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  • Parlare in lingue oggi: è opera di Dio?

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  • Parlare in lingue oggi: è opera di Dio?
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1982
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  • PERCHÉ FU DATO IL DONO DELLE LINGUE
  • MANIFESTAZIONE DEL CRISTIANESIMO ODIERNO?
  • “DAI LORO FRUTTI”
  • Parlare in lingue è forse un’evidenza di vera adorazione?
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1964
  • Il dono delle lingue è una caratteristica del vero cristianesimo?
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1992
  • Nessun “dono di lingue” oggi
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1957
  • Lingue, Parlare in
    Ragioniamo facendo uso delle Scritture
Altro
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1982
w82 15/2 pp. 4-7

Parlare in lingue oggi: è opera di Dio?

“LE SCRITTURE insegnano che il battesimo dello spirito, evidenziato dal parlare in lingue, distingue la vera chiesa d’oggi”, afferma il ministro pentecostale Marvin A. Hicks.

“La dottrina basilare del parlare in lingue è antiscritturale ed errata”, sostiene il dott. W. A. Criswell della Prima Chiesa Battista di Dallas. E aggiunge: “Se la fede cristiana è questa, io non sono cristiano”.

Data l’esistenza di tale controversia in quanto al parlare in lingue, forse chiedete: ‘Cosa dicono le Scritture in merito al dono delle lingue? È una manifestazione del cristianesimo odierno?’ Per avere le risposte è utile capire perché fu dato ai primi cristiani il dono delle lingue.

PERCHÉ FU DATO IL DONO DELLE LINGUE

Prima di tutto, in Ebrei 2:2-4 l’apostolo Paolo spiega che i doni miracolosi, tra cui quello delle lingue, furono dati ai cristiani del primo secolo per dimostrare che Dio aveva tolto il suo favore alla vecchia disposizione giudaica per l’adorazione e l’aveva dato alla congregazione cristiana da poco istituita. Nell’ultima parte del primo secolo, mentre alcuni apostoli di Gesù Cristo erano ancora vivi, era stato ben dimostrato a chi Dio aveva dato il suo favore.

Il dono delle lingue servì anche a un altro scopo, come si vede dalle parole che Gesù rivolse ai discepoli poco prima di ascendere al cielo nel 33  E.V.: “Riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria e fino alla più distante parte della terra”. (Atti 1:8) L’esiguo gruppo di discepoli non includeva persone che parlavano le lingue di ogni parte della terra. Ma, secondo la promessa di Gesù, circa dieci giorni dopo, durante la festa di Pentecoste, fu versato lo spirito santo su circa 120 discepoli radunati a Gerusalemme in una stanza al piano superiore. Il risultato? “Cominciarono a parlare diverse lingue” e così poterono accingersi immediatamente ad adempiere l’assegnata opera di testimonianza. — Atti 2:1-4.

Quando quei discepoli diedero testimonianza a Gerusalemme alla festa di Pentecoste, giudei e proseliti venuti alla festa da luoghi lontani furon sentiti dire: “Come mai udiamo ciascuno la nostra propria lingua nella quale siam nati? . . . li udiamo parlare nelle nostre lingue delle magnifiche cose di Dio”. (Atti 2:8-11) È ovvio che le lingue menzionate lì erano lingue conosciute, non suoni incomprensibili. E si noti che il dono fu usato in armonia con lo scopo per il quale Gesù disse che sarebbe stato dato lo spirito, cioè per dare testimonianza ad altri. E servì in modo notevole a quello scopo, poiché “quel giorno si aggiunsero circa tremila anime”. — Atti 2:41.

Un altro caso in cui il versamento dello spirito santo fu accompagnato dal dono delle lingue è narrato in Atti 10:44-46. Se leggete il racconto noterete che quando lo spirito di Dio scese sul gentile Cornelio e sulla sua casa, anch’essi cominciarono a “parlare in lingue”. Commentando ciò che aveva visto in quell’occasione, l’apostolo Pietro disse: “Ma quando cominciai a parlare, lo spirito santo cadde su loro come su noi in principio”. Quindi, secondo Pietro, il dono delle lingue concesso in quell’occasione era lo stesso ricevuto alcuni anni prima alla Pentecoste: la miracolosa capacità di parlare lingue straniere. La Bibbia mostra che il dono delle lingue dato a Cornelio e alla sua casa convinse Pietro e quelli che lo accompagnavano che Dio accettava ora nella congregazione i gentili incirconcisi. Ora Dio impiegava la congregazione cristiana. — Atti 11:15-18.

‘Ma come si spiegano le parole di Paolo in I Corinti 14:2?’ chiedono alcuni. ‘Non disse l’apostolo: “Poiché chi parla in lingua parla non agli uomini, ma a Dio”?’

Anzitutto si deve notare che qui Paolo non sta parlando della preghiera privata ma, piuttosto, dell’uso del dono delle lingue in un’adunanza di congregazione. (Vedi I Corinti 14:23). Inoltre, le parole di Paolo sono in completa armonia sia con lo scopo per cui fu dato il dono delle lingue che con la descrizione di tale dono fatta nel libro di Atti. Se si legge per intero il quattordicesimo capitolo di I Corinti si nota che (1) le lingue a cui si fa riferimento erano lingue conosciute, non un linguaggio inintelligibile, e (2) il dono doveva essere usato non in privato, ma nell’interesse dei non credenti.

Leggiamo per intero il versetto 2: “Chi parla in lingua parla non agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno ascolta, ma egli dice sacri segreti mediante lo spirito”. La parola greca tradotta “lingua”, glòssa, è la stessa parola usata in Atti 2:4, 11, dove si riferisce ovviamente a lingue conosciute. La parola greca tradotta “ascolta” può riferirsi a udire qualcosa senza capire ciò che è detto. Lo si comprende meglio alla luce dei versetti 13, 16 e 17 di I Corinti, capitolo 14, dove leggiamo: “Perciò chi parla in lingua preghi di poter interpretare. Altrimenti, se tu offri lodi con un dono dello spirito, come colui che occupa il posto della persona comune [o non credente; vedere i versetti 22-25] dirà Amen al tuo rendimento di grazie, giacché non conosce ciò che dici? Certo, tu rendi grazie in modo eccellente, ma l’altro non è edificato”.

In parole semplici, colui che parla in lingua parla a Dio anziché agli uomini se gli uomini che ascoltano non capiscono quello che lui dice. Paolo pensava non a un linguaggio inintelligibile ma a lingue straniere che potevano essere comprese da altri. Se però, in effetti, nessuno dei presenti poteva capire la lingua e se non era presente nessun interprete, colui che parlava quella lingua doveva pregare di poterla interpretare e così edificare altri, specie i non credenti. Se non c’era nessuno che interpretasse, allora, come dice il versetto, faceva meglio a tacere. — I Cor. 14:28.

Che dire di oggi? Non sarebbero necessari doni come le lingue per ‘indicare la presenza dello spirito santo’ in una persona?

MANIFESTAZIONE DEL CRISTIANESIMO ODIERNO?

Le Scritture mostrano che i doni miracolosi dati ai cristiani del primo secolo erano solo di natura temporanea. “L’amore non viene mai meno. Ma se vi sono doni di profezia, saranno eliminati; se vi sono lingue, cesseranno”. (I Cor. 13:8) Dà la Bibbia alcuna indicazione su quando i doni sarebbero cessati? Sì.

Leggete personalmente la narrazione dei casi in cui il dono delle lingue accompagnò il versamento dello spirito santo in Atti 2:1-4, 14; 10:44-48; 19:6. Noterete che in ciascun caso erano presenti uno o più apostoli di Gesù Cristo. Secondo Atti 8:18, “mediante l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo spirito”. Logicamente, dunque, con la morte degli apostoli, la trasmissione dei doni dello spirito, incluso il dono delle lingue, cessò. Il dono delle lingue era servito al suo scopo. Era stato ben dimostrato che la congregazione cristiana aveva il favore e il sostegno di Dio. Inoltre i cristiani erano cresciuti di numero e si erano sparsi in molti paesi, portando con sé la “buona notizia”. — Confronta Colossesi 1:23.

‘Ma se i doni sono cessati, come si spiegano le odierne manifestazioni?’ chiederà qualcuno.

“Siamo pure consapevoli che può verificarsi un simile fenomeno sotto l’influenza di potenze occulte, demoniche”, ammette una dichiarazione sottoscritta congiuntamente dal Fountain Trust e dal Consiglio Evangelico della Chiesa d’Inghilterra. (Il corsivo è nostro).

È possibile che il moderno dono delle lingue non provenga da Dio? Riconosciamo che può essere difficile ammetterlo per coloro che affermano d’avere il dono. Dei cinque milioni di americani adulti che affermano di parlare in lingue, il 33 per cento non crede neppure che il Diavolo sia un essere personale e che possa influenzare altri. Allora come si può sapere con certezza da quale fonte provengono le odierne manifestazioni?

“DAI LORO FRUTTI”

Gesù spiegò come riconoscere i veri cristiani quando disse: “Ogni albero buono produce frutti eccellenti”. (Matt. 7:17) Sì, dovevano esserci i frutti, o le prove, che lo spirito santo di Dio li sosteneva. È interessante considerare tali prove scritturali alla luce dell’indagine Christianity Today-Gallup, pubblicata nel numero del 22 febbraio 1980 di Christianity Today.

Le Scritture non riportano neppure un caso in cui fosse concesso un dono miracoloso a uno che approvava o praticava il peccato. La congregazione cristiana di Corinto nel primo secolo includeva persone che prima erano state immorali ma che divenute cristiane erano cambiate. Non praticavano più l’immoralità sessuale. (I Cor. 6:9-11) Eppure, secondo l’indagine il 19 per cento di coloro che oggi parlano in lingue approvano le relazioni sessuali prima del matrimonio.

I veri cristiani rispettano la Bibbia come Parola di Dio. Gesù Cristo citò le Scritture e le considerò come parola di Dio. (Giov. 17:17) Ma secondo l’indagine, il 44 per cento di quelli che nei nostri giorni parlano in lingue non reputano la Bibbia la più importante autorità in materia religiosa.

“Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni”, comandò Gesù. (Matt. 28:19, 20) E predisse che la “buona notizia” del regno di Dio sarebbe stata predicata “in tutta la terra abitata, in testimonianza”. (Matt. 24:14) I veri cristiani dovrebbero fare questo attivamente. Tuttavia, secondo l’indagine, il 51 per cento di quelli che ora parlano in lingue non parlano della propria fede nemmeno una volta la settimana, e il 58 per cento non dà la precedenza all’opera di fare convertiti a Cristo.

“Non sono parte del mondo”, disse Gesù dei suoi seguaci. (Giov. 17:16) Ma anziché non essere “parte del mondo”, “in quanto ad affiliazione politica” coloro che parlano in lingue “seguono da vicino il modello della popolazione in generale”, scrive Christianity Today.

“Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi”, disse Gesù. (Giov. 13:35) L’apostolo Giovanni aggiunse: “Dobbiamo avere amore gli uni per gli altri; non come Caino, che ebbe origine dal malvagio e scannò il suo fratello”. (I Giov. 3:11, 12) I veri cristiani nutrono sincero amore gli uni per gli altri. Non sono divisi da pregiudizi razziali, nazionali o sociali. Anche in tempo di guerra, rifiutano di uccidere i compagni di fede di altri paesi. Può dirsi questo della popolazione in generale? Di coloro che affermano d’avere il dono delle lingue?

Cosa mostrano dunque i fatti? Dal momento che coloro che parlano in lingue come gruppo non producono i “frutti” che distinguono i veri cristiani, è chiaro che chi afferma di avere il dono delle lingue non avrebbe potuto riceverlo dalla stessa fonte da cui lo ricevettero i primi cristiani.

Le Scritture contengono vigorosi avvertimenti indicanti che la fonte è un’altra. Gesù predisse: “Molti mi diranno in quel giorno: ‘Signore, Signore, non abbiamo profetizzato in nome tuo, e in nome tuo espulso demoni, e in nome tuo compiuto molte opere potenti?’ E io confesserò quindi loro: Non vi ho mai conosciuti!” (Matt. 7:22, 23) L’apostolo Paolo avvertì che sarebbe venuto il tempo in cui ‘opere potenti’ e ‘segni di menzogna’ avrebbero avuto luogo come “operazione di Satana”. — II Tess. 2:9, 10.

Da cosa si possono dunque riconoscere i veri seguaci di Cristo se non è dal possesso di miracolosi doni delle lingue? Dai “frutti”, cioè dalle prove scritturali che abbiamo considerate.

Vi invitiamo a esaminare la Bibbia e poi confrontarla con gli insegnamenti e le pratiche dei testimoni di Geova. Vedete personalmente se ciò che osservate non vi spinge a dire riguardo a loro: “Dio è realmente fra voi”. — I Cor. 14:25.

[Riquadro a pagina 7]

“La mia esperienza non era opera di Dio”

“La scrittura di I Corinti 14:27, 28 . . . mi convinse che la mia esperienza non era opera di Dio. . . . I consigli che Paolo dà lì . . . erano esattamente il contrario di quello che mi era accaduto. Invece di essere solo due o tre al massimo, avevamo gruppi numerosi. E non avevamo nessuno che interpretasse, quindi chi era edificato?”

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