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2 Corinti — Approfondimenti al capitolo 5Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (edizione per lo studio)
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siamo [...] ambasciatori Qui Paolo parla di sé e dei suoi collaboratori come di “ambasciatori in nome di Cristo”. Nei tempi biblici potevano essere diversi i motivi per cui si inviavano ambasciatori e altri messaggeri. Per esempio, in periodi di ostilità venivano mandati ambasciatori per vedere se si poteva evitare la guerra o, se la guerra era già in atto, per trattare condizioni di pace (Isa 30:1-4; 33:7). Ai giorni di Paolo popoli, città o province dell’impero romano inviavano i propri ambasciatori a Roma per rinsaldare alleanze, ricevere assistenza o perorare la propria causa. Il verbo greco reso “essere ambasciatore” (presbèuo) compare due volte nelle Scritture Greche Cristiane, qui e in Ef 6:19, 20, dove Paolo parla di sé come di un ambasciatore della buona notizia. Il sostantivo affine presbèia è reso “corpo di ambasciatori” in Lu 14:32 e “delegazione” in Lu 19:14. Entrambi i termini, presbèuo e presbèia, sono affini al sostantivo presbỳteros, che significa “uomo più vecchio”, “anziano” (Mt 16:21; At 11:30).
in nome di Cristo O “in luogo di Cristo”. Dopo che Cristo era stato risuscitato ed era asceso al cielo, i suoi fedeli discepoli furono incaricati di agire in sua vece, come “ambasciatori in nome di Cristo”. Furono inviati prima agli ebrei e poi alle nazioni, tutte persone lontane da Geova, il Sovrano Supremo. I cristiani unti servono come ambasciatori in un mondo che non è in pace con Dio (Gv 14:30; 15:18, 19; Gc 4:4). Nella lettera agli Efesini, scritta durante la sua prima detenzione a Roma (59-61 ca.), Paolo si definì “ambasciatore in catene” (Ef 6:20).
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