 11:2-9) Questo accadde ai giorni di Nimrod, pronipote di Noè. Nimrod fu chiamato “potente cacciatore in opposizione a Geova”, e Genesi 10:8-10 chiama questo potente cacciatore primo re di Babele, poiché “il principio del suo regno fu Babele”. Da questa città i vari gruppi linguistici che smisero di costruire la città portarono la falsa religione babilonica in varie parti della terra nelle quali si sparsero. La famiglia umana era ora divenuta una razza poliglotta o una razza multilingue. Il profeta Noè e il suo figlio Sem timorato di Dio non presero parte alla costruzione della città e della torre di Babele. Per cui la loro lingua non fu cambiata. Continuarono a parlare gli uni agli altri la stessa lingua originale. — Gen. 9:26-29.

20. (a) Quale nuova professione sorse, e chi se ne servì durante una carestia nell’antico Egitto? (b) Nel caso di chi ci fu ispirata traduzione o interpretazione?

20 A causa della confusione delle lingue che Dio aveva iniziata in Babele, sorse una nuova professione, quella di interprete o traduttore. Avvenne così che, in un’occasione, un discendente di Sem, cioè Giuseppe pronipote di Abraamo, si servì di un interprete. I suoi gelosi fratelli lo avevano venduto come schiavo in Egitto, ma, tredici anni dopo, Dio fece divenire Giuseppe primo ministro e amministratore alimentare d’Egitto perché predisse una carestia mondiale. Quando, durante l’effettiva carestia, i suoi fratelli andarono in Egitto a comprare provviste alimentari, non riconobbero Giuseppe. Fra le altre cose che nascosero la sua identità, Giuseppe non parlò loro in ebraico, e impiegò dunque un interprete di egiziano-ebraico. Come dice Genesi 42:23: “Fra loro c’era un interprete”. Questo accadeva nel diciottesimo secolo avanti la nostra Èra Volgare. Da allora gli interpreti si sono moltiplicati. Tali interpreti non erano ispirati. Solo nel caso della congregazione cristiana, a cui fu dato il miracoloso dono di parlare in lingue straniere ai giorni degli apostoli di Cristo, fu pure dato il dono miracoloso di interpretare lingue. — 1 Cor. 14:13-28.

TRADUZIONE DELLA BIBBIA

21. (a) Per fare un’accurata traduzione, che cosa è necessario scegliere, e che cosa richiederebbe una traduzione assolutamente perfetta? (b) Quando furono tradotte le Scritture ebraico-aramaiche, e come si chiamò questa prima traduzione?

21 Per fare un’accurata traduzione o vera interpretazione, bisogna usare in una lingua le parole corrette che corrispondono a quelle della lingua che è interpretata o tradotta. Ai giorni degli apostoli cristiani le interpretazioni che erano fatte da quei cristiani dotati del potere miracoloso d’interpretazione o traduzione erano perfette, assolutamente corrette, perché l’interpretazione era ispirata. (1 Cor. 12:4-11, 27-30) I più importanti scritti da interpretare sono le Sacre Scritture, la Sacra Bibbia. Al tempo del quinto secolo avanti la nostra Èra Volgare gli scritti in ebraico e aramaico ispirati da Dio furono completati nella forma di trentanove libri, come ora sono riconosciuti. Dopo che il comune greco era divenuto la lingua internazionale nel secolo seguente, si cominciò a fare una traduzione di quelle Sacre Scritture dall’ebraico nel greco ad opera di Giudei di lingua greca in Alessandria d’Egitto. Divenne nota come la versione greca dei Settanta, o LXX, a causa della tradizione che circa settanta traduttori giudei furono in origine impiegati per compierla.

22. (a) Questa prima traduzione fu forse ispirata, e fu tale traduzione contraria alla volontà e allo spirito di Dio? (b) Scrivendo le ispirate Scritture Greche, i discepoli di Cristo come fecero citazioni dalle Scritture Ebraiche, e perché?

22 La versione greca dei Settanta delle Scritture Ebraiche non fu ispirata dallo spirito di Dio, ma non fu contraria allo spirito di Dio. Fu volontà di Dio che la sua ispirata Parola fosse tradotta in quante più lingue del mondo fosse possibile prima che il suo regno retto da Gesù Cristo assumesse il pieno controllo di tutta la terra. Scrivendo le ispirate Scritture Greche, in ventisette libri, quattro apostoli di Cristo e quattro suoi altri discepoli citarono centinaia di volte le ispirate Scritture Ebraiche. A volte citarono direttamente la versione greca dei Settanta; e altre volte fecero le loro proprie dirette traduzioni dalle Scritture Ebraiche. Questo fu fatto per mostrare che quelle Scritture Ebraiche erano realmente “parole di verità” di Dio e che si adempivano in relazione con la congregazione cristiana e con la sua opera di predicare il regno di Dio.

23. (a) Come indicò indirettamente Gesù Cristo che la Bibbia sarebbe stata tradotta in molte lingue? (b) Quando ne afferrarono i discepoli l’importanza, e come si impegnarono in ciò?

23 Quando Gesù Cristo, Figlio di Dio, parlò ai suoi discepoli dopo la sua risurrezione dai morti e alcuni giorni prima di ascendere al cielo, egli indicò che le Sacre Scritture, la Sacra Bibbia, sarebbero state tradotte in molte lingue. Disse: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandate”. (Matt. 28:18-20) In precedenza egli aveva pure profetizzato: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. (Matt. 24:14) Dopo ch’era stato versato su di loro lo spirito santo di Dio il giorno di Pentecoste del 33 E.V., i discepoli di Cristo afferrarono l’importanza di quelle parole e cominciarono a tradurre e a scrivere traduzioni delle Sacre Scritture nelle lingue delle nazioni fra le quali predicavano il regno di Dio e facevano discepoli. Si riferisce che l’apostolo Matteo scrisse prima il suo Vangelo in ebraico e che poi lo scrisse in greco.

24. (a) Sapendo che la Bibbia è un capolavoro letterario, i traduttori coscienziosi che cosa si sforzarono di fare? (b) Qual è stato il progresso nella traduzione della Bibbia, e oggi quale società è ai primi posti fra le principali società che stampano e distribuiscono Bibbie?

24 In breve tempo furono fatte traduzioni delle Sacre Scritture nelle antiche lingue allora prevalenti, come latino, siriaco, etiopico, arabo, persiano, ecc. I traduttori sapevano che la Sacra Bibbia è un capolavoro letterario, e coscienziosamente si sforzarono di renderlo in diverse lingue, usando “parole dilettevoli” e “corrette parole di verità” che comunicavano fedelmente il pensiero delle Scritture ispirate. Nonostante l’enorme opposizione da parte del dominante corpo religioso della cristianità la traduzione della Sacra Bibbia in lingue del popolo comune è continuata finora. Oggi ci sono traduzioni della Sacra Bibbia disponibili in 1.337 o più lingue, per intero o in parte. Si sono formate società per stampare e distribuire le Scritture ispirate. Oggi una delle principali società che stampano e pubblicano la Bibbia è la Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati di Pennsylvania, con le sue filiali in novantaquattro Paesi e gruppi di isole.

[Immagine a pagina 333]

Coloro che lavoravano alla Torre di Babele contro la volontà di Dio cominciarono improvvisamente a parlare diverse lingue e si trovarono in una confusione che li divise

    Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
    Disconnetti
    Accedi
    • Italiano
    • Condividi
    • Impostazioni
    • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
    • Condizioni d’uso
    • Informativa sulla privacy
    • Impostazioni privacy
    • JW.ORG
    • Accedi
    Condividi