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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1954 | 15 febbraio
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Domande dai lettori
◆ È lecito proporre o fare brindisi a Dio o a Cristo o al Regno? — J. S., Pennsylvania.
Qualche volta il brindisi viene proposto, e i membri del raduno si sentono costretti a prenderne parte. Questa pratica è radicata nell’antico paganesimo. I Babilonesi brindavano ai loro dèi, e finivano con l’ubriacarsi. La Bibbia fa il racconto d’una di tali occasioni. Nel 539 a.C. Belsatsar comandò che fossero portati i sacri vasi del servizio del tempio degli Ebrei, e servendosi di questi egli e la sua compagnia di gaudenti “bevvero del vino, e lodarono gli dèi”. (Dan. 5:14) Tali brindisi non sono in alcun modo da paragonarsi alle offerte in bevande che Geova Dio prescrisse per il servizio del suo tempio. Quando i Greci davano dei festini e diventavano ebbri, era per ragioni di culto: essi bevevano in abbondanza in onore dei loro dèi pagani. Dopo i Greci, furono i Romani a seguire tali riti religiosi e pagani di brindare agli dèi. Naturalmente, avevano tanti dèi che tutti erano ubriachi prima che il rito terminasse. Inoltre, agli eroi umani veniva altresì brindato.
Gli Scandinavi prima di convertirsi a Cristo si riunivano per fare una bevuta, e brindavano a Odino, a Njord e a Frey. I missionari cristiani non furono in grado di abolire queste usanze, ma i brindisi venivano poi cambiati per “onorare” Dio e Cristo e i vari santi patroni, e per ottenere la salvezza per le loro anime. Il futuro stato di beatitudine era associato a costanti bevute e a molte ubriacature. Geova Dio e Cristo Gesù non vengono onorati mediante le pagane usanze dei brindisi rivolti a loro o agli umani. La Parola di Dio, la Bibbia, ci istruisce sul modo in cui onorarlo, e noi non dobbiamo aggiungere nulla alla sua Parola su questo punto, e specialmente quando l’aggiunta proviene da usanze pagane. Evitando questo costume di brindare, insieme a molte altre usanze censurabili, potremo sembrare di mente ristretta per i mondani. Noi siamo così. Ma non si dimentichi neppure per un istante che la nostra ristrettezza cristiana è la nostra salvezza, come la larghezza del mondo è la sua distruzione. — Matt. 7:13, 14
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1954 | 15 febbraio
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Domande dai lettori
◆ Che cosa significa Ecclesiaste 7:16, 17, dove ci è detto di “non esser troppo giusto” e di “non esser troppo empio”? — C. R., Pennsylvania.
Per meglio chiarire il significato citiamo un po’ più ampiamente Ecclesiaste 7:15-18: “Io ho veduto tutto questo nei giorni della mia vanità. V’è tal giusto che perisce per la sua giustizia, e v’è tal empio che prolunga la sua vita con la sua malvagità. Non esser troppo giusto, e non ti far savio oltremisura: perché ti distruggeresti? Non esser troppo empio, né essere stolto; perché morresti tu prima del tempo? È bene che tu t’attenga fermamente a questo, e che tu non ritragga la mano da quello; poiché chi teme Iddio evita tutte queste cose”. La traduzione che fa Moffatt del versetto 18 è interessante: “La via migliore è quella di seguire una direzione, senza evitare l’altra; chi ha timor di Dio eviterà i due estremi”.
Questa ammonizione di evitare i due estremi sembra che sia la spiegazione del significato di questi versetti. Alcuni sono estremisti nelle loro opinioni concernenti la giustizia, e considerano gli altri come empi se non si conformano ai concetti degli estremisti su ciò che è giusto. A questa classe appartenevano quelli che al tempo d’Isaia dicevano: “Fatti in là, non t’accostare perch’io son più santo di te”. Ma invece di considerarli santi Geova dice di loro: “Cose siffatte, sono per me un fumo nel naso, un fuoco che arde da mane a sera”. (Isa. 65:5) Parimenti gli scribi e i Farisei del tempo di Gesù erano dei presuntuosi in fatto di giustizia perché ritenevano se stessi giusti e consideravan gli altri malvagi. Questo è rivelato dalla seguente illustrazione di Gesù:
“Egli disse questa illustrazione anche ad alcuni che confidavano in se stessi d’esser giusti e che consideravano il resto come nulla: ‘Due uomini salirono al tempio per pregare, l’uno Fariseo e l’altro esattore di tasse. Il Fariseo stando in piedi cominciò a pregare dentro di sé queste cose: “O Dio, ti ringrazio ch’io non sono come il resto degli uomini, imbroglioni, ingiusti, adulteri, o come questo esattore di tasse. Io digiuno due volte alla settimana, do la decima di tutto quello che acquisto”. Ma l’esattore di tasse stando ad una certa distanza non aveva neppure il coraggio di levare gli occhi verso il cielo, e si batteva il petto, dicendo: “O Dio, sii benevolo verso di
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